“Un bravo ragazzo rovinato dalle cattive amicizie”
11 SETTEMBRE La madre di Osama bin Laden parla al “Guardian”
Per rompere un silenzio di anni ha scelto Martin Chulov, corrispondente veterano del Gu a r di a n dal Medio Oriente. Alia Ghanem lo ha ricevuto nella sua casa di Jedda, in Arabia Saudita, per un lungo, intimo colloquio sul suo primogenito. Alia è la madre di Osama bin Laden.
Nelle foto che accompagnano l’articolo appare come una settantenne con il trucco pesante sotto l’hijab di un rosa acceso. Sul tavolino del salotto della ricca abitazione di famiglia troneggia un ritratto di Osama in uniforme militare e posa ieratica.
Lei ne parla con affetto e nostalgia, come di un figlio ancora amatissimo: “La mia vita era molto difficile perché lui era così lontano. Era un bravissimo ragazzo e mi amava moltissimo”.
AL COLLOQUIO sono presenti i due fratelli minori Ahmad e Hassan e il padre adottivo Mohammad Al- Attas, che ha cresciuto Osama da quando aveva tre anni. Intervengono nella conversazione, ma Chulov chiarisce che è lei, la madre, a condurla, cercando di imporre la sua versione edulcorata, assolutoria della vita del figlio. Un giovane studioso, serio, orgoglio della famiglia, rispettato da tutti.
“Era un bravissimo ragazzo finché non ha incontrato delle persone che gli hanno fatto il lavaggio del cervello quando aveva 20 anni. Una specie di setta. Gli dicevo di stare lontano da loro, ma non ammetteva cosa stava facendo perché mi amava così tanto”.
E invece il timido ventenne la- scia gli agi, combatte in Afghanistan con i mujaheddin contro l’Armata Rossa, poi ripara in Sudan. Diventa il capo riconosciuto di al-Qaeda.
Ahmad aspetta che la madre esca dalla stanza per raccontare l’altra verità: “Rimasi sconvolto dalle notizie provenienti da New York (gli attacchi del 2001 alle Torri Gemelle e a Washington che fecero 2.976 morti e circa 6000 feriti, ndr). Capimmo subito che era stato lui e ci sentimmo tutti pieni di vergogna”.
DOPO GLI ATTENTATI la famiglia, allora distribuita fra Siria, il Libano, l’Egitto e l’Europa, è stata costretta a tornare in Arabia Saudita, soggetta a controlli, interrogatori, restrizioni alla libertà di movimento.
“Dopo 17 anni lei continua a rifiutare la realtà. Dà la colpa agli altri. Ne ricorda solo la dolcezza. Non ne ha mai visto il volto jihadista”.
L’eredità ideologica dell’Osama jihadista è ancora ben presente fuori e dentro un’Arabia Saudita che l’erede al trono, Mohammed bin Salman, sta cercando di modernizzare, con riforme mal viste dalla componente wahabita di cui Bin Laden era il campione. Eppure, prima della svolta riformatrice, della corrente wahabita e delle imprese di Bin Laden la famiglia Bin Salman è stata una generosa finanziatrice.
DI PADRE IN FIGLIO. Oggi, a prendere il posto di Osama sembra destinato il figlio minore, il 29enne Hamza. Starebbe combattendo in Afghanistan, dove il padre si era formato militarmente, e lo scorso anno è stato inserito nella lista dei terroristi globali del Dipartimento per la sicurezza Usa. Ha dichiarato di voler vendicare il padre, sotto gli auspici del nuovo leader di alQaeda, quell’Ayman al-Zawahiri che di Osama era il vice. Di quel padre lui non si è mai vergognato.