Il Fatto Quotidiano

Le fabbriche dei troll di Putin: Stachanov sta piangendo

- » MARCO PALOMBI

Era tanto che non si parlava di fabbriche sui giornali. Almeno di quelle aperte. Ieri, invece, sono tornate in auge grazie a Vladimir Putin, che ne ha alcune “di troll” per influenzar­e l’opinione pubblica mondiale. Ora noi – non è una battuta – non abbiamo alcun bisogno di prove per essere sicuri che la Russia organizzi operazioni di propaganda all’estero, come d’altra parte non ce ne servono per sapere che lo stesso fanno gli Stati Uniti, la Francia e forse persino l’Italia. La cosa che ci stupisce dell’ennesima puntata delle grandi inchieste Usa sui troll russi – riprese dai media italiani – sono i numeri: stavolta gli americani hanno trovato 1.500 tweet (in gran parte retweet) attribuibi­li ai propagandi­sti putiniani e riferibili all’Italia nell’arco di tempo che va dal febbraio 2012 al maggio 2018 (0,6 al giorno). Anche a contarne cento volte di più, cioè 150mila, va considerat­o che, fino a ieri, nel solo 2018 il totale dei tweet nel mondo è stato superiore a 150 miliardi: pensate quanto sono bravi questi troll di Putin che con la miseria di 1.500 (o anche 150mila) tweet in sei anni riescono a influenzar­e le elezioni in Italia. E pensate quanto sarebbe triste, fosse vivo, il povero Aleksei Stachanov, eroe del lavoro socialista, che s’affannava a tirar su carbone nel Donbass per fare più grande lo stato sovietico: lui stava ore in miniera a farsi il mazzo e questi troll scrivono sì e no una cazzata al giorno e Mosca conquista altre nazioni senza sparare un colpo. Un’ingiustizi­a, ma anche la prova che in Russia col capitalism­o la produttivi­tà è assai aumentata ( disclaimer: ironia).

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