Fontana: “Via il dl Mancino” Di Maio e Conte: “No, resta”
La Mancino Fontana la spara grossa: “È lo scudo dei globalisti anti-italiani” Salvini è d’accordo, “ma non è la priorità”. Conte e M5S prendono le distanze
Opposizioni Pd e LeU: “Il governo ormai è fascista” Spadafora (5Stelle): “La norma va estesa” Questo tema non è nel contratto di governo e serve solo a distrarre dalle vere esigenze
LUIGI DI MAIO Fontana ha ragione: alle idee si oppongono le idee, non le manette Ma non è una delle priorità del governo
MATTEO SALVINI
La salvinata del giorno la pronuncia (di nuovo) Lorenzo Fontana, ministro della Famiglia e della Disabilità leghista: vuole abolire la legge Mancino, quella che punisce la propaganda razzista, gli atti di discriminazione per motivi etnici, nazionali o religiosi, gli slogan fascisti. Secondo Fontana la legge Mancino “si è trasformata in una sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano”.
LO SCHEMA della comunicazione leghista è facilmente riconoscibile: un esponente del partito (in genere Salvini stesso) lancia una proposta provocatoria, estremista o comunque non contemplata nel patto di governo stipulato con gli alleati grillini. Le opposizioni protestano. I Cinque Stelle (e il premier Giuseppe Conte) sono costretti a marcare precipitosamente le distanze. Poi la Lega ritira la proposta o se ne rimangia una parte, ma intanto l’obiettivo è raggiunto: l’elettorato di destra viene galvanizzato, la dichiarazione sopra le righe diventa la notizia del giorno (non si parla mai di lavoro, di economia, di fisco, ma di migranti o antifascismo) e i salviniani, nel bene o nel male, restano al centro del sistema mediatico. In questo senso Fontana – che alle cariche nella Lega somma il ruolo da tesoriere nella Fondation pour une Europe des Nations et des Libertés (Fondazione per un’Europa delle Nazioni e della Libertà, affiliata al gruppo dei partiti europei di estrema destra fondato da Marine Le Pen) – è uno dei più prolifici. Nei primi mesi di governo si è distinto per le crociate antiabortiste e per un’attenzione molto insistente nei confronti dei diritti degli omosessuali (“Le famiglie gay non esistono”,“La famiglia sia quella naturale, dove un bambino deve avere una mamma e un papà”, “Bisogna fermare la trascrizione nei registri dello stati civile dei bimbi nati all’estero, figli di coppie dello stesso sesso”).
Fontana spara, Salvini ricu- ce (senza mai delegittimarlo). Ieri il capo della Lega ha in qualche modo benedetto le parole del suo ministro sull’abolizione della legge Mancino, cavallo di battaglia del nuovo Carroccio nazionalista: “Già in passato la Lega aveva proposto di abolirla. Sono d’a ccordo con la proposta di Fontana: alle idee si cont r a p po n g ono altre idee, non le manett e”, ha detto all’An sa . Poi ha specificato: “Non è comunque una priorità del governo e della Lega”.
ANCHE perché nell’altra faccia del mondo gialloverde, il protagonismo del ministro veronese non è apprezzato. Luigi Di Maio ha risposto in tempi brevi e con risolutezza inusuale: “Questo tema non è nel contratto di governo e serve solo a distrarre dalle reali esigenze del Paese”. Il premier Conte ha aggiunto: “Ritengo la legge Mancino uno strumento sacrosanto contro violenza e discriminazioni”. La voce più critica è di nuovo quella di uno degli uomini più vicini a Di Maio, il sottosegretario Vincenzo Spadafora (titolare della delega alle Pari Opportunità): “Non solo siamo contrari all’abolizione della legge ma vorremmo renderla ancora più incisiva, estendendola anche all’omofobia”. L’insofferenza di Spadafora era emersa già dopo le sparate leghiste su diritti gay e antirazzismo: è un termometro che misura la tensione tra gli alleati. Un governo che Pd e LeU hanno defi- nito, con varie sfumature, ormai “apertamente fascista”. Non è chiaro quanto a lungo la Lega possa stressare il rapporto con Di Maio e i suoi. Salvini ha ribadito che le priorità sarebbero “lavoro, tasse, giustizia e sicurezza”. Temi – eccetto l’ultimo – di cui la sua propaganda non si occupa mai.