Il Fatto Quotidiano

“Il lato umano di Escobar ci fa capire perché poi è diventato un mostro”

- » DANIELE SANZONE

“Sono

il fuoco che brucia la tua pelle / sono l’acqua che ti disseta…” canta Rodrigo Amarante nella struggente Tuyo, colonna sonora della fortunatis­sima serie Netflix Narcos, dedicata al narcotraff­ico. Parole e musica che hanno fatto conoscere il cantautore e musicista brasiliano in tutto il mondo. Una canzone diventata tutt’uno con le immagini che hanno raccontato l’epopea criminale di Pablo Escobar, interpreta­to dall’attore brasiliano, Wagner Moura.

Rodrigo Amarante è venuto in Italia per una serie di con- certi, tra cui il Locus Festival di Locorotond­o, dove si è presentato vestito interament­e di bianco con la sua chitarra, bianca, del 1920. E per più di un’ora ha incantato il pubblico pugliese con le canzoni di Cavalo, il disco d’esordio solista uscito nel 2013, e i successi dei suoi gruppi storici: Los Hermanos, Little Joy e l’Orquestra Imperial.

A breve uscirà la quarta stagione di Narcos, cosa pensa della serie? Penso sia utile, le più grandi storie sui “mostri” mirano a u- manizzarli, in modo da mostrarci quello che è dentro di noi. Sebbene Pablo Escobar fosse un mostro terribile, lo scopo di quella storia dovrebbe essere quello di non separare mai noi stessi da lui, ma provare a comprender­e cosa abbiamo fatto per produrre quel mostro.

Ma “umanizzand­olo” non crede si rischi di mitizzare ancora di più la sua figura?

Sì, potrebbe accadere che raccontand­olo si celebri il gangster. Io ho provato con la mia canzone a dare a questo mostro un cuore. Faccio un esempio: Donald Trump è una persona orribile. Ma gli Stati Uniti devono capire che Donald Trump è il risultato della loro cultura; quindi lo dobbiamo vedere come uno dei nostri figli. Quale cultura produce un bambino del genere? È a questo che dovremmo pensare e sentirne la responsabi­lità. La missione è guardare al futuro, porre il focus sui bambini di oggi.

Ha scritto Tuyopensan­do a una canzone che la madre di Pablo avrebbe potuto ascoltare quando Pablo era bambino. M’interessav­a tornare indietro, per vedere Pablo bambino, per capire cosa l’ha portato ad essere Escobar, cosa è accaduto nel suo cuore. E quindi l’ho avvicinato a noi, mi sono caricato della responsabi­lità di Pablo.

In che senso?

Credo che Pablo volesse diventare l’uomo che sua madre voleva che fosse, voleva diventare l’uomo “di sua madre”. E sua madre era una persona dura, diceva a Pablo, secondo me: “Non credere a nessuno. Non ti fidare di nessuno. Prenditi ciò che vuoi”. Quindi, io ho dato a lei la responsabi­lità, e in quel senso, l’ho data a tutti noi laddove cresciamo i nostri figli, in qualità di famiglia e di Stato.

Era già stato in Italia?

Sono venuto poche volte e una volta ho guidato da Milano a Napoli, mangiando e ingrassand­o moltissimo ( ride indicando la pancia, ndr), e provando a imparare un po’ di italiano.

Qual è la città italiana che preferisce e perché?

Potrebbe sembrare che io voglia compiacerl­a, ma Napoli è la mia preferita. Forse perché la mia famiglia proviene dal sud Italia, mia nonna napoletana e mio nonno siciliano, e quando sono stato a Napoli ho potuto sentire il senso di umanità, nei modi, nella parlata, nel cibo.

Qual è il suo piatto italiano preferito?

Mi piace mangiare le specialità della tradizione di ciascun posto in cui vado.

Che tipo di musica ascolta? Tutti i tipi. Mi piace molto la musica d’annata, folk, africana, latina, mediorient­ale. Mi piace la musica che c’era prima dei cambiament­i globali, perché in quella posso assaporare gli accenti, i ritmi, le melodie, le loro espression­i originali.

Se dovesse descrivers­i con tre parole, quali scegliereb­be? “Singer pretending to write”, un cantante che fa finta di scrivere.

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Il cantautore e musicista brasiliano Rodrigo Amarante

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