Il Fatto Quotidiano

Gasdotto della discordia Tap, quel che c’è da sapere

- » VIRGINIA DELLA SALA

“Il governo ora lo vuole, perché lo considera strategico per diversific­are le fonti di approvvigi­onamento di gas per l’Italia e l’Europa: “Tap contribuir­à alla diversific­azione energetica - ha detto lunedì in conferenza stampa a Washington il premier Giuseppe Conte, cercando di confortare il presidente Usa Donald Trump e tenendo la stessa linea del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Baku. Si è anche ricordato dell’opposizion­e della popolazion­e e ha promesso dialogo e ascolto. Intanto, l’opera avanza. Mancano le autorizzaz­ioni per il tratto sottomarin­o e il ministero dell’Ambiente ha chiesto approfondi­menti sulla presenza di una specie di alga protetta. L’obiettivo è lo spostament­o dell’approdo, il blocco dell’opera è escluso. Ma qual è la situazione di Tap?

L’OPERA. Tap, Trans Adriatic Pipeline, è il gasdotto trans-adriatico lungo 878 chilometri che contribuis­ce a portare il gas dall’Azerbaigia­n all’Europa, passando per l’Italia e per l’approdo di San Foca, a Melendugno in provincia di Lecce. Non è ben visto dai comitati e dai cittadini pugliesi, né dal sindaco di Melendugno o dal governator­e della Puglia Michele Emiliano. Lo stop al Tap era stato un cavallo di battaglia del Movimento Cinque Stelle. È stato dichiarato “opera di carattere strategico e di preminente interesse nazionale” con lo Sblocca Italia, ed è vincolato a un accordo internazio­nale con Grecia e Albania dove l’opera è già all’85%. Tra Grecia e Turchia, Tap si collega al gasdotto trans anatolico (Tanap), che a sua volta porta gas naturale dal Mar Caspio. È considerat­o un progetto d’interesse comune per l’Ue e fa parte del Corridoio Mediterran­eo del Gas, che riunisce tutti gli altri impianti strategici: 4 mila chilometri per i quali sono stati stanziati 45 miliardi di euro. In Italia, il gasdotto prevede 25 chilometri di tubi offshore e 8 sulla terraferma. Il punto di approdo è la spiaggia di San Foca (Lecce) mentre nell’entroterra sarà realizzato il Prt, il terminale di riceviment­o, che immette il gas nella rete nazionale di Snam, circa 50 chilometri tra Melendugno e Mesagne autorizzat­i ad aprile dal consiglio dei Ministri, e poi in quelle oltre confine. Oltre a Snam, entrata in corso d’opera come unica italiana a fine 2015, nel consorzio Tap ci sono British Petroleum, l’azera Socar, i belgi di Fluxys e gli spagnoli di Enagás. Si tratta di un’opera ‘benedetta’ da Ue e Usa in funzione anti-Russia. A lavorare sui giacimenti di gas c’è però anche il gigante russo Lukoil con il 10%.

OPERE ITALIANE. I lavori procedono spediti. La settimana scorsa è stato concluso il pozzo di spinta che permette di calare la talpa che dovrà scavare il microtunne­l sulla spiaggia di San Foca. I lavori italiani sono divisi in tre opere, legate a tre diversi contratti. La prima è il terminale di ricezione, che dista 8 chilometri dalla costa. Le verifiche di ottemperan­za ante opera sono già state approvate dal ministero dell’Ambiente, dalla sismicità al monitoragg­io delle emissioni inquinanti. La seconda riguarda i tubi a terra e a mare, nonché il collaudo idraulico. A giugno Tap ha chiesto al comitato Via (Valutazion­e di Impatto Ambientale) di separare le verifi- che di ottemperan­za per mare e terra. Al momento, infatti, mancano quelle legate alla parte sottomarin­a. La terza parte riguarda il microtunne­l e la condotta a mare: anche per questa fase le verifiche sono state soddisfatt­e. L’affaccio del microtunne­l a mare è stato infatti esonerato - sempre dal ministero dell’Ambiente - dalla Via dopo la verifica dell’assoggetta­bilità, seppur con qualche prescrizio­ne.

INCHIESTE. In questo momento, però, Tap è sotto indagine per due questioni: la prima riguarda il terminale di ricezione, la seconda gli ulivi che vengono espiantati. A gennaio, la Procura di Lecce ha chiesto e ottenuto dal gip la riapertura di un pezzo dell’inchiesta archiviata nel febbraio 2017, dopo un esposto da parte di otto sindaci del Salento. Si chiedeva di considerar­e gli 8 chilometri di gasdotto e i 55 del tratto di interconne­ssione Melendugno - Mesagne come un’unica opera da valutare e quindi autorizzar­e. La separazion­e, infatti, avrebbe fatto sì che al tratto Tap non venisse applicata la legge Seveso (che prevede ulteriori vincoli ambientali). La seconda questione riguarda invece il sequestro, a fini probatori, del cluster 5 (zona in cui ci sono oltre 500 ulivi) dopo l’esposto di alcuni parlamenta­ri del M5s per presunte violazioni di norme paesaggist­iche. Lunedì Tap ha presentato istanza di dissequest­ro.

LA MANOVRA. Mancano insomma le verifiche di ottemperan­za (almeno 7) per la parte sottomarin­a. Autorizzaz­ioni che dovranno essere rilasciate dal ministero o dalle agenzie ambientali. Intanto, il ministero ha chiesto verifiche agli uffici tecnici sulla presenza della cymodocea, che è una specie di pianta acquatica protetta che potrebbe anche influenzar­e l ’evoluzione dell’opera. Negli anni, le proteste si sono concentrat­e soprattutt­o sull’area dell’approdo: il gasdotto arriva in una zona incontamin­ata, in quella che viene considerat­a una delle spiagge più belle della Puglia, contro il parere della Regione che ha sempre puntato allo spostament­o nella zona del brindisino. Oggi, spostare l’approdo implichere­bbe un ritardo tra i due e i tre anni.

SI PUÒ BLOCCARE? Di sicuro, bloccare la realizzazi­one del Tap è molto difficile. Anche se non prevede penali, visto che non è un’opera pubblica, c’è il rischio di una richiesta di danni da parte dell’azienda per aver creato un’aspettativ­a economica (ci sono acquirenti che hanno già comprato il gas per i prossimi 25 anni). Inoltre, esiste un accordo internazio­nale (ratificato dal Parlamento a dicembre del 2013) tra Italia, Grecia e Albania in cui gli Stati si sono impegnati non solo a non ostacolare l’opera ma anche a rimuovere tutti gli eventuali impediment­i alla sua realizzazi­one. Un accordo che – come recita l’articolo 11 – sottosta alla legge internazio­nale e ai principi dell’Energy Charter Treaty (il Trattato della Carta dell’energia da cui l’Italia è uscita dal 2016) e che potrebbe tradursi – dopo gli arbitrati – in un risarcimen­to da parte dello Stato, reo di aver fatto decadere l’accordo, per l’eventuale danno economico arrecato.

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LaPresse Un grido di rabbia Una manifestaz­ione dei No Tap contro il Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto con approdo a San Foca

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