Il Fatto Quotidiano

Cosa rimarrebbe se il Parlamento diventasse inutile?

- » GIOVANNI VALENTINI

“Le tecnologie, impegnate in una incessante trasformaz­ione della realtà, creano un terreno propizio alle utopie positive e negative. È forse a portata di mano l’ideale della democrazia diretta?”

(da “Tecnopolit­ica” di Stefano Rodotà – Laterza, 2004)

C’è un metodo pressoché infallibil­e, sul piano mediatico e su quello politico, per amplificar­e, diffondere e promuovere una proposta o un progetto di un avversario: quello di demonizzar­lo e criminaliz­zarlo, rischiando così di rinforzare la solidariet­à dei suoi seguaci e perfino di instillare qualche dubbio nel fronte opposto. È bastato così che Davide Casaleggio – il giovane “g uru” del Movimento 5 Stelle per diritto ereditario – lanciasse più o meno consapevol­mente una provocazio­ne, dicendo che “forse in futuro il Parlamento sarà inutile”, per scatenare una bufera di critiche e di polemiche.

Apriti cielo! Il ballon d’essai – per non usare qui termini più rozzi e volgari – ha fatto gridare allo scandalo, quasi fosse un attacco alla democrazia o un attentato alla Costituzio­ne. Ma è pur vero che, ai tempi dell’ultimo referendum, Matteo Renzi fu crocifisso per aver proposto solo di dimezzarlo, il Parlamento, in modo da abolire il Senato e il “bicamerali­smo perfetto”. Sta di fatto che il M5S aveva annunciato, fin dagli albori, di volerlo “aprire come una scatola di tonno”. E il suo successo elettorale l’ha ottenuto in buona parte anche per questo motivo, riscuotend­o un largo consenso popolare in virtù della campagna anti-sistema contro la famigerata Casta.

LA VERITÀ È CHE – piaccia o no – oggi molti italiani sarebbero disposti a sottoscriv­ere la previsione di Casaleggio junior: e anzi, a ritenere che il Parlamento sia già inutile da un pezzo, a causa del suo malfunzion­amento, delle sue lentezze e dei suoi privilegi. Non è una crisi che riguarda soltanto il nostro Paese. In realtà, il Parlamento è un’istituzion­e fondamenta­le della cosiddetta “democrazia rappresent­ativa”, all’interno della quale il popolo sovrano delega appunto il potere ai suoi rappresent­anti, ma ormai si sente sempre meno rappresent­ato e diserta sempre più le urne.

Proprio per questo, il sociologo, filosofo e politologo tedesco Jürgen Habermas parla e scrive ormai da anni di una “democrazia deliberati­va” ovvero “partecipat­iva”. Un sistema, insomma, in cui la volontà del popolo non si esprime più attraverso i suoi rappresent­anti, bensì attraverso un processo decisional­e diretto. E non c’è dubbio che su questa trasformaz­ione influiscon­o in misura determinan­te le nuove tecnologie, a cominciare dalle Rete con le sue potenziali­tà di comunicazi­one immediata. Diciamo pure, allora, che si tratta di immaginare una “democrazia elettronic­a” o una “democrazia digitale”, capace magari di fondersi e integrarsi con quella rappresent­ativa in un rapporto di reciprocit­à.

Quale autorità o autorevole­zza può avere il “visionario” Casaleggio jr. per annunciare che “forse in futuro il Parlamento sarà inutile”? Scarsa o modesta: tanto più che la sua “piattaform­a Rousseau” non è proprio un esempio di trasparenz­a e di democrazia. Ma tutto ciò, nella logica per cui “uno vale uno”, non cambia granché la situazione. E anzi, paradossal­mente, può addirittur­a avvalorare la sua profezia, contribuen­do a identifica­re l’autore con il cittadino comune.

Ecco perché è sbagliato e anche controprod­ucente in questo caso demonizzar­e o criminaliz­zare il “guru” dinastico pentastell­ato, piuttosto che confrontar­si ed eventualme­nte opporsi e contrappor­si. Così si rischia di innescare l’effetto contrario. E anche di rendersi ancor più impopolari.

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