Dal Veneto al Casertano Ancora spari sui migranti
Sette casi Dopo la bimba rom, un operaio capoverdiano e un 19enne guineano Sono sempre armi ad aria compressa. Le forze dell’ordine: “Non c’è emergenza”
Giovedì scorso a Cassola, nel Vicentino, un uomo ha sparato con una carabina ad aria compressa contro un operaio capoverdiano nella piazza del paese. Mercoledì 18 luglio è successo a Roma e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha parlato di “far west”: un colpo sparato da un funzionario del Senato in pensione ha raggiunto una bimba rom di 13 mesi che rischia danni permanenti. E ancora ieri, a San Cipriano d’Aversa (Caserta) un cittadino del Gambia ha denunciato di essere stato colpito al volto da un pallino probabilmente sparato, anche lì, con un’arma ad aria compressa. Altri casi, almeno cinque, sono finiti sui giornali tra giugno e luglio.
A Cassola come a Roma non sono contestati moventi razzisti. Ma il clima è bollente, segnato dai toni feroci del dibattito sull’immigrazione e da quello sulla legittima difesa e il diritto di tenere armi in casa. L’episodio veneto, riportato ieri dai giornali locali, è sconcertante. Un italo-argentino disoccupato, 40 anni, ha sparato all’operaio africano, 33, dipendente di una ditta di impianti elettrici, che era sospeso su una pedana, a 7 metri di altezza, per sistemare le luminarie per la festa sulla facciata del Comune. La vittima ha sentito il colpo e un bruciore alla schiena: il pallino l’ha raggiunto alla regione lombare sinistra. Niente di grave per fortuna: sette giorni di prognosi.
SUBITO sono arrivati in piazza il sindaco e i carabinieri della compagnia di Bassano. I militari hanno impiegato ben poco a scoprire chi aveva sparato: sul terrazzo condominiale di un palazzo vicino hanno trovato alcuni pallini di piombo, di quelli che si usano con armi ad aria compressa. Hanno perquisito due appartamenti e in quello del 40enne, su un armadio, hanno trovato una carabina nera calibro 4,5 mm, marca Stoeger, un fucile in libera vendita.
Il 40enne prima ha negato, poi ha ammesso di aver colpito il 33enne ma, ha detto, è stato un incidente. “Stavo mirando a un piccione”, ha raccontato. Nulla farebbe supporre motivazioni razziste. L’uomo è stato denunciato per lesioni personali aggravate dall’uso dell’arma.
Elementi simili si ritrovano nell’altra vicenda, quella romana. Lungo la via Palmiro Togliatti, periferia sud-est, una bimba nomade di appena 13 mesi è stata colpita da un pallino sparato da una pistola ad aria compressa. È ancora ricoverata al Bambin Gesù. L’autore del gesto, Marco Arezio, 59 anni, ex funzionario del Senato in pensione, agli investigatori ha spiegato che stava sistemando l’arma e che il colpo è partito per sbaglio. Accidentalmente, appunto. È indagato, anche lui, per lesioni.
ANCHE QUI i carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dal colonnello Lorenzo D’Aloia, non hanno trovato nulla che possa ricondurre al razzismo. Ma la pistola, come avrebbe ammesso Arezio, era stata modificata: in particolare nella parte della meccanica che regola la compressione della molla. Ciò spiegherebbe anche perché il colpo abbia coperto di 120 metri che separano il suo balcone e la posizione in cui si trovava la bambina, che era insieme alla madre. La perizia chiarirà la traiettoria.
Se si scende più a Sud, proprio ieri, un 19enne della Guinea ha denunciato ai carabinieri di San Cipriano d’Aversa (Caserta) di essere stato ferito al volto da un piombino. Ha una leggerissima ferita al labbro giudicata guaribile in un giorno. Ai militari il ragazzo ha raccontato che mentre stava rientrando nel centro di accoglienza, qualcuno a bordo di u- na moto lo ha colpito con un “un piccolo piombino”. E anche qui gli investigatori sospettano che si tratti di una pistola ad aria compressa.
Gli episodi si moltiplicano da settimane, da Forlì a Napoli e a Caserta. Il più grave, il 2 giugno, vicino alla tendopoli in cui sopravvivono i braccianti africani tra Rosarno e San Ferdinando ( Reggio Calabria): l’uccisione a fucilate di Soumaila Sacko, bracciante maliano di 29 anni aderente al sindacato Usb, che accompagnava altri migranti a recuperare lamiere da usare nelle baracche. All’agricoltore arrestato non è stata contestata l’aggravante dell’odio razziale. “Non è un caso”, denuncia, tra gli altri, Emanuele Fiano del Pd. Le forze dell’ordine non vedono una particolare emergenza. Non esistono statistiche precise. Certamente sono da tempo in calo i reati commessi con l’uso di armi. Quanto al razzismo, l’ultimo rapporto dell’associazione Lunaria (“Cronache di ordinario razzismo”) dice che i fatti violenti sono passati dai 41 del 2015 ai 28 del 2016 e ai 15 del 2017. E il totale degli atti discriminatori, compresi quelli verbali o contro i beni materiali, sono scesi da 739 a 524 e a 220.