Tutti a Livorno ad ascoltare la diva Cortellesi al festival “del ridicolo”
Livorno è al lavoro per la terza edizione di un Festival proprio speciale: “Il senso del ridicolo”. Diretto da Stefano Bartezzaghi, dal 28 al 30 settembre, il festival – con i suoi recital e le sue chiacchiere – impegna ben più di qualunque evento tra i tanti dell’estate perché va a toccare la corda segreta, quella “pazza”, ahinoi sempre nascosta nel sottoscala della serietà e della civiltà.
È una tre giorni tutta di filosofia – col permesso di Luigi Pirandello – col ridicolo in sé, con le conseguenze ermeneutiche, che decifra tanto la chiacchiera corrente quanto la sistematizzazione di ogni architettura sociale.
La serata d’avvio è di Paola Cortellesi, il titolo è “Stelle o caporali”, ed è – l’arte propria di Bartezzaghi – l’anagramma rivelatore di questa superba diva del buonumore inevitabilmente affiliata alla dialettica risolta in una sola domanda da Totò: “Siamo uomini o caporali?”.
Ogni Socrate ha il suo Aristofane ma è il filosofo a disseminare di esche comiche la sua stessa tragedia – fosse pure per dondolarsi sull’altalena, come nelle Nuvole – e così attrarre alla propria paideia un figlio: “Ma certo, ragazzo mio, puoi bastonare tuo padre!”.
Zarathustra, con Nietzsche, danza sul capitombolo mortale del funambolo.
LA COSALITÀ di Martin Heidegger altro non è che una “brocca” e solo a un genio elegante qual è Luciano De Crescenzo – abile a cogliere il senso del ridicolo – è riuscita l’impresa di divulgare la sapienza greca.
I greci, nati già divulgati, masticavano filosofia come noi oggi possiamo al più elargire like alla divina Chiara Ferragni ma De Crescenzo, incarna ancora il personaggio di A che servono questi quattrini?. È la ce- leberrima commedia popolare di Armando Curcio dove il professore Parascandalo – un filosofo, manco a dirlo – ammaestra all’ozio i propri discepoli nel supremo insegnamento:
“S’è mai detto lavoro assoluto? Nessun medico lo prescriverebbe. Riposo assoluto invece, sì!”.
Il ridicolo, dunque, ed è il senso del non senso. La potenza del paradosso con cui smascherare doxa, ossia l’opinione giammai corroborata dallo spirito critico forte – sempre – di spirito di patate se serve a destrutturare i tabù, gli “ismi” delle ideologie e gli integralismi.
Non c’è grande, nella storia, che non abbia adottato la maschera buffa a modo di contrappunto, o di compimento.
È il Berretto a sonagli di Pirandello, è la linguaccia di Albert Einstein in posa, è la benedizione di Maometto, infine, a una vecchina morente. Questa, con un filo di voce, domanda: “Ma le vecchie come me, entrano in Paradiso?”. La risposta è una sferzata: “Non ci sono vecchie in Paradiso”. La nonnina si rabbuia ma il Profeta, in un istante, muta quel corruccio in sorriso: “Tornerai in Paradiso, ma fanciulla, bambina, restituita alla letizia”. Sempre uomini, giammai caporali.