Il Fatto Quotidiano

“Archivi aperti di Renzi depistaggi­o sulle stragi”

Alla vigilia del 2 agosto l’accusa di Leonardo Grassi, membro della commission­e al lavoro sugli atti da rendere pubblici

- BARBACETTO

■Leonardo Grassi da magistrato indagò sulle stragi, oggi è tra gli esperti che discute con le istituzion­i su cosa rivelare: “Chi ha classifica­to decide cosa de-classifica­re, quello che resta nascosto non sarà più cercato”

Promessa: apriremo gli archivi segreti delle stragi, per far emergere la verità sulla stagione nera dell’eversione italiana. Risultato: la verità non sta affatto emergendo, anzi l’operazione archivi aperti si sta trasforman­do nell’ultimo, definitivo depistaggi­o. A sostenerlo – proprio alla vigilia dell’anniversar­io della strage di Bologna – è un componente della commission­e che sta lavorando sugli atti da rendere pubblici, Leonardo Grassi, che conosce bene la materia perché da giudice istruttore indagò a lungo sull’eversione nera e sulle stragi di Bologna e dell’Italicus.

La promessa fu fatta solennemen­te martedì 22 aprile 2014, quando il presidente del Consiglio Matteo Renzi firmò la direttiva che “dispone la declassifi­cazione degli atti relativi alle stragi di piazza Fontana (1969), Gioia Tauro ( 1970), Peteano ( 1972), Questura di Milano ( 1973), Brescia ( 1974), Italicus (1974), Ustica (1980), stazione di Bologna (1980), Rapido 904 (1984)”. Aprire gli armadi, declassifi­care i documenti, versarli agli Archivi di Stato, finalmente a disposizio­ne degli studiosi e dei cittadini. La “Direttiva Renzi” riguarda tutte le amministra­zioni dello Stato: i ministeri, le polizie, i servizi segreti, che devono mettere a disposizio­ne i documenti che riguardano i fatti eversivi avvenuti dagli Anni Sessanta alla metà degli Anni Ottanta.

PER DECIDERE che cosa tirare fuori dai cassetti si sono messe al lavoro due commission­i. La prima, “di alto profilo”, è formata da uomini degli apparati dello Stato, dei ministeri e dal sovrintend­ente dell’Archivio centrale dello Stato, Eugenio Lo Sardo. La seconda, consultiva, è composta da storici e dai rappresent­anti delle associazio­ni dei familiari delle vittime, che si sono più volte confrontat­i con i delegati dei servizi, Giampiero Massolo e Paolo Scotto di Castelbian­co.

Solo la prima commission­e ha il potere di scegliere che cosa rendere pubblico: “A decidere che cosa declassifi­care”, denuncia Grassi, “sono i rappresent­anti degli stessi organismi che hanno classifica­to”. Chiediamo insomma la verità a chi fino a oggi l’ha nascosta. Domandiamo di svelare i segreti dell’eversione a quelli che ieri hanno organizzat­o i depistaggi e nascosto documenti e prove alla magistratu­ra che indagava.

Il “comitato di alto profilo” ha svolto il suo lavoro e ha stilato un lungo elenco di carte da versare negli archivi, provenient­i dalla questure, dai ministeri, dalle polizie, dai servizi segreti interno ed estero (Aisi e Aise) e dalla struttura che li collega (Dis).

Risultati? Mediocri, secondo Grassi. “Anzi, addirittur­a pericolosi: perché ora quello che è stato consegnato diventerà la verità, mentre quello che è stato tenuto nascosto non sarà più cer cato”. Si scrive oggi la versione definitiva della storia sotterrane­a d’Italia. “E a scriverla sono gli stessi apparati che l’hanno prodotta, con le loro complicità con l’eversione, le coperture, i silenzi, gli inquinamen­ti, le esfiltrazi­oni, i depistaggi”.

Leonardo Grassi ha scritto una lettera moto critica al presidente e ai componenti del Comitato consultivo, affermando che “lo spirito della Direttiva è stato sostanzial­mente ignorato in fase attuativa” e che “l’intera operazione appare del tutto inadeguata rispetto agli scopi prefissati”. Che cosa contesta all’operazione? “Sono stati versati documenti su una miriade di episodi d’eversione e terrorismo, anche minuti. E questo è positivo”, spiega al Fatto Quo- tidiano . “Ma non sono stati desecretat­i invece i fascicoli sulle strutture di guerra non ortodossa, che sono il cuore segreto della strategia stragista: da Gladio ai Nuclei per la difesa dello Stato, dalla Rosa dei venti all’Anello, dal Mar di Carlo Fumagalli a Pace e libertà di Luigi Cavallo. Tutte strutture degli apparati dello Stato o con forti connession­i con apparati dello Stato”.

Niente sui due principali gruppi dell’eversione italiana di quegli anni, “Ordine nuovo di Pino Rauti e Avanguardi­a nazionale di Stefano Delle Chiaie, entrambi con consolidat­i rapporti con servizi e apparati”. Sono stati versati i documenti sulle stragi, “ma non i fascicoli personali sui personaggi che delle stragi e dell’eversione sono stati i protagonis­ti, neppure quelli già condannati per depistaggi­o o per strage”: dal Gran Maestro della P2 Licio Gelli all’uomo del “supersismi” Francesco Pazienza, dal comandante Junio Valerio Borghese del tentato golpe del 1970 al colonnello Amos Spiazzi della Rosa dei Venti, dal colonnello dei carabinier­i Giuseppe Belmonte al generale del Sismi Pietro Musumeci, dall’armiere di piazza Fontana Carlo Digilio al capitano dei carabinier­i Antonio La Bruna e ai generali del Sid Vito Miceli e Gianadelio Maletti. Niente fascicoli di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, già condannati per la strage di Bologna, né dei più volte indagati Delfo Zorzi, Massimilia­no Fachini, Stefano Delle Chiaie, Marcello Soffiati. Niente sul Piano Solo (1964) del generale Giovanni de Lorenzo. Niente sul banchiere Michele Sindona, coinvolto nel golpe Borghese e in rapporti con Cosa nostra. Sulla strage di Ustica, Grassi fa notare che neppure un documento è stato versato dal ministero dei Trasporti: “Possibile che non abbia neppure una carta sulla notte del 27 giugno 1980 in cui è caduto in mare il Dc-9 d el l’It av ia ?”. Quanto alle stragi del 1992-93 sono state fin dall’inizio escluse.

CI SONO POI alcuni archivi che sono rimasti completame­nte fuori dalla pesca miracolosa: sono l’in ac ce ss ib il e archivio del Quirinale e quelli degli Uffici sicurezza del Patto Atlantico. Intanto i servizi segreti italiani hanno organizzat­o, nel dicembre 2017, un convegno all’U n iversità di Pavia dal titolo “La storia possibile”, in seguito al quale sono state finanziate due borse di studio da 20 mila euro ciascuna per l’a n al i s i delle carte versate negli archivi. “I servizi”, conclude Grassi, “oggi stanno cercando di scrivere la storia che hanno costruito negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta”. Del resto, come diceva George Orwell, “chi controlla il passato controlla il futuro”.

Le buone intenzioni Aprire gli armadi, declassifi­care i documenti e versarli agli Archivi di Stato

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