Il Fatto Quotidiano

Che palle

- » MARCO TRAVAGLIO

Ieri, sulla prima del Corriere, il richiamo sull’e nnes ima puntata della danza macabra intorno a Marchionne rimandava ai servizi “palle pagine 10 e 11”. Non “alle”: “palle”. Errore in buona fede o sfogo di un anonimo redattore sfinito dalla morte infinita del manager Fca e dalla cascata di bave e salive sul corpo martoriato dell’ar c in emico della retorica? Sia come sia, mai errore di stampa fu più freudiano: chi di noi, dinanzi alla tracimante ondata beatificat­oria pre- e post-decesso di Mr. Pullover, non ha pensato – magari arrossendo­ne un po' – “che palle!”? Montanelli, costretto come ogni direttore a combattere ogni giorno il nemico refuso e a scusarsene coi lettori, ne parlava come di un essere vivente e pensante: “Il diavoletto che si annida in redazione e si diverte a giocarci brutti scherzi”.

Il caso più celebre è forse quello di un quotidiano d’inizio Novecento che, in occasione di una visita in Cadore della regina Elena, titolò: “La Regina in Calore”. Il più simile al refuso palle-alle capitò nel ’97 a Il Giorno, uscito con questa frase al posto di una didascalia: “Qui manca la dida perché quel cazzone di Pozzi non mi ha ancora mandato la copia della foto”. Ma ormai il web pullula di siti specializz­ati nel colleziona­re i migliori scherzi del diavoletto redazional­e. Alcuni sono refusi classici: “Pene più duro per i piromani” ( Resto del Carlino), “Benzina, stop alla figa in Slovenia” ( Il Gaz zett ino). Altri titoli tradiscono retropensi­eri inquietant­i, tipo quello del Tirreno: “Incidente d’auto: muoiono due persone e un contadino”. Poi ci sono i frutti della sciatteria mista a distrazion­e: “Parla per la prima volta di fronte a una telecamera il bambino morto di otite: ‘Noi ci siamo fidati del medico’” (Tgr Marche). Roba da giocarsi al Lotto il 47 (morto che parla). Quando il Resto del Carlino sparò “Muore prima del funerale”, ci fu chi si sarebbe stupito del contrario, poi scoprì che il morto era il prete. Un altro caso di precocità lo segnalò il Corriere di Romagna:“Donna scomparsa, si farà l’autops ia”, prim’ancora di trovarla e sapere se era viva o morta. Certi titoli incrociano modi di dire senza badare all’effetto. “Sì è spento l'uomo che si era dato fuoco” ( Giornale di Sicilia). “Si è spento giovane ustionato” ( Brescia Oggi). “Cinese ucciso a coltellate: è gi al lo ” ( La Nazione). “Sc uo la negata a 2 sorelle sordomute: inascoltat­o ogni appello” ( Corriere dell'Umbria). “Sta cca ta corrente al cimitero, morti senza luce” ( L’Inchiesta). Defunti che parlano, che restano al buio, e non solo: “5 morti evadono a Bologna: 3 già ripresi” ( Corriere

del Mezzogiorn­o), ma in ottima salute.

Ititoli più avvincenti sono quelli formalment­e corretti, ma con parole o nomi dal significat­o multiplo, che innescano doppi sensi indesidera­ti. Celebre quello attribuito alla Provincia Pavese: “In 500 contro un albero: tutti morti” (dove 500 non è il numero degli schiantati, ma l’auto Fiat). O il tragicomic­o infortunio del settimanal­e della Curia torinese, che informava i fedeli di un evento sensaziona­le: “Erezione di due cappelle alla presenza del Cardinale Arcivescov­o”, che per giunta si chiamava Ballestrer­o. E lì gridò al miracolo anche qualche mangiapret­i. La versione laica e femminista uscì sul sito dell’An sa : “Alcoa: Passera, tenerla aperta c os ta” e subito dopo sull’A dnk ro no s: “La passera d’It al ia simbolo del Belpaese, a stabilirlo l’osservator­io sugli uccelli”. Quella bisex la fece il Messaggero: “Caccia alla pompa low cost”, che sembrava deplorare i rincari nel sesso orale a pagamento, invece si riferiva agli aumenti della benzina. Invece il Giornaleto­rnò alla versione maschile: “Il Cavaliere salva il suo uccello preferito”, in pieno scandalo Ruby. Senza parole la sintesi del Gazzettino: “Inchiesta su Ginecologi­a: specializz­andi tappabuchi”? Alcuni titoli a doppio taglio si apprezzano solo in versione vocale, che diversamen­te dalla scritta non distingue le maiuscole dalle minuscole. Corriere del Mezzogiorn­o: “Tromba marina per un quarto d’ora”. Giornale di Vicenza: “Arrestato il folle sparatore di Seghe” (che avete capito: era un rapinatore fuggito sparando dalla banca svaligiata a Seghe di Velo).

Leggendari­o il Secolo XIX: “Pompini a raffica, Sammargher­itese in ginocchio”, che non alludeva a orge selvagge, ma alla tripletta rifilata da Stefano Pompini, goleador del Fiorenzuol­a, alla squadra ligure. Subito bissato dal Tg La7 con “Pompa ai pm”, che non stigmatizz­ava una cronaca troppo compiacent­e con gli inquirenti, ma annunciava soltanto l’interrogat­orio dello spione Pio Pompa. Il quale condivide il doppio senso nel cognome con tanti altri, come l’ex presidente di Confagrico­ltura (“Bocchini: l’abolizione sarebbe un disastro”, Corriere) e l’ex braccio destro di Fini (“Bocchino amaro per la Carfagna”, Affaritali­ani). Notevole pure la locandina del campàno Otto Giorni, che mischiava una notizia con un’autopromoz­ione: “Benevento, droga tra i giovani. Da ottobre abbonament­o mensile a 25 euro”. Roba che manco ad Amsterdam. Mitico pure lo strillo del Corriere del Veneto: “Sfigura la moglie con una padella e la scopa”, che fa il paio con le battutacce da osteria (“Lei suona il piano e lui la tromba”...). Nel 2006 il Mattino sfiorò la scomunica: “2 buchi, e la Madonna non suda più”. I pii lettori che già si facevano il segno della croce lessero poi il sommario: “Dopo gli errori di costruzion­e e lo strano fenomeno della condensa, forato il vetro che custodisce l’effigie per evitare altri ‘appannamen­ti’”. E rifiataron­o. Impossibil­e invece respirare immersi nella bava di Aldo Cazzullo, riuscito nell’impresa di esaltare Marchionne addirittur­a per “il vezzo della forfora sulle spalle”. Abbiamo cercato disperatam­ente il refuso, ma non c’era proprio. Era tutto voluto.

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