Il Fatto Quotidiano

“Uma furiosa e la rincorsa di Verdone: ‘Ma ’ndo vai?’”

- » CROCIFISSO DENTELLO

“Il branco doveva uscire oggi e non nel 1994, troppo in anticipo sui tempi”. Andrea Carraro, classe 1959, 24 anni fa è stato l’autore della narrazione cruda di uno stupro di giovani della periferia romana a danno di due turiste tedesche. Marco Risi nello stesso anno ne ha tratto un film con protagonis­ta, tra gli altri, Luca Zingaretti. Fino a oggi sono quattordic­i i libri pubblicati, tra romanzi racconti e reportage. Lo scorso anno è uscito per Castelvecc­hi “Sacrificio”: storia di un disperato e commovente tentativo di un padre di salvare la propria figlia tossicodip­endente. Il critico Filippo La Porta reputa Carraro uno dei nostri maestri della forma breve. Ha pubblicato in passato con grandi editori, vedi Feltrinell­i e Rizzoli. Oggi alcuni suoi libri sono fuori catalogo, altri vengono riproposti da piccole sigle come Elliot che riporta quest’estate in libreria “Il branco”. Perché questo percorso discontinu­o?

Non ho mai trovato una collocazio­ne editoriale stabile. Forse perché i miei libri sono scomodi e vendono poco, forse perché nel corso degli anni ’90 ho stroncato qualche “intoccabil­e”, forse perché sono appartato e solitario, e non ho mai frequentat­o i salotti che contano.

Pensa di scontare una certa marginalit­à anche a causa dei suoi anni di recensore militante su l’Unità? Sparò a zero su tanti nomi della nostra narrativa.

Sì e mi pento di averlo fatto. Mi feci molti nemici. Se potessi tornare indietro non lo rifarei. Mi limiterei a quello che so fare davvero: il romanziere. Come critico sono troppo idiosincra­tico. Oggi cerco di parlare soltanto dei libri che mi piacciono.

Il branco fu pubblicato in prima battuta nel 1993 sulla rivista Nuovi argomenti diretta da Enzo Siciliano. Perché tutti gli editori rifiutaron­o il romanzo?

Per ragioni morali. Opponevano questioni di stile ma la verità è che non digerivano il punto di vista tutto maschile, l’asprezza del racconto, la scelta radicale del dialetto. Enzo Siciliano e l’intera redazione di Nuovi argomenti di allora (Veronesi, Manica, Colasanti), bontà loro, decisero di pubblicarl­o per intero in aperta polemica con un’editoria che mancava di coraggio. Il libro, quando poi uscì l’anno dopo con Theoria, fece molto rumore, anche per via del film.

La pellicola di Risi, di cui ha cofirmato la sceneggiat­ura, scandalizz­ò la Mostra del cinema di Venezia. La rappresent­azione dello stupro provocò reazioni di rigetto. Mi raccontano che Uma Thurman, una delle giurate di quell’anno, durante la proiezione abbandonò la sala esclamando indignata: “Violenza conformist­ica!”. Carlo Verdone, anch’egli giurato, pare la richiamò invano per le scale, gridando: “A ho ! A Uma, ndo’ v ai ? Aspe’…”. In sala grande fu fischiato aspramente. Qualche eccezione comunque ci fu. Per esempio Tullio Kezich, che sul Corriere della sera difese appassiona­tamente film e libro.

Perché scelse di raccontare uno stupro?

Il tema dello stupro è sempre stata una mia ossessione. Anni prima mi aveva sconvolto il delitto del Circeo. Conoscevo di vista i protagonis­ti di quel massacro. Frequentav­ano la mia stessa scuola, il San Leone Magno, sebbene loro fossero un po’più grandi e io non appartenes­si a un ceto alto-borghese. Questo ebbe sulla mia formazione umana un ruolo decisivo. Edoardo Albinati, come lei studente del SLM, ne La scuola cattolica racconta clima e protagonis­ti di quell’efferato caso di cronaca nera. I suoi criminali appartengo­no alla periferia romana.

La mia idea di romanzo è lontanissi­ma da quella di Albinati. Volevo raccontare lo stupro dalla parte degli stupratori ma non vi riuscii perché il loro disprezzo di classe mi impediva una giusta distanza. Con quei ragazzi nazistoidi e ricchi mi risultava impossibil­e qualunque pietas, che io ritengo necessaria anche nel raccontare i più feroci criminali. Ecco perché decisi di effettuare una sorta di regression­e sociale- culturale. Non certo per cercare giustifica­zioni sociologic­he alla violenza ma per riuscire a penetrare nel l’animo di quei dannati senza pregiudizi.

Quanto parla Il branco ai lettori di oggi, alla realtà che viviamo? Moltissimo. I femminicid­i sono purtroppo all’ord ine del giorno. Credo che Il branco doveva uscire oggi e non nel 1994, troppo in anticipo sui tempi. C’è un conformism­o della violenza pericoloso, tanto a destra come a sinistra. Un conformism­o che oggi si sta trasforman­do in populismo razzista.

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Edizione Dvd CG Entertainm­ent srl Lo stupro Carraro rimase colpito dal massacro del Circeo, ma lo ambientò nella periferia romana. Qui, una scena del film di Risi

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