Consob, vacilla la versione di Nava al Colle
La novità Altro che distacco, il neo presidente agisce “in comando” da Bruxelles. Le norme lo vietano
La posizione di Mario Nava alla guida della Consob traballa sempre di più. Non c’è solo il governo, per decisione del premier Giuseppe Conte, che ha chiesto le carte relative alla sua nomina, sotto attacco di Lega e M5s. C’è soprattutto una novità dirompente: Nava non sarebbe in semplice “dis ta cc o ” dalla Commissione europea, ma “in comando”, cioè in nome e per conto di Bruxelles. La novità emerge dal parere espresso dall’avvocato generale dell’Authority di Borsa, Fabio Biagianti. A questo si aggiungono le incongruenze tra i documenti ufficiali e quanto sta emergendo.
BREVEriassunto. Nava - nominato dal governo Gentiloni prima di Natale - ha deciso di restare formalmente un dipendente di Bruxelles, dove guidava la Direzione mercati finanziari, mettendosi in “distacco” anziché in aspettativa come chiede la legge istitutiva dell’Authority. Il distacco, peraltro, è triennale, mentre l’incarico Consob è di 7 anni. Una stranezza che non ha impedito a Palazzo Chigi di nominarlo, dopo una trattativa con Bruxelles di 4 mesi. Il Quirinale ha vidimato la decisione senza fare valutazioni giuridiche, e la Corte dei Conti l’ha registrata, ma con una riserva legata proprio alla stranezza del distacco triennale. Lega e M5s hanno depositato interrogazioni parlamentari chiedendo al governo di rivedere la nomina.
Al momento di insediarsi, il 16 aprile, Nava ha dichiarato di non avere cause di incompatibilità, senza però convincere i commissari del collegio, che hanno chiesto un parere a Biagianti. Il tema riguardava proprio la natura del distacco, visto il dubbio che si potesse trattare di altro. Biagianti do- po aver interloquito con Nava, ha lasciato tutti di stucco consegnando - notata anche dal Sole 24 Ore - un parere in cui si spiega che il neo presidente è “in comando”, non in distacco, anche perché quest’u lti mo non sarebbe previsto dallo statuto dei lavoratori europei. La differenza è rilevante: il comando implica una dipendenza sostanziale da Bruxelles, anche gerarchica, e diversi obblighi normativi, come quello di rendicontazione, di segnalazione delle pratiche, di ottenere l’autorizzazione preventiva per un’attività esterna, di lealtà verso l’Ue. In pratica Nava presiederebbe un’autorità indipendente italiana in nome e per conto del suo datore di lavoro, che è la Commissione. La seconda anomalia è che i documenti ufficiali, sia di Palazzo Chigi che della Corte dei conti menzionano solo il distacco, mai il comando. Come è possibile? Solo un problema di traduzione? O c’è dell’altro?
IL COLLEGIO dei commissari ha preso atto del parere, consegnato al governo. Il regolamento Consob prevede che il collegio, qualora incorrano incompatibilità dei suoi membri, le segnali al premier. Al momento non è successo. La spiegazione fatta filtrare è che le norme si riferiscano solo a incompatibilità sopravvenute, non a monte della nomina, come nel caso di Nava. Una versione che però Palazzo Chigi - a cui spetta la valutazione di legittimità dei regolamenti Consob - non condivide, al punto che, quando ha rivelato di aver chiesto le carte, ha ribadito di attendersi l’esito della valutazione del collegio. La situazione di Nava espone la Consob a rischio di ricorsi per qualsiasi atto, mentre il malumore nei palazzi romani, anche sul Colle più alto, cresce sempre di più. Nessuno, però, sembra voler assumersi la responsabilità di dire che il Re è nudo.
La scelta
Non si è messo in aspettativa dalla Commissione come prevede la legge istitutiva