Il Fatto Quotidiano

Malagrotta, il disastro della discarica chiusa che inquina ancora

Liquami nelle falde acquifere. Sequestro da 190 milioni, indagato Cerroni

- » ANTONIO MONTI

La megadiscar­ica di Malagrotta, chiusa nell’ottobre 2013 dopo aver accolto i rifiuti di Roma per quasi 40 anni, è ancora una bomba ambientale per i romani. Lo confermano le nuove indagini della Procura di Roma, che ieri ha contestato i reati di traffico illecito di rifiuti e associazio­ne a delinquere a sei persone, tra cui lo storico patron del consorzio Colari e della discarica, Manlio Cerroni, già soggetto a interditti­va antimafia. L’indagine, coordinata dalla Dda di Roma, ha portato anche al sequestro preventivo di 190 milioni di euro alla E.Giovi Srl, società che gestisce la discarica sulla via Aurelia. Tra gli indagati anche Francesco Rando, ex amministra­tore della società, e Carmelina Scaglione, rappresent­ante legale dell’azienda.

IL PIANO di gestione post-operativa di Malagrotta prevede il trattament­o dei prodotti della decomposiz­ione dei rifiuti che si sono accumulati nell’area per decenni: biogas e percolato ( liquame). Ma mentre il primo produce una rendita con la vendita del gas ricavato, il secondo comporta una spesa di manutenzio­ne del sito. Secondo il gip Costantino De Robbio, la somma sequestrat­a all’azienda della galassia Cerroni sarebbe il frutto del risparmio di spesa dal 2012 ad oggi, “per l’omessa” estrazione “del percolato”. La società, per la Procura, “ha fittiziame­nte dichiarato di avere compiuto le operazioni di emungitura per evitare di sostenere i rilevanti costi delle operazioni”. I fondi ricavati dalle mancate spese di manutenzio­ne, secondo il pm, sarebbero invece dirottati “alle società consorzio Colari e Petromarin­e Italia Srl, appartenen­ti al medesimo gruppo di E.Giovi, all'evidente scopo di occultare tali ricavi a chi leggesse il bilancio”.’

La mancata estrazione del percolato, scrive la Procura “è la causa dell'inquinamen­to delle falde acquifere” sotto Malagrotta. Gli inquirenti annotano che “ancora oggi la E.Giovi non ha provveduto all'adempiment­o delle prescrizio­ni e che la discarica non è gestita in modo legittimo, tale da impedire il protrarsi della situazione di fuoriuscit­a del percolato, che è conseguenz­a diretta dell'inquinamen­to dei terreni circ o st a n t i ”. L’omissione sarebbe diventata visibile perfino dall’esterno. “Dopo avere riempito la camera sottostant­e la discarica, il liquido si è accumulato”, scrive il gip, i rifiuti solidi tracimano “dalla sommità superiore raggiungen­do le strade circostant­i”. I carabinier­i del Noe hanno rilevato che in alcuni casi il percolato veniva lascia- to a saturare in discarica raggiungen­do anche l’80% dello spessore dei rifiuti. Così il giudice sintetizza: “Il permanere di questa situazione aumenterà esponenzia­lmente le conseguenz­e devastanti per l’ambiente circostant­e”.

Ora la gestione della E.Giovi è stata affidata a Luigi Palumbo, commissari­o del Colari. Il dirigente è chiamato ad avviare la bonifica della discarica, di fatto mai iniziata, e a garantire il funzioname­nto dei due impianti Tmb a Malagrotta, parte essenziale del fragile ciclo cittadino di smaltiment­o dei rifiuti.

A DARE NOTIZIA dell’indagine, in modo inusuale, è stato direttamen­te il ministro dell’Interno Matteo Salvini con un tweet: “I carabinier­i stanno sequestran­do beni a persone coinvolte nella gestione di Malagrotta, la pacchia è finita”. Un commento che ha provocato la reazione dell’ex assessore comunale all’Ambiente, Estella Marino, che ha rivendicat­o: “Qualcuno aggiorni il ministro che la discarica è già chiusa dal 2013, la pacchia era già finita”.

Dopo avere riempito la camera sotto il sito, la spazzatura ora tracima dalla sommità e raggiunge le strade

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