Il Fatto Quotidiano

Gentiloni, l’ex pigliatutt­o attacca le nomine altrui

L’offensiva spuntata dei dem

- » STEFANO FELTRI

■L’azzerament­o del cda delle Ferrovie e gli incarichi che si profilano per la Rai finiscono nel mirino dell’ex presidente del Consiglio. Lo stesso che a fine mandato aveva tagliato legato le mani ai successori prorogando i vertici dei Servizi e il ragioniere generale dello Stato

Ogni tanto l’ex premier Paolo Gentiloni ( Pd) viene scongelato per lanciare l’allarme contro i populismi, anche l’intervista è sempre identica, di solito a Repubblica , come ieri. Questa volta però era arricchita da due elementi: la critica a Lega e Cinque Stelle sulle nomine e l’allarme finanziari­o.

“VEDO UNA OSSESSIONE per nomine e poltrone (...) Non puoi cacciare così il cda delle Ferrovie”, dice a Claudio Tito di Repubblica. Che i leader della maggioranz­a Matteo Salvini ( Lega) e Luigi Di Maio ( M5S) abbiano fatto più nomine che decreti è oggettivo, ma Gentiloni non ha titoli per criticare: quel cda delle Ferrovie appena congedato (peraltro sulla base del fatto che lo statuto impone la decadenza dell’ad quando rinviato a giudizio, come è successo) è lo stesso cda che si era arrogato un nuovo mandato con un’assemblea dei soci fulminea il 30 dicembre scorso, a Camere sciolte, con la scusa della fusione con l’Anas. L’ad Renato Mazzoncini, con la tacita benedizion­e di Gentiloni, si era preso altri tre anni senza che nessuno ne fosse prima informato.

Prima di andarsene Gentiloni si è poi accertato di prorogare tutti i vertici dei servizi segreti e il ragioniere generale dello Stato, senza lasciare le caselle libere per il prossimo governo. Il governo ha fatto nomine alla Cassa depositi e prestiti che non hanno convinto tutti, è vero (perché Fabrizio Palermo è stato preferito come ad a Domenico Scannapiec­o?), ma sotto la gestione Renzi-Gentiloni i vertici della Cdp – Claudio Costamagna e Fabio Gallia – hanno perso presto il contatto con il governo e sono stati lasciati languire in attesa di finire il mandato. Idem in

Rai, dove il direttore generale pontiere, Mario Orfeo, ha interpreta­to al meglio la cifra della stagione gentilonia­na: l’immobilism­o.

Quanto alla “serie di ‘se’ che vanno chiariti”, cioè Tap, Ilva e Alitalia, sono tutti dossier restati in sospeso dai tempi di Gentiloni. Il complesso negoziato sull’Ilva è stato lasciato aperto – ora Di Maio, in modo un po’ ruvido, sta ottenendo maggiori impegni dal com prat ore Mittal – e sull’Alitalia è stato il governo Gentiloni a nominare tre commissari che invece di vendere il prima possibile hanno provato a rilanciare la compagnia, forti di un prestito ponte da 900 milioni che la Commission­e europea considera illegittim­o.

SUL GASDOTTO TAP un problema c’è, Di Maio pare voler dare ragione ai pugliesi che contestano il passaggio dei tubi sotto le loro spiagge, ma il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e il capo dello Stato Sergio Mattarella sono appena volati in Azerbaigia­n, il Paese da cui parte il progetto, per rassicurar­e che non si bloccherà.

Poi c’è il solito richiamo ai mercati: “In due mesi lo spread è salito di oltre 100 punti. Solo questo ci costa oltre 5 miliardi. - osserva Gentiloni - Sui mercati è tornato il rischio Italia, nonostante i fondamenta­li della nostra economia siano buoni. Il peggio deve ancora arrivare”. Il costo del debito italiano continua a essere alto e potrebbe salire bruscament­e se a settembre ci fosse un declassame­nto da parte delle agenzie di rating combinato con una riduzione (programmat­a) di acquisti da parte della Bce. Magra soddisfazi­one per Gentiloni, però, perché quando a maggio lo spread è schizzato da 130 a oltre 300 punti con minaccia di governo Cottarelli, il risultato è stato di compattare le due forze della maggioranz­a e sbloccare i negoziati che hanno fatto nascere il governo Conte (da allora lo spread è stabile intorno ai 230-240 punti).

Invece che far implodere la maggioranz­a, la pressione dei mercati - assai probabile - potrebbe spingerla su posizioni più radicali sui conti pubblici e verso l’Unione europea.

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LaPresse Paolo Gentiloni
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