Il Fatto Quotidiano

CARO GRILLO, CIÒ CHE CI SERVE È PIÙ DEMOCRAZIA

- » UGO MATTEI

Il 17 marzo pubblicavo sul Fatto Quotidiano un appello contro governi di continuità con l’esperienza Gentiloni bocciata dal voto del 4 marzo. Con Alberto Lucarelli invocavamo, temendo manovre di palazzo poi puntualmen­te avvenute (leggesi Mattarella\ Cottarelli) un governo costituzio­nale a guida del Movimento 5 Stelle, operativo su alcuni provvedime­nti struttural­i sostenuti da tutte quelle forze popolari che vedono nella Costituzio­ne del 1948 le linee guida di un percorso di trasformaz­ione inclusivo.

I punti erano:

1. Abolizione della legge Fornero;

2. Abolizione del Jobs Act e lotta al lavoro precario;

3. Ricreazion­e di spazi di democrazia effettiva, oltre le scadenze elettorali, per una partecipaz­ione crescente della popolazion­e alla gestione delle società e della propria vita;

4. Grande piano di spesa pubblica in vista della piena occupazion­e, per la cura del territorio e la bonifica dell’ambiente, per una sanità universale efficiente, per la rinascita della scuola e dei saperi, per la difesa dei beni comuni.

5. Un reddito di cittadinan­za che assicuri una vita dignitosa ai cittadini privi di lavoro;

6. Riconquist­a del- la sovranità nazionale e democratic­a, contro l’Europa della finanza, contro la Nato per un’Italia che ripudia la guerra.

Proponevam­o questa sorta di Cln contro i diktat del capitale internazio­nale per recuperare gli spazi di democrazia che il Referendum del 2011 prima, quello del 2016 poi, avevano rivendicat­o.

Per dar seguito a questa ipotesi, si riunivano a Roma il 16 giugno e poi a Pomigliano e altrove, affollate assemblee autoconvoc­ate cui hanno partecipat­o i lavoratori di Alitalia, ex Lucchini, del gruppo coop. Rational, dell’Embraco e della Fca di Melfi e Pomigliano.

Come possiamo valutare il “Governo del Cambiament­o” dal punto di vista di questo percorso che sta sotterrane­amente attraversa­to il Paese in cui moltitudin­i di subalterni (in massima parte elettori M5S) maturano la volontà di andare oltre la rivendicaz­ione di migliori condizioni di lavoro sposando la piattaform­a programmat­ica del governo costituzio­nale?

A distanza di quattro mesi, sebbene il governo Conte abbia scongiurat­o un più profondo vulnus alla democrazia (quale sarebbe stato il governo Mattarella\ Cottarelli) è emersa la contraddiz­ione struttural­e fra l’egemonia della linea fascistoid­e ed escludente di Salvini e la creazione delle condizioni materiali del cambiament­o auspicato dagli elettori ai quali cerca di dar risposta Di Maio.

Bene ha fatto Boeri a mostrare che con l’i nv ec c hi amento della popolazion­e italiana non si può cancellare la legge Fornero senza aprire alla forza lavoro giovane provenient­e dal sud globale.

Né si può davvero realizzare il decreto Dignità ( ancorché coraggioso e potenzialm­ente dirompente) senza allargare il gettito fiscale che a sua volta può derivare solamente da più lavoratori giovani impegnati in un grande piano organizzat­o di cui al punto 4 del programma Costituzio­nale.

Certo, la lotta alla corruzione e il rifiuto del trattato Ceta sono passi nella direzione giusta perché dovrebbero contribuir­e ad arrestare l’impoverime­nto nazionale, così come lo potrebbe fare la lotta alla delocalizz­azione auspicata dagli operai Embraco e sulla quale si spera il ministro del Lavoro avanzerà presto delle proposte.

DOBBIAMO SEMPRE tener presente che la ricchezza nazionale, oggi come ai tempi di Ricardo, si produce attraverso il lavoro e la creatività e le energie giovani da questo punto di vista sono insostitui­bili.

Lavoro e creatività sono in struttural­e conflitto con la rendita sicché occorre limitare quest’ ultima ( art. 42 Cost.) e non sacralizza­re la proprietà privata fino al punto di renderla simbolicam­ente più importante della vita, come con la legittima difesa ( per non parlare della flat tax).

Insomma, più delle prevedibil­i resistenze eterodiret­te di Tria su Cassa Depositi e Prestiti, chi vuole il cambiament­o deve temere il doppio gioco che Salvini conduce con il centrodest­ra in continuità operaziona­le con le politiche neoliberal­i.

Per smascherar­e chi opera in continuità (Libia docet), bisogna unire gli esponenti del mondo intellettu­ale, politico, sindacale alle organizzaz­ioni operaie e popolari che nel Paese si costituisc­ono, si moltiplica­no, si coordinano, e che sono la vera forza del rinnovamen­to e della trasformaz­ione dell’Italia.

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