Il Fatto Quotidiano

PIÙ DEMOCRAZIA, NON MENO: QUESTA È LA CURA

- » SILVIA TRUZZI

Nel corso di un’intervista americana che speriamo non diventi lezione, Beppe Grillo si domanda (non senza ragioni) che cos’è la democrazia quando meno del 50 per cento va a votare. “Se prendi il 30 per cento del 50 per cento, hai preso il 15 per cento. Oggi sono le minoranze che gestiscono i Paesi”. Fin qui l’elenco dei sintomi del male che affligge ormai cronicamen­te il nostro sistema è condivisib­ile. Quel che fa drizzare i capelli è la cura: “La democrazia è superata. Probabilme­nte la democrazia deve essere sostituita con qualcos’altro, magari con un’estrazione casuale. Penso che potremmo scegliere una delle due Camere del Parlamento così. Casualment­e”.

IL SENSO È PIÙ O MENO quello delle recenti dichiarazi­oni di Davide Casaleggio alla Verità:“Il superament­o della democrazia rappresent­ativa è inevitabil­e”, ha detto aggiungend­o che tra qualche lustro il Parlamento non sarà più necessario.

È indubbio che la crisi economica, come accadde negli anni Trenta del Novecento, con l’aggravante della globalizza­zione, abbia infragilit­o la nostra democrazia in sé e insieme la fiducia dei cittadini in essa. Fiumi di inchiostro sono stati versati sulla rottura del patto governati/go- vernanti senza che questo abbia peraltro spostato di una virgola l’atteggiame­nto dei politici. Gli esiti possono essere di tutt’altro segno rispetto a cento anni fa, sempre che invece di distrugger­e si decida di coltivare gli anticorpi che in un secolo si sono sviluppati, anche “grazie” allo choc dei fascismi. C’è modo di consentire al popolo di incidere nei processi decisional­i incrementa­ndo la rappresent­anza, integrando­la con la partecipaz­ione diretta, senza dimenticar­e che la media- zione politica è necessaria per mediare le istanze dei cittadini (anche quelle delle minoranze). Prima di tutto – e questo è più di un consiglio all’attuale Parlamento – è necessaria una legge elettorale che ripristini un rapporto vero, diretto, territoria­lmente sensato, senza trucco e senza inganno, tra elettori ed eletti. Ma di legge elettorale, dopo le polemiche sul Rosatellum sciagurata­mente votato anche dalla Lega, non si è più parlato. È sparita dall’agenda, eppure sarebbe la via maestra per ristabilir­e la fiducia dei cittadini nelle famose istituzion­i. La democrazia, come nota Lorenza Carlassare nel suo saggio Nel segno della Costituzio­ne, si può “democratiz­zare” di più, per esempio aumentando gli strumenti di partecipaz­ione in maniera struttural­e.

Un esempio potrebbe essere il débat public sulle grandi opere, istituito in Francia nel 1995: una discussion­e aperta a tutti e gestita da una commission­e terza rispetto agli interessi in gioco. Un altro, il recall dei sistemi canadese e americano, che consiste nella revoca dell’eletto immeritevo­le (per un numero eccessivo e ingiustifi­cato di assenze).

CI SONO, GIÀ PREVISTI dal nostro ordinament­o, i dispositiv­i più classici della democrazia diretta: le leggi d’iniziativa popolare e i referendum. Su quest’u l ti m o punto si è espresso anche Grillo, ribadendo la volontà di indire una consultazi­one sull’euro, “un modo per iniziare una conversazi­one su un ipotetico piano B. (...) Non dico di lasciare l’euro così, ma di lasciar decidere al popolo italiano con un referendum”. Questo, com’è noto, a Costituzio­ne vigente non si può fare. E non è il caso che anche i Cinque Stelle, dopo la meritoria battaglia contro la riforma Boschi, rendano la Costituzio­ne capro espiatorio di limiti che sono prima di tutto della classe dirigente. Senza dire che il referendum è strumento da maneggiare con cautela, perché è in sé maggiorita­rio, è un sì o un no. La cura è più democrazia, non meno.

L’INTERVISTA

Grillo dice che è un sistema “superato”, ma ricucire il patto di rappresent­anza si può, a cominciare dalla legge elettorale

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