Il Fatto Quotidiano

Il dl Aglietto ( già Dignità) e i numeri Istat sul lavoro

- » MARCO PALOMBI

La dignità, si sa, è cosa rilevantis­sima. Non solo: ha anche la caratteris­tica, notata da Karl Kraus, di essere assente lì dove uno presume sia e comparire, invece, a sorpresa. È quindi del tutto ovvio che in un decreto chiamato “Dignità” ve ne sia poca, ma qui si esagera. Il tutto era iniziato con un provvedime­nto che voleva dare il segnale di un’inversione di rotta limitando la liberalizz­azione selvaggia del lavoro a termine realizzata negli anni scorsi. Poi la Lega ha sentito il vento del Nord e allora, in fase di scrit- tura, il decreto s’è un po’ annacquato: poi, con l’arrivo alla Camera, l’alluvione che ha portato con sé persino un ampliament­o dell’uso dei voucher, uso peraltro esteso da 3 a 10 giorni dalla loro emissione (un modo per coprire meglio eventuale lavoro nero). Ora che Montecitor­io va verso il voto finale, e visto che qualche buona norma c’è, proponiamo a Luigi Di Maio di ribattezza­rlo “Decreto Aglietto” (dal modo di dire romanesco - riconsolat­i con... cioè con poco - che ci capita spesso di usare in rapporto ai 5 Stelle). Curioso che i lavori in Aula coincidano con l’arrivo dei dati sul lavoro di giugno: disoccupat­i, inattivi e sottoccupa­ti sono, in totale, più o meno lì dove sono stati in questi ultimi anni (cioè a un livello incompatib­ile con la Costituzio­ne), mentre tra gli occupati crescono, e da tempo, solo i precari. I lavoratori “a termine” sono oggi oltre 3,1 milioni, record assoluto e in rapporto al totale, quelli “stabili” calano ancora. Ecco, le nonne e i medici dicono faccia molto bene, ma non siamo sicuri che la cura sia l’aglietto.

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