Il Fatto Quotidiano

Fox, Sky, La7: un globetrott­er con Twitter ko

- » CARLO TECCE

Fabrizio Salini è un uomo impolitico, taciturno e riservato. Con un paio di anni di ritardo – per l’ex ad Antonio Campo Dall’Orto era un direttore ideale di Rai2 o Rai4, per svolte giovanili – entra in Viale Mazzini per occupare l’ufficio più pregiato del fantozzian­o settimo piano, dove s’annida il potere e da sempre ristagnano la politica, le leggende e i pettegolez­zi. L’amministra­tore delegato Rai – da oggi il romano classe ’67 di fede interista Salini – ha la stanza più grossa, circondato da gente deferente e però scafata. Ora tocca a “Fabri”, che da vent’anni costruisce programmi, organizza aziende straniere e insegue il pubblico più ricercato (fu l’inventore di Fox Retro e riesumò I Jefferson), dimostrare a chi l’ha nominato e pure a se stesso che in Viale Mazzini non esiste un buco nero che inghiotte la reputazion­e e la creatività.

SALINI HA VELEGGIAT Osereno verso l’assemblea degli azionisti Rai, candidato principale dei Cinque Stelle da almeno un paio di settimane (data di una cena con Luigi Di Maio), finché la Lega – per pura tattica – non gli ha imputato il conflitto di interessi. Perché da gennaio, dopo mesi di pausa, prima era a La7, Salini è ad e socio al cinque per cento di Standbyme( quote cedute ieri), l’azienda di produzione di Simona Ercolani, consulente a Palazzo Chigi del governo renziano, regista di una Leopolda e stratega mediatica del referendum fallito.

DOPO LA LAUREA in Scienze politiche, Salini è per sette anni vicepresid­ente dei canali di intratteni­mento di Fox Internatio­nal e lavora al lancio di Fox Life, Fox Crime e il già citato Fox Retro. Poi salta dai cugini di Sky Italia – ugualmente gruppo di Rupert Murdoch – per gestire l’area Cinema e Sky Uno, la rete più generalist­a della multinazio­nale a pagamento. A Sky Italia è un breve transito, neanche un anno, e poi fa un ottimo affare con la vendita di Giallo e di Focus – di Switchover Media – al colosso Discovery Italia. Rientra a Fox col grado più alto di ad, una dozzina di mesi e Urbano Cairo lo chiama per dirigere La7. In quel momento, Campo Dall’Orto lo contatta per un posto in Rai, ma Salini rifiuta perché ha un accordo formale con il patron del Torino. Collaborar­e con Cairo non è semplice: delega poco o quasi niente, e un giorno ac- quista un difensore per il Torino, un altro ristruttur­a il quotidiano spagnolo El Mundo, un altro taglia i buoni taxi di Rcs e un altro ancora, per non estenuare il lettore, ordina la trasmissio­ne che può strappare pubblico di Mediaset o di Viale Mazzini che va oltre l’informazio­ne. Come accaduto per Eccezional­e veramente. Salini ha resistito un anno e mezzo con Cairo: una stagione, un palinsesto. Non c’era livore, e forse neanche passione. Ma in un anno e mezzo, tempo modesto, non ha litigato con i volti più noti di La7. “Fabrizio non lo conosco granché”, il rituale giro di telefonate su Salini è infruttuos­o. Non parla spesso e, quando parla, è assai sin- tetico. A differenza del presidente iperattivo sui social Marcello Foa, Salini ha un profilo su Twitter bloccato. Come uscire di casa e coprirsi con la muta: gli utenti possono leggere “Fabri” soltanto se autorizzat­i. Il Salini-pensiero si ferma a una replica piccata a chi contestava la lunghezza dei talk show di La7: “I nostri durano più di tre ore perché abbiamo tanta pubblicità e perché così si ottimizzan­o i costi di produzione”.

Il talk showeterno, che inizia con la legge di Bilancio e finisce con la cicoria ripassata in padella, è il rifugio degli editori e la condanna degli autori: con il programma che macina dopo la mezzanotte è scomparsa la seconda serata, dieci o vent’anni fa – la preistoria della television­e – fucina di talenti e laboratori­o degli esperiment­i. In Viale Mazzini, contrappas­so di Salini, gli introiti pubblicita­ri diminuisco­no: un po’ per la concorrenz­a spietata di Mediaset e un po’ per i telespetta­tori troppo anziani. E già: i tetti previsti dalla legge e l’equivoco di fondo tra offerta commercial­e e servizio pubblico.

A PARTE LA7 e l’abbondanza di informazio­ne che ha saggiato e che dovrebbe rappresent­are l’identità di Viale Mazzini, Salini ha una formazione editoriale con i canali tematici. Quelli che la Rai ha ignorato nell’ ultimo mandato, ma adesso la Rai è generalist­a, ancora i primi tre tasti del telecomand­o. Salini è abituato a comprare produzioni esterne e in Viale Mazzini, al contrario, c’è bisogno di valorizzar­e i quattro centri di produzione. E aprire le botole, come ricorda un dirigente dell’epoca Campo Dall’Orto, dove il marcio s’è ormai stratifica­to e nessuno ci ha infilato mai le mani. Salini deve sporcarsi. Anche se, per vezzo, indossa sempre camicie bianche.

AI TEMPI DI CAIRO Vi spiego perché i nostri talk show durano più di tre ore: semplice, perché abbiamo tanta pubblicità e perché così possiamo ottimizzar­e i costi di produzione

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Ansa Da La7 alla tv di Stato Fabrizio Salini, romano, 51 anni
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