Malagrotta, il disastro della discarica chiusa che inquina ancora
Liquami nelle falde acquifere. Sequestro da 190 milioni, indagato Cerroni
La megadiscarica di Malagrotta, chiusa nell’ottobre 2013 dopo aver accolto i rifiuti di Roma per quasi 40 anni, è ancora una bomba ambientale per i romani. Lo confermano le nuove indagini della Procura di Roma, che ieri ha contestato i reati di traffico illecito di rifiuti e associazione a delinquere a sei persone, tra cui lo storico patron del consorzio Colari e della discarica, Manlio Cerroni, già soggetto a interdittiva antimafia. L’indagine, coordinata dalla Dda di Roma, ha portato anche al sequestro preventivo di 190 milioni di euro alla E.Giovi Srl, società che gestisce la discarica sulla via Aurelia. Tra gli indagati anche Francesco Rando, ex amministratore della società, e Carmelina Scaglione, rappresentante legale dell’azienda.
IL PIANO di gestione post-operativa di Malagrotta prevede il trattamento dei prodotti della decomposizione dei rifiuti che si sono accumulati nell’area per decenni: biogas e percolato ( liquame). Ma mentre il primo produce una rendita con la vendita del gas ricavato, il secondo comporta una spesa di manutenzione del sito. Secondo il gip Costantino De Robbio, la somma sequestrata all’azienda della galassia Cerroni sarebbe il frutto del risparmio di spesa dal 2012 ad oggi, “per l’omessa” estrazione “del percolato”. La società, per la Procura, “ha fittiziamente dichiarato di avere compiuto le operazioni di emungitura per evitare di sostenere i rilevanti costi delle operazioni”. I fondi ricavati dalle mancate spese di manutenzione, secondo il pm, sarebbero invece dirottati “alle società consorzio Colari e Petromarine Italia Srl, appartenenti al medesimo gruppo di E.Giovi, all'evidente scopo di occultare tali ricavi a chi leggesse il bilancio”.’
La mancata estrazione del percolato, scrive la Procura “è la causa dell'inquinamento delle falde acquifere” sotto Malagrotta. Gli inquirenti annotano che “ancora oggi la E.Giovi non ha provveduto all'adempimento delle prescrizioni e che la discarica non è gestita in modo legittimo, tale da impedire il protrarsi della situazione di fuoriuscita del percolato, che è conseguenza diretta dell'inquinamento dei terreni circ o st a n t i ”. L’omissione sarebbe diventata visibile perfino dall’esterno. “Dopo avere riempito la camera sottostante la discarica, il liquido si è accumulato”, scrive il gip, i rifiuti solidi tracimano “dalla sommità superiore raggiungendo le strade circostanti”. I carabinieri del Noe hanno rilevato che in alcuni casi il percolato veniva lascia- to a saturare in discarica raggiungendo anche l’80% dello spessore dei rifiuti. Così il giudice sintetizza: “Il permanere di questa situazione aumenterà esponenzialmente le conseguenze devastanti per l’ambiente circostante”.
Ora la gestione della E.Giovi è stata affidata a Luigi Palumbo, commissario del Colari. Il dirigente è chiamato ad avviare la bonifica della discarica, di fatto mai iniziata, e a garantire il funzionamento dei due impianti Tmb a Malagrotta, parte essenziale del fragile ciclo cittadino di smaltimento dei rifiuti.
A DARE NOTIZIA dell’indagine, in modo inusuale, è stato direttamente il ministro dell’Interno Matteo Salvini con un tweet: “I carabinieri stanno sequestrando beni a persone coinvolte nella gestione di Malagrotta, la pacchia è finita”. Un commento che ha provocato la reazione dell’ex assessore comunale all’Ambiente, Estella Marino, che ha rivendicato: “Qualcuno aggiorni il ministro che la discarica è già chiusa dal 2013, la pacchia era già finita”.
Dopo avere riempito la camera sotto il sito, la spazzatura ora tracima dalla sommità e raggiunge le strade