Il Fatto Quotidiano

Pascoli & boschi, la “terra di tutti” rosicchiat­a dai privati

Cinque milioni di ettari di beni comuni a rischio. La battaglia delle associazio­ni

- » FERRUCCIO SANSA

Lo Scultone è stato intrappola­to. Forse non bastava la chiesa di San Pietro, costruita nel 1600 per fermare il grande serpente che mangiava le pecore. Adesso la terribile bestia che per secoli ha terrorizza­to i pastori di Baunei, in Sardegna, è stata intrappola­ta dai recinti. Un signore ha deciso che la tana dello Scultone è sua, presa in concession­e. Un po’ come se in Scozia da un giorno all’altro qualcuno si prendesse il mostro di Loch Ness.

In Italia succede anche questo: ci si appropria dei simboli. Dei tesori del passato. E dei beni comuni. Perché il Golgo, l’altopiano del Golgo, è un “museo a cielo aperto” come recita il sito sardegnatu­rismo.it: pozzi per celebrare riti ancestrali, che attestano la presenza umana nel Neolitico, tombe di giganti e quasi venti complessi nuragici, posti come sentinelle agli accessi della valle. Una complessa rete di fortificaz­ioni costruita dal 1500 avanti Cristo in poi: l’impression­e è di passeggiar­e nella preistoria”. Invece ecco arrivare le recinzioni che chiudono la fonte dove da secoli gli animali vanno ad abbeverars­i. Così le bestie restano strozzate sotto il reticolato mentre vanno a cercare l’acqua.

LA QUESTIONE , sollevata anche dal consiglier­e di opposizion­e Stefano Orrù, è finita perfino in un esposto alla Procura (non ci sono indagati): “Quella delibera venne votata da 12 consiglier­i, comprenden­do però il voto favorevole del sindaco Salvatore Corrias. Il Sindaco di Baunei, invero, è parente di quarto grado del beneficiar­io”. Il sindaco Corrias replica: “C’è stato un bando pubblico. È tutto regolare e alla luce del sole. Nessun favo- ritismo, vogliamo valorizzar­e aree che prima erano destinate all’allevament­o e oggi hanno un uso più turistico”.

“Liberiamo lo Scultone”, chiede Stefano Deliperi dell’associazio­ne ambientali­sta Gruppo di Intervento Giuridico, “perché questa non è soltanto una battaglia della Sardegna”. Già, il punto è questo: il Golgo è un uso civico.

Ecco, gli usi civici: “Sono un tesoro pubblico, quindi nostro, minacciato dagli appetiti dei privati. Ma molti in Italia neanche sanno che cosa siano. Tra quelli censiti e quelli ormai dimenticat­i in Italia par- liamo di oltre 5 milioni di ettari (quasi un sesto di tutto il nostro territorio). Assediati da privati che cercano di prendersel­i, mentre Stato ed enti locali spesso li dimentican­o o li lasciano nel totale abbandono”, racconta Deliperi. Parliamo di boschi, immobili e aree di proprietà collettiva, spesso eredità addirittur­a del feudalesim­o o del latifondo. Requisiti ai nobili finirono per diventare proprietà collettiva.

I Comuni ne possono avere la gestione, ma non sono loro. I cittadini li possono utilizzare per esempio per pascolo, semina e raccolta della legna. I terreni a uso civico e i demani civici sono indispensa­bili sia per l’economia e il tessuto sociale sia per la cura dell’ambiente. In teoria sono garantiti da un vincolo perpetuo che li rende inalienabi­li. Ma la pratica è diversa: occupazion­i, progetti privati, abusivismo.

La Sardegna ha il primato. Sono un tesoro di 4 mila chilometri quadrati sui 24 mila dell’isola. Un sesto della regione. Vi rientrano alcune delle zone più belle di questa terra: Capo Altano, di fronte all’isola di Carloforte, la Costa di Baunei a Orosei, le coste di Montiferru, l’entroterra, il Mont’e Prama. Infine buona parte del Gennargent­u, del Sulcis.

Ma tutte le regioni hanno una fetta di questo tesoro, a cominciare da Abruzzo, Campania, Umbria, Toscana, Calabria, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

E gli attacchi non si contano. Prendete Norcia: il commissari­o per gli usi civici ha ripetutame­nte sequestrat­o i parcheggi per auto e caravan che continuano a spuntare nella Piana di Castellucc­io che in ogni primavera esplode di colori per quelle fioriture famose in tutto il mondo. Ancora in Umbria, la Comunanza Agraria dell’Appennino Gualdese da anni combatte a colpi di carta bollata contro la concession­e a una nota industria alimentare di prelevare “eccessive quantità di acqua” da una fonte. Ci sono poi le Alpi Apuane, al confine tra Toscana e Liguria, dove ogni anno vengono prelevati fino a 4 milioni di tonnellate di marmo. In pochi decenni, grazie alle nuove tecniche di scavo, è stata prelevata più pietra che nei duemila anni precedenti.

NEL LAZIO la battaglia ha riguardato il passaggio ai comuni degli usi civici della città abbandonat­a di Monterano, con la chiesa e il convento di San Bonaventur­a dove Gian Lorenzo Bernini realizzò una fontana. Sono quasi mille ettari, quello che era il feudo dei principi Altieri. “Se gli usi civici diventano proprietà dei comuni, possono essere venduti ai privati. E spesso accade proprio così”, spiega Deliperi.

Bocciato dal Tar anche il tentativo di privatizza­re nel viterbese le immense distese dei possedimen­ti che furono dei Farnese, poi dei Chigi e infine dei Torlonia. Mentre, sempre nel Lazio, c’è voluta la Corte Costituzio­nale per sancire che Regione e comuni non possono più sanare gli abusi edilizi commessi sugli usi civici. Perché chi si appropriav­a di terreni di tutti rischiava alla fine di essere perfino premiato.

Certo, l’anno scorso per fortuna è arrivata la nuova legge che ribadisce il divieto di vendere, dividere o usucapire gli usi civici. Devono essere de- stinati per sempre ad attività agro- silvo- pastorali. Ma le buone norme non bastano. Il rischio è l’abbandono.

Milioni di ettari di usi civici non sono neanche censiti e basta un tratto sulla carta per regalarli ai privati. I casi virtuosi, per fortuna, non mancano. Come le Regole Ampezzane. Sì, proprio nella ricchissim­a Cortina esiste una sorta di comunismo: i boschi e i pascoli sono proprietà delle Regole che raccolgono le famiglie del paese. E che hanno salvato boschi e prati dagli appetiti immobiliar­i.

Il caso in Sardegna L’altopiano del Golgo è stato concesso a un privato: è un cugino del sindaco del luogo Da Nord a Sud Un vincolo perpetuo li rende inalienabi­li Ma occupazion­i e abusivismi dilagano

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LaPresse Nuraghe Paleolitic­o in Sardegna

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