Lo zoo dei Promessi nipoti Cronache di Busi da cretinia
CONSAPEVOLEZZE Nell’ultimo libro, lo scrittore si “dà in pasto” a 14 commensali che come il resto degli italiani hanno perso la capacità di stare a tavola come esseri “politici” e “sociali”
Ibis-nipoti di Renzo e Lucia, che oggi hanno messo su famiglia e
fabbriché tta, con un prestito agevolato dal locale Credito qualcosa, magari ottenuto grazie all’i ntercessione di un don Abbondio o, chissà, forse addirittura della Divina Provvidenza, oggi come ieri tengono i gomiti sul tavolo scompaginando le posate altrui. Straparlano di tutto senza sapere davvero niente – dunque sono più politici che mai – continuano a essere pii e timorati, e il grande partito, uno dei tanti, che prima li abbracciava in tutte le loro convinzioni, e quindi proteggeva la loro nolontà, non c’è più.
DUNQUE CHE FARE? Credere fermamente nei valori della famiglia però col giusto timore che gli extracomunitari – che possibilmente sfruttano in nero nella fabbrichétta – non si mettano anche loro a metter su famiglia, perché poi la nostra identità andrebbe a farsi benedire.
Questo è più o meno il ritratto che esce da una cena in casa, 14 persone – “13 non si può…” – più o meno borghesi, arricchiti o giù di lì, alla quale Busi avrebbe partecipato (condizionale d’obbligo) e che è il punto di partenza del suo ultimo libro Le
consapevolezze ultime ( E inaudi). L’ennesima lucida, agguerrita – e più politica che mai – analisi antropologica nella quale l’o gg e tto-soggetto è il nostro Paese, che in questo tempo più che mai sembra aver perso la grammatica, e non solo, del- lo stare a tavola, inteso non come bon-ton ma come capacità di essere seriamente “politico” e “sociale”.
Dunque a casa di una vispa Teresa qualsiasi ( nata Bimercati, che viene dalla campagna passando per le Orsoline e maritata ragioner Inossi), con persone qualsiasi, inizia una “realtà che ha cessato di essere verosimile”. Niente che, si badi, ricordi il focolare domestico, qui “tutto è di rappresentanza, dall’altare-bar al tavolo del b a nc h e tt o ” fino all’a r az z o con scena di caccia al cervo “in una giorgionesca, anzi, gi- gionesca Arcadia”.
La questione accade tutta in una sera, si (stra)parla della vita, dai problemi di incontinenza vescicale fino al buco nell’ozono, dai tovaglioli rosa antico misto nylon alla politica, dai suoi – di Busi – bicchieri boemi di cristallo al – di loro – “analfabetismo di andata”, passando per ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita, mafia e “altre filiali di provincia dello Stato”.
Come accade spesso – chi ha letto almeno un libro di Busi sa – c’è lo sguardo lungo dello scrittore capace di ca- pire cosa accadrà domani: il libro non è uscito oggi ma racconta quasi la cronaca del giornale di oggi.
Dal caleidoscopio di Busi, che tutto filtra, esce un ritratto drammatico: i commensali sono così inverosimili da essere verissimi, summa assoluta sul costume degli italiani di oggi. Sembra di sentirlo quell’ “aiutati che Dio t’aiuta” impresso negli astanti dagli antenati manzoniani. Però oggi i pronipoti della coppia lecchese, trasferitisi nel frattempo nell’hi nt er la nd brianzolo, dotati dell’ultimo modello di machina e telefu- nin, sono totalmente sprovvisti di etica e morale – dove non ci sono non c’è l’uomo, chiosava Aristotele. E poi non hanno più, questo è risaputo, il senso della vergogna o del ridicolo, tipico di quella mezza classe mezzo borghese italiana, con due soldi in tasca, che affronta tutto e tutti a testa inconcepibilmente alta – viene in mente l’appellativo “professoroni” pronunciato dal recente, bieco politicume nostrano.
Qui, dalle cronache di cretinia, nessuno che abbia un figlio che vada più in là del posto in banca o in fabbrichétta, nessuno che – esempio a caso – neanche per sbaglio un giorno sia partito per andarsi a fare un paio di canne a Kabul ma che poi abbia imparato il farsi, l’arabo o il pashtun e ne abbia scritto da corrispondente. Come dire: prima penso alla cancellata in zinco trattato per tenere lontani i maruchìn, poi cercheremo, semmai, di capire il mondo. Busi dice che questo è il suo libro più politico, ma quale dei suoi non lo è? Perché lui è politico anche quando prende l’autobus, al di là dei dosaggi.
E COME Grandville nel suo Cabinet d’histoire naturelle – ritratto dei membri di Governo con teste animali – il protagonista si deve districare in un inventario zoologico dei presenti per riconoscere le volpi dalle faine, la iene dai camaleonti, anche se forse è solo una fossa di leoni un po’ spelacchiati.
Però la cosa che più fa arrabbiare Busi è che “ci casco dentro per darmi in pasto a titolo gratuito”. Ma questa cena è l’ultima “per me, che replica non avrà”. Ma non sarà l’ultimo libro. Checché, talvolta, ne dica lui.
Gli eredi di Renzo e Lucia, trasferiti nell’hinterland brianzolo con l’ultimo modello di telefunin senza etica e morale Inverosimili: non hanno più il senso della vergogna o del ridicolo, tipico di quella mezza classe mezzo borghese