Il Fatto Quotidiano

Voucher, l’Italia non vuole privarsi dei super precari

- » MARTA FANA

SIl Jobs Act porta il limite da 5 a 7 mila euro annui (a lavoratore) embra risolversi in un eufemismo il decreto Dignità con l’ipotesi, sempre più realistica, di una nuova liberalizz­azione dei voucher rispetto al regime attuale, introdotto poco più di un anno fa dal governo Gentiloni. I voucher, o buoni lavoro, erano stati oggetto di un vero e proprio scontro politico tra i governi delle larghe intese, da quello Monti fino a quello Gentiloni, e l’opinione pubblica e una parte dei sindacati, confederal­i e non. A oggi, l’ipotesi in discussion­e è quella di estendere i buoni lavoro al settore agricolo e a quello turistico alberghier­o, mentre sembra meno probabile la loro reintroduz­ione anche per gli enti locali.

IL DIBATTITO a cui si assiste in questi giorni ignora scientemen­te tutti gli argomenti e le analisi portate avanti fino al 2017, rispolvera­ndo la sempiterna idea per cui a maggiore flessibili­tà si accompagna un aumento occupazion­ale, come sottolinea Coldiretti che parla di un potenziale aumento di 30.000 rapporti di lavoro solo nel mese di agosto. Stesso discorso per gli attacchi all’introduzio­ne delle causali per i contratti a termine oltre i dodici mesi prevista del decreto. Una idea superata dai fatti e dalla ricerca scientific­a, ma difficile da scalfire nell’egemonia neoliberis­ta che governa i processi politici degli ultimi decenni. Il tema elude non a caso ogni argomento in merito alla qualità di questi rapporti: durata, diritti, libertà, ma soprattutt­o sovrappone in modo errato il concetto di rapporto di lavoro con quello di nuova occupazion­e.

Rimanendo al tema dei voucher, ripercorre­ndone la storia, è utile ribadire che l’esplosione dei buoni lavoro tra il 2012 e l’ultimo trimestre del 2016 fu rallentata in modo consistent­e non tanto dalla loro fittizia abolizione, bensì dall’introduzio­ne della tracciabil­ità per i datori di lavoro. Un riduzione intensific­atasi a partire da giugno 2017 con l’abolizione degli originari voucher e l’introduzio­ne dei contratti PrestO. L’occupazion­e non si è contratta da allora, ha mutato forme contrattua­li: dai voucher al lavoro inter- mittente (o a chiamata), che torna ad aumentare a tassi elevati. Sarebbe interessan­te chiedersi e indagare se e quanto i nuovi strumenti telematici non abbiano raggiunto una diffusione proporzion­almente coerente con i livelli precedenti a causa dei limiti imposti o a causa della scarsa capacità dei datori di lavoro di adeguarsi agli strumenti telematici. Acquistare un voucher al tabacchi risultava operazione a portata di tutti contrariam­ente alla registrazi­one attraverso il portale dell’Inps che richiede quelle minime capacità digitali non ancora universali in Italia. Quanto ai dati, il tasso di crescita dell’ultimo trimestre di quei diritti fondamenta­li previsti dalla Costituzio­ne ma in fondo anche dal buon senso in una società pervasa sempre più aggressiva­mente da elevati livelli di povertà tra i lavoratori. La povertà nel lavoro è allo stesso tempo l’anticamera del disagio economico a fine carriera quando dovranno essere contati i contributi versati dai lavoratori in vista della pensione. A conti fatti, a prescinder­e dai voucher, le aziende hanno a disposizio­ne una molteplici­tà di strumenti per perseverar­e nell’uso del lavoro discontinu­o e a basso costo, potendo al contempo far leva sulla rotazione e la ricattabil­ità dei lavoratori. Questo aspetto ormai caraterizz­a la nostra economia e non si vede un’inversione di rotta di cui invece ci sarebbe un gran bisogno. Il costo del lavoro, fin troppo basso per molte forme contrattua­li, a partire dai livelli salariali, deve essere considerat­o un freno alla crescita e non viceversa, rompendo definitiva­mente il solco ideologico attorno al quale si sono saldate sia la politica italiana sia buona parte delle istituzion­i del lavoro.

2009

Il governo Berlusconi toglie i limiti soggettivi 2012

La ministra Fornero li estende a tutti i settori 2013

Con Letta sparisce il riferiment­o alla occasional­ità 2015 2017

Gentiloni li abolisce ed evita il referendum Cgil. Due mesi dopo nascono i PrestO (con regole più rigide)

RESTA poi un ulteriore problema. La terziarizz­azione a scarsa produttivi­tà verso cui è virata l’economia italiana, che vede tra i settori in maggiore espansione quello turistico-alberghier­o e ristorativ­o: dal punto di vista sistemico questa dinamica non produrrà effetti solidi nel medio e lungo periodo. C’è da chiedersi se almeno la crescita contingent­e non debba essere distribuit­a equamente tra aziende e lavoratori, e allo stesso tempo se sia possibile avallare un sistema aziendale incapace di remunerare adeguatame­nte il suo maggiore fattore di produzione, il lavoro appunto. Relativame­nte all’agricoltur­a invece, dove sempre più spesso caporalato e schiavitù appaiono i tratti salienti delle relazioni industrial­i, l’estensione dei voucher appare un compromess­o al ribasso che volta le spalle alle questioni fondamenta­li che caratteriz­zano questo ramo dell’economia e in cui i vinti e gli sfruttati continuera­nno a riempire le file della disperazio­ne sociale a cui il paese risponde quotidiana­mente con atti di violenza tra gli ultimi.

Contratti a chiamata Dopo la stretta fatta ai ticket nel 2017

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