Salvini, l’uso politico del crocifisso e la “sostituzione etnica” dell’Europa
La copertina di “Famiglia Cristiana” riapre con toni feroci lo scontro tra bergogliani e tradizionalisti
L’ormai nota copertina di Famiglia Cristiana contro Satana Salvini, “Vade retro”, non è solo un fenomeno contingente, dovuto ovviamente all’emergenza migranti e alla xenofobia del ministro dell’Interno, ma segna sempre di più la linea di divisione esistente nella Chiesa tra il fronte bergogliano della misericordia e quello clericale e tradizionalista che invece innalza a suo indefesso alfiere proprio Salvini, trasfigurato in una sorta di Braveheart ratzingeriano del terzo millennio, per sognare una teocrazia populista.
Ecco perché i più scatenati critici del settimanale paolino - quasi 200mila copie sommando edicola e copie digitali - sono gli stessi cattolici che da almeno tre anni conducono una crociata contro papa Francesco, ritenuto un nuovo Lutero se non addirittura l’Anticristo annunciato dall’Apocalisse, secondo le parole dal cardinale ultraconservatore Burke, americano.
COSÌ Famiglia Cristiana diventa un covo di “cattocomunisti” o “progressisti nichilisti” e alla copertina antisalviniana viene contrapposto l’immagine di Bergoglio che riceve un crocifisso con falce e martello dal presidente boliviano Morales. Una battaglia politica in tutti sensi, alimentata da quotidiani e numerosi siti di destra oggi dichiaratamente sovranisti e leghisti.
Le parole d’ordine di questi farisei per i quali conta solo la Dottrina e non il Vangelo (mai come ora tocca ricordare il parallelo di Melloni tra Salvini e il Duce che si proclamò fieramente “cattolico e anticristiano”) sono l’omofobia e le messe di riparazione nelle città dove sfilano i Gay Pride; la lotta alla co- siddetta ideologia immigrazionista; l’uso politico del crocifisso, come simbolo identitario per una guerra di civiltà contro l’Islam, “ridotto” alle sole armate dell’Isis. Questo fronte può contare sul sostegno di vari settori dell’episcopato italiano. L’ultimo a schierarsi in ordine di tempo è stato monsignor Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia, lungo la frontiera tra Italia e Francia. Pur riconoscendo il diritto all’accoglienza, in una lunga lettera monsignor Suetta non si trattiene e scrive chiaramente che l’obiettivo dell’emigrazione è “cambiare l’identità nazionale dei popoli europei”. In due parole: “Sostituzione etnica”.