Primo sì al decreto Dignità: l’asse con la Lega lo ha annacquato
Stretta sui precari (da ottobre) ma anche voucher più facili. Ecco cosa cambia per i lavoratori
Il decreto Dignità ha superato la prova della Camera e ora passa al Senato per l’approvazione definitiva. Dopo l’esame di Montecitorio, il provvedimento esce modificato, in alcuni passaggi annacquato.
Nonostante le diversità di vedute in maggioranza, non è servita la fiducia: necessaria, a tal fine, è stata l’attività del ministro per i Rapporti col Parlamento Riccardo Fraccaro. A cambiare il testo uscito dal Consiglio dei ministri il 2 luglio sono state soprattutto le commissioni, mentre l’Aula si è limitata a limare alcuni aspetti. Ecco quindi che cosa prevede la nuova versione del decreto, che sarà legge dopo aver ottenuto il semaforo verde a Palazzo Madama.
STRETTA SUL PRECARIATO. Come previsto fin dalla stesura del decreto, sarà più difficile usare contratti a tempo determinato: ogni rapporto non potrà essere rinnovato più di quattro volte (prima erano cinque) e non potrà superare i 24 mesi (prima erano 36). Nei contratti che durano più di un anno, bisognerà indicare le causali, cioè il motivo per cui l’azienda usa il lavoratore a termine. Lo stesso vale per i rinnovi. Nel passaggio parlamentare, però, è stato introdotto un periodo transitorio per permettere alle imprese di adeguarsi alle novità. I contratti che erano in vigore il 14 luglio potranno essere, entro il 31 ottobre, rinnovati secondo le vecchie norme (quindi anche per la quinta volta, oltre i 24 mesi e senza causale). Questo potrebbe trasformarsi in una beffa per quei lavoratori che negli scorsi giorni sono già stati mandati a casa e sostituiti dai propri datori, che hanno applicato il testo originario del decreto che non conteneva il periodo cuscinetto fino al primo novembre. Le commissioni, inoltre, hanno previsto una sanzione per le aziende che non rispettano le nuove regole: il contratto si trasforma automaticamente a tempo indeterminato. Ogni datore potrà usare personale a termine o interinale massimo nella misura del 30% rispetto agli stabili (non più il 20% oggi in vigore).
Niente articolo 18 Salgono i risarcimenti per i licenziati. Tornano le causali e stop ai rinnovi dopo 24 mesi Torna il bonus Estesi al 2019 e al 2020 gli incentivi per chi assume giovani under 35
CAMBIA L’INTERINALE. Secondo le vecchie regole, al lavoro in somministrazione , cioè quello che le agenzie forniscono alle aziende, non si applicavano i limiti temporali tipici del tempo determina- to. Il decreto Dignità uscito dal Cdm aveva invece totalmente parificato le due tipologie. Le agenzie interinali hanno protestato e le commissioni hanno ridotto la portata del provvedimento. Ora i limiti si applicano solo al l’utilizzatore, cioè all’azienda che usa i lavoratori “in affitto”, e non anche all’agenzia che somministra ( che, formalmente, è titolare del rapporto di lavoro). Quindi lo stesso lavoratore non potrà essere inviato presso la stessa impresa per più di 24 mesi. Dalla stretta sul lavoro interinale vengono esentati i portuali. La somministrazione fraudolenta, quella che ha il solo obiettivo di eludere i contratti, torna a essere un reato: la sanzione è molto lieve (20 euro per lavoratore).
TORNANO I VOUCHER. Il passaggio più contestato riguarda il lavoro accessorio: i vincoli vengono alleggeriti per le imprese agricole e quelle del turismo. Nel caso degli alberghi, i voucher potranno essere usati da quelli che hanno meno di otto dipendenti a tempo indeterminato (e non più cinque). Le strutture ricettive, insomma, potranno evitare di applicare i contratti stagionali (più costosi perché garantiscono più tutele ai lavoratori) e usare i voucher purché il totale delle retribuzioni degli addetti pagati con questo strumento non superi i 5 mila euro (2.500 per lavoratore). I sindacati stanno protestando da giorni. “Quelli pagati con i voucher - spiega Stefano Franzoni di Uil Tucs - non avranno gli straordinari pagati, per fare un esempio, e non potranno accumulare contributi per il sussidio di disoccupazione”. Sia per gli alberghi sia per le aziende agricole è permesso di utilizzare il “voucherista” entro dieci giorni dalla comunicazione all’Inps.
LICENZIAMENTI INGIUSTI. Nel decreto non c’è stato spazio per il ritorno dell’articolo 18, promesso in campagna elettorale dai Cinque Stelle. Il testo, però, aumenta i risarcimenti per i licenziati: il minimo passa da quattro a sei mensilità; il massimo da 24 a 36. Il Pd aveva presentato un emendamento per tagliare gli indennizzi ma poi ha fatto marcia indietro. Leu, invece, proponeva di ripristinare l’articolo 18, con il diritto al reintegro, ma l’emendamento è stato bocciato. La modifica proposta dal Pd, con l’aumento degli indennizzi in caso di conciliazione è stato approvata: il minimo passa da due a tre mensilità, il massimo da 18 a 27.
BONUS ASSUNZIONI. Assenti nel testo originario del decreto, gli incentivi per le imprese che assumono sono entrati dalla finestra del passaggio parlamentare. Si tratta però di un intervento molto limitato: i bonus introdotti dal governo Gentiloni si applicheranno agli under 35 (e non solo agli under 30, come previsto dalla norma precedente) anche negli anni 2019 e 2020.
MULTE A CHI DELOCALIZZA. Le imprese che hanno preso aiuti pubblici e poi si spostano all’estero saranno multate, dice il decreto. In sede di conversione, però, è stato ristretto il raggio d’azione: si potrà sanzionare solo l’azienda che trasferisce “l’attività economica specificamente incentivata”. Comunque, per chi si sposta restando in Ue (area di libera circolazione) la multa si può irrogare solo se l’aiuto era destinato a “investimenti specificamente localizzati ai fini dell’attribuzione del beneficio”. Restano salvi i finanziamenti già concessi e i bandi già pubblicati.
BASTA SPOT AI GIOCHI. Viene vietata la pubblicità al gioco d’azzardo; alla Camera sono state aumentate le sanzioni per chi viola il divieto. Approvato, inoltre, l’emendamento del Pd per il quale sui gratta e vinci ci sarà la scritta “nuoce alla salute”.
MISURE FISCALI. Lo split payment, il meccanismo per il quale lo Stato trattiene l’Iva per i suoi pagamenti, viene cancellato per i professionisti. Questo era scritto nel decreto e così è rimasto. Nel passaggio in commissione è stata aggiunta al 2018 la compensazione delle cartelle esattoriali per quelle imprese che abbiano crediti nei confronti della pubblica amministrazione.