Il dl Aglietto ( già Dignità) e i numeri Istat sul lavoro
La dignità, si sa, è cosa rilevantissima. Non solo: ha anche la caratteristica, notata da Karl Kraus, di essere assente lì dove uno presume sia e comparire, invece, a sorpresa. È quindi del tutto ovvio che in un decreto chiamato “Dignità” ve ne sia poca, ma qui si esagera. Il tutto era iniziato con un provvedimento che voleva dare il segnale di un’inversione di rotta limitando la liberalizzazione selvaggia del lavoro a termine realizzata negli anni scorsi. Poi la Lega ha sentito il vento del Nord e allora, in fase di scrit- tura, il decreto s’è un po’ annacquato: poi, con l’arrivo alla Camera, l’alluvione che ha portato con sé persino un ampliamento dell’uso dei voucher, uso peraltro esteso da 3 a 10 giorni dalla loro emissione (un modo per coprire meglio eventuale lavoro nero). Ora che Montecitorio va verso il voto finale, e visto che qualche buona norma c’è, proponiamo a Luigi Di Maio di ribattezzarlo “Decreto Aglietto” (dal modo di dire romanesco - riconsolati con... cioè con poco - che ci capita spesso di usare in rapporto ai 5 Stelle). Curioso che i lavori in Aula coincidano con l’arrivo dei dati sul lavoro di giugno: disoccupati, inattivi e sottoccupati sono, in totale, più o meno lì dove sono stati in questi ultimi anni (cioè a un livello incompatibile con la Costituzione), mentre tra gli occupati crescono, e da tempo, solo i precari. I lavoratori “a termine” sono oggi oltre 3,1 milioni, record assoluto e in rapporto al totale, quelli “stabili” calano ancora. Ecco, le nonne e i medici dicono faccia molto bene, ma non siamo sicuri che la cura sia l’aglietto.