Gli economisti indagano sul mistero della produttività che non cresce più
Da tempo gli economisti si interrogano su un fenomeno che sinora non è stato spiegato in modo soddisfacente né complessivo: il rallentamento della crescita della produttività, cioè del prodotto di beni e servizi per ora lavorata. Nel lungo termine, l’incremento di produttività dovrebbe trasmettersi agli standard di vita. Il condizionale è divenuto d’obbligo, dopo che gli ultimi anni hanno visto un indebolimento di questa trasmissione, per motivi ancora non chiari. I minori progressi nella crescita della produttività vengono ricondotti a fattori quali bassi tassi d’interesse che agevolano il mantenimento in vita delle aziende zombie, meno produttive; difficoltà di misurazione della produttività in un mondo digitale; aumento di concentrazione settoriale, con formazione di monopoli e o- ligopoli, che frena i progressi di produttività.
Una recente ricerca dell’Ocse evidenzia un crescente divario di produttività tra imprese: tra il 2001 ed il 2013, il 5% di imprese più produttive ha aumentato la propria produttività del 33% in manifattura e del 44% nei servizi. Nello stesso periodo, il resto delle aziende ha segnato miglioramenti di solo il 7% in manifattura e del 5% nei servizi. Pare che gli incrementi di produttività, a differenza che in passato, non si diffondano a tutte le aziende di un settore, mentre la tecnologia premia in modo abnorme i giganti dell’economia globalizzata. Il crescente dualismo di produtti- vità ha conseguenze per i lavoratori: negli Stati Uniti, il National Bureau of Economic Research ha scoperto che la quasi totalità dell’aumento della disuguaglianza di reddito dal 1978 deriva da disparità retributive tra differenti aziende, mentre i differenziali salariali all’interno delle singole imprese sono rimasti perlopiù invariati. Le aziende più produttive spesso sono anche quelle di maggiori dimensioni, grazie alla combinazione tra specializzazione e globalizzazione, che consente l’accesso “scalabile”(cioè a costi incrementali molto contenuti) ai mercati globali. Aziende di questo tipo hanno maggiore possibilità di sperimentare nuove tecnologie e processi produttivi, senza che eventuali fallimenti portino a destabilizzare l’intera impresa. In Europa, tra il 2011 ed il 2016, la metà dei brevetti tecnologici depositati provengono da sole 25 aziende. I leader tecnologici forniscono servizi alle imprese minori in regime di concorrenza assai limitata o spesso inesistente, frenandone i recuperi di produttività. Il potere di mercato dei titani tecnologici consente loro di attrarre le migliori professionalità, accentuando quindi il dualismo di produttività e la sua persistenza.
Le evidenze che emergono da queste ricerche contribuiscono a gettare luce sui molteplici effetti, non tutti positivi, che globalizzazione e nuove tecnologie esercitano su produttività e diseguaglianza. Le indagini proseguono, a tutto campo.