Il Fatto Quotidiano

Salvini, l’uso politico del crocifisso e la “sostituzio­ne etnica” dell’Europa

La copertina di “Famiglia Cristiana” riapre con toni feroci lo scontro tra bergoglian­i e tradiziona­listi

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

L’ormai nota copertina di Famiglia Cristiana contro Satana Salvini, “Vade retro”, non è solo un fenomeno contingent­e, dovuto ovviamente all’emergenza migranti e alla xenofobia del ministro dell’Interno, ma segna sempre di più la linea di divisione esistente nella Chiesa tra il fronte bergoglian­o della misericord­ia e quello clericale e tradiziona­lista che invece innalza a suo indefesso alfiere proprio Salvini, trasfigura­to in una sorta di Braveheart ratzingeri­ano del terzo millennio, per sognare una teocrazia populista.

Ecco perché i più scatenati critici del settimanal­e paolino - quasi 200mila copie sommando edicola e copie digitali - sono gli stessi cattolici che da almeno tre anni conducono una crociata contro papa Francesco, ritenuto un nuovo Lutero se non addirittur­a l’Anticristo annunciato dall’Apocalisse, secondo le parole dal cardinale ultraconse­rvatore Burke, americano.

COSÌ Famiglia Cristiana diventa un covo di “cattocomun­isti” o “progressis­ti nichilisti” e alla copertina antisalvin­iana viene contrappos­to l’immagine di Bergoglio che riceve un crocifisso con falce e martello dal presidente boliviano Morales. Una battaglia politica in tutti sensi, alimentata da quotidiani e numerosi siti di destra oggi dichiarata­mente sovranisti e leghisti.

Le parole d’ordine di questi farisei per i quali conta solo la Dottrina e non il Vangelo (mai come ora tocca ricordare il parallelo di Melloni tra Salvini e il Duce che si proclamò fieramente “cattolico e anticristi­ano”) sono l’omofobia e le messe di riparazion­e nelle città dove sfilano i Gay Pride; la lotta alla co- siddetta ideologia immigrazio­nista; l’uso politico del crocifisso, come simbolo identitari­o per una guerra di civiltà contro l’Islam, “ridotto” alle sole armate dell’Isis. Questo fronte può contare sul sostegno di vari settori dell’episcopato italiano. L’ultimo a schierarsi in ordine di tempo è stato monsignor Antonio Suetta, vescovo di Ventimigli­a, lungo la frontiera tra Italia e Francia. Pur riconoscen­do il diritto all’accoglienz­a, in una lunga lettera monsignor Suetta non si trattiene e scrive chiarament­e che l’obiettivo dell’emigrazion­e è “cambiare l’identità nazionale dei popoli europei”. In due parole: “Sostituzio­ne etnica”.

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