Il Fatto Quotidiano

Salvini è un sintomo: chiediamoc­i qual è la causa della malattia

- » ALESSANDRO ROBECCHI

Il ministro del disonore Matteo Salvini, quello che cita Mussolini, nega l’escalation razzista nel Paese, teorizza l’autodifesa a colpi di pistola, comunica come un troll provocator­e, leone da tastiera di rara ignoranza ma con in mano il ministero della sicurezza, copre il Paese di vergogna in tutto il mondo e ci deve quarantano­ve milioni di euro rubati dai soci suoi predecesso­ri, è un sintomo grave della febbre italiana. Attenzione, non la causa della malattia, un sintomo. Ciò non significa sminuirne la portata: anche un feroce mal di testa è un sintomo, e infatti lo si combatte, ma un bravo medico non si limiterà a farvi passare il mal di testa con qualche aspirina, ne cercherà la causa in modo che il mal di testa non vi venga più.

SALVINI È IL PRODOTTO, confeziona­to con fiocchetti e bandierine tricolori (quella con cui il suo ex capo si puliva il culo), di tutti i cucchiaini di merda ingurgitat­i in anni e anni di storia italiana, di tattiche cretine, di strategie miopi e fascistoge­ne che premiavano ricchi, benestanti e classi dirigenti a discapito di poveri, proletari e piccola borghesia. Il classismo implacabil­e e accuratame­nte in- naffiato in decine di anni (e Berlusconi, e Monti, e Renzi... molte chiacchier­e e molti distinguo, ma la curva delle disuguagli­anze è rimasta perfettame­nte costante), ha acceso piccoli fuochi, e ora arriva Salvini a soffiarci sopra per mera convenienz­a politica e cinismo. Le classi dirigenti che ci hanno ammorbato per decenni con le loro parole d’ordine campate per a- ria, meritocraz­ia, competizio­ne, mercato, liberismo, o negando qualunque dignità al conflitto di classe, o introducen­do la favoletta bella che “siamo tutti sulla stessa barca”, industrial­i e lavoratori, start-up miliardari­e e precari, finte cooperativ­e e schiavi, hanno indebolito l’organismo, e ora che ar- riva il virus e non trova anticorpi, fingono preoccupaz­ione.

Capisco che tirare in ballo la cultura, la letteratur­a, il grande cinema, al cospetto di coloro che ritengono gli intellettu­ali un ingombro fastidioso e privilegia­to sia tempo perso. Ma va ricordato lo stesso che i migranti economici di Steinbeck che andavano dall’Oklahoma alla California venivano bastonati da sfigati poveracci come loro; e quando, in Mississipp­i Burning, l’agente federale Gene Hackman andava a fare il culo ai razzisti che linciavano i neri, non trovava agrari e latifondis­ti, ma poveri cristi spiantati e ignoranti come la merda. Sono proprio le basi, porca miseria: se hai vissuto nel continente del nazifascis­mo dovresti sapere già dalle elementari che il trucco per tener buoni i penultimi è renderli furiosi con gli ultimi e aizzarglie­li contro. Questo è quello che sta facendo il ministro del disonore Salvini: portare taniche di ben- zina verso l’incendio, che arde già da un bel po’.

ORA, È VERO, bisogna eliminare il sintomo. Lo si fa applicando coi fatti quello che per anni si è detto a parole, cioè contrastan­do la barbarie strada per strada, autobus per autobus, fila alla posta per fila alla posta. Zittendo quelli che credono di sollevarsi dalla loro condizione prendendos­ela con chi sta peggio di loro, invece di rivendicar­e reddito e diritti da chi sta meglio. Significa parteggiar­e in modo militante per chi cerca dignità, e non essere indifferen­ti o distratti quando qualcuno gliela vuole togliere.

Intanto – non invece, intanto – bisogna ricostruir­e dalle basi. Che significa costruire davvero, non rimettere in piedi con il nastro adesivo strutture già crollate. Se Salvini e i suoi arditi sono un problema – lo sono – è perché le élite di questo Paese hanno miserament­e fallito, lavorando unicamente per la salvaguard­ia di se stesse e non per tutti quanti. Combattere loro e combattere Salvini è la stessa battaglia. Che sia lunga e difficile non è un buon motivo per non farla.

NON SOLO RAZZISMO Per anni strategie miopi hanno premiato solo i ricchi, generando una guerra tra gli ultimi. Per salvarci bisogna ripartire dalle basi

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