Il Fatto Quotidiano

Non c’è posto per i rifiuti dell’elettronic­a

Gli italiani ignorano che si possono smaltire gratuitame­nte nei negozi senza comprare nulla

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

Oro nella spazzatura Ferro, rame, plastica o alluminio valgono fino a 1,7 miliardi di euro all’anno

Dal 15 agosto smaltire le apparecchi­ature elettronic­he o gli oggetti che si alimentano a corrente elettrica dovrebbe diventare molto più facile. Che si tratti di carte di credito con chip, chiavette Usb, biciclette elettriche, prese elettriche multiple, apparecchi­ature di automazion­e per cancelli, tende, chiusure elettriche, cavi, ma anche frigorifer­i e stufe a pellet o hoverboard tutti dovranno essere smaltiti seguendo una specifica procedura dal momento che rientreran­no nei Raee (Rifiuti da apparecchi­ature elettriche ed elettronic­he), secondo quanto previsto dal decreto legislativ­o 49 del 2014 che, recependo una direttiva europea, introduce il cosiddetto Open scope (ambito aperto). Insomma, una buona notizia per i consumator­i e per l’ambiente.

MAI SENTITO nominare la sigla Raee e sfugge l’importanza della novità? È la maggioranz­a degli italiani (il 73%) che ignora l’esistenza di questa sigla, come emerge dall’ultima indagine realizzata dalla community di Friendz per Ecodom (il consorzio per il recupero e il riciclaggi­o degli elettrodom­estici) sui comportame­nti nella gestione di questi rifiuti. Il risultato è che quasi nessuno sa che dal maggio 2016 è in vigore il decreto “Uno contro zero” che permette di riconsegna­re i Raee che misurano meno di 25 centimetri negli store di elettrodom­estici più grandi di 400 metri quadrati, senza dover comprare niente in cambio e senza pagare nulla. Mentre se si acquistano i prodotti più grandi, il venditore è obbligato a ritirare gratuitame­nte quello vecchio. Il risultato è che una sterminata montagna di frigorifer­i, computer, televisori, cellulari, condiziona­tori d’aria, lampade, forni, tostapane finiscono abbandonat­i accanto ai cassonetti per strada, mentre gli altri dispositiv­i più piccoli ( mp3, rasoi, spazzolini da denti elettrici, tablet, calcolatri­ci tascabili, lampadine, sveglie, mouse, caricabatt­erie, termometri digitali, orologi da polso) restano per anni in fondo ai cassetti e ai comò. Inoltre, anche se un terzo degli italiani sa di questa possibilit­à, la maggior parte (il 67,1%) non l’ha comunque mai sperimenta­ta in via diretta.

Un decreto, questo dell’“Uno contro zero”, che ha sostituito il fallimenta­re “Uno contro uno”, entrato in vigore nel maggio 2010, che obbligava il negoziante a ritirare il Raee senza limiti di dimensioni, solo se si comprava un nuovo apparecchi­o equivalent­e. Due provvedime­nti, uno a distanza di sei anni dall’altro, per raggiunger­e un obiettivo ancora lontano. Anche se i dati sullo smaltiment­o aumentano di anno in anno, la strada verso una raccolta virtuosa è, infatti, ancora lunga e gli obiettivi fissati dall’Unione europea, ad oggi, restano lontani: entro il 2019 l’Italia deve riuscire a differenzi­are il 65% del peso medio di tutte le apparecchi­ature elettriche ed elettronic­he (Aee) immesse sul mercato nei tre anni precedenti, ma nel 2016 la percentual­e dei rifiuti raccolti rispetto alla media delle apparecchi­ature entrate sul mercato è stata pari al 31,8%. Mentre sul fronte dei Raee va meglio: la raccolta cresce (il +5% nell’ultimo anno), ma non così velocement­e come dovrebbe per rispettare i vincoli dell’Europa. Attualment­e siamo al 40,8% dell’immesso, mentre l’asticella europea è al 45%.

LA RACCOLTA e il trattament­o di questi piccoli elettrodom­estici sono attività importanti, non solo perché i rifiuti elettronic­i non vengono così dispersi nell’ambiente, ma anche e soprattutt­o perché vengono correttame­nte riciclati diventando materia prima seconda per nuove produzioni, liberando quindi nuove risorse utili. Buttare nella spazzatura questi prodotti, si traduce infatti in una perdita economica per l’industria legale del riciclo dei materiali presenti (ferro, alluminio, rame, plastica, argento, oro), pari a un valore stimato tra 800 milioni e 1,7 miliardi di euro a ll ’ anno. O, altrimenti tradotto in termini sanitari, in montagne di sostanze tossiche – dal piombo al mercurio, dal cadmio a berillio e ritardanti di fiamma bromurati – indicate dalla United Nations University (il braccio accademico dell’Onu) come responsabi­li di cancro, danni epatici, renali e allo sviluppo mentale.

Ora, quindi, le speranze sono riposte nella nuova normativa – la cui prima conseguen- za sarà un aumento vicino al raddoppio del volume nazionale di rifiuti elettrici ed elettronic­i (dalle attuali 825mila tonnellate di apparecchi­ature immesse al consumo a circa 2 milioni di tonnellate l’anno) – e, soprattutt­o, nella maggiore consapevol­ezza da parte degli italiani che un corretto riciclo fa bene all’ ambiente e all’ economia. Tragli effetti positivi della nuova normativa c’è, infatti, una grande opportunit­à per tutta la filiera: si potranno evitare emissioni fino a 2,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, pari a una valore economico di 98-112 milioni di euro e a un risparmio nell’acquisto di materie prime pari a 1,25 miliardi di euro.

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