Contatti Eni-governo: i migranti dritti in Libia
La catena decisionale I 101 passeggeri caricati sulla nave italiana e respinti Protesta l’Unhcr: “Non è un porto sicuro per lo sbarco dei richiedenti asilo”
L’imbarcazione che lavora a servizio delle piattaforme della Mellitah ( joint venture tra Noc libica e Cane a sei zampe) interviene in acque internazionali. La nostra Guardia Costiera sta a guardare
Gira attorno ad una piattaforma cogestita dall'Eni, nelle acque internazionali a 57 miglia marine da Tripoli, il caso della nave Asso ventotto, la prima con bandiera italiana a riportare direttamente in Libia naufraghi salvati in mare. Un intervento che le Nazioni unite stanno analizzando con attenzione, ricostruendo la linea di comando dietro la decisione del capitano di fare rotta verso sud. La difficile giornata del 30 luglio nel Mediterraneo inizia con un Sos alle 8.34, partito dal coordinamento dei soccorsi della Guardia costiera italiana. Un gommone, a circa 17 miglia nautiche dalla costa libica, con 120 persone a bordo. In distress, recita il messaggio NavTex diffuso sui canali marittimi. È solo il primo di cinque naufragi. Come avviene da mesi il coordinamento delle operazioni passa ai libici, che portano a Tripoli i sopravvissuti. “It's our business”, diranno i marinai nordafricani alla nave della Ong Open Arms, presente nell’area, rispondendo ad un’offerta di aiuto.
C’è un sesto evento, però, che apre un capitolo nuovo. È un gommone bianco, con 101 naufraghi a bordo. Si avvicina, poco dopo le 14.30, verso la piattaforma off- shore “S abratah”, gestita da una joint venture tra la libica Noc e l’Eni. A un miglio e mezzo c’è la nave Asso ventotto, della società Augusta offshore Spa di Napoli. Quello che accade da questo momento in poi è ancora confuso, con versioni contrastanti. Sicura è la conclusione: anche quelle 101 persone – tra queste cinque bambini e cinque donne gravide – finiranno a Tripoli, trasportate dalla motonave con bandiera italiana. È la prima volta da quando la Libia è divenuta la piattaforma di partenza di migranti e rifugiati.
Torna la questione centrale, quella del Place of safety, il luogo sicuro. “Ribadiamo che la Libia non è un porto sicuro per lo sbarco di migranti e richiedenti asilo salvati dopo un naufragio”, spiegano al Fatto quotidiano gli uffici dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, aggiungendo di “voler approfondire il caso”. Può, dunque, una nave italiana riportare in Libia naufraghi in fuga dal quel paese? Le linee guida dell'organizzazione internazionale del mare (Imo) sono chiare. La riso- luzione del 20 maggio 2004 prescrive la “necessità di evitare lo sbarco in territori dove la vita e la libertà di chi rischia persecuzioni” è a rischio. Indicazioni che valgono anche per le navi private.
Capire chi abbia ordinato alla Asso ventotto di dirigersi a Tripoli è, dunque, un elemento essenziale. Il dato di partenza è la posizione delle autorità italiane. La Guardia costiera ha comunicato ieri di non aver mai seguito questo caso, che sarebbe, dunque, stato trattato esclusivamente dai l i b i c i . L a posizione dell’armatore conferma questa linea. In un comunicato la Augusta Offshore ha diffuso la ricostruzione degli eventi: dopo il salvataggio la nave “riceve istruzioni dal rappresentante dell’Authority libica a bordo di recuperare i migranti e di procedere verso Tripoli”. L’operazione si conclude alle 16.30. Poco dopo la nave si dirige verso sud “affiancata da una motovedetta della Coast Guard libica”. La Asso ventotto entra nel porto di Tripoli alle 21. C'è un passaggio importante a questo punto: i migranti salvati non vengono sbarcati direttamente, ma passano su navi libiche. Quasi ad evitare la possibile accusa di non aver rispettato le indicazioni sul Porto sicuro, scaricando la re- sponsabilità interamente su Tripoli.
La versione fornita dall'armatore viene però messa in discussione dalla ricostruzione diffusa dall'onorevole Nicola Fratoianni, da qualche giorno a bordo della nave Open Arms. “Abbiamo parlato via radio con la Asso Ventotto ci hanno spiegato di aver avvistato loro il gommone – racconta Fratoianni, assicurando che tutte le comunicazioni sono registrate - e l'ufficiale di bordo ha prima detto che gli ordini era giunti dai libici, ma poco dopo ha affermato di aver ricevuto questa indicazione dalla piattaforma”.