Autocertificazioni e Regioni ribelli: la verità sui vaccini
Le Regioni vogliono appellarsi alla Consulta, ma l’esito e gli estremi non sono scontati
Dalle proroghe alle Regioni che minacciano ricorsi: al via un’altra stagione di polemiche sui vaccini dopo i due emendamenti di Lega e M5s al Milleproroghe per cancellarne l’obbligo per le scuole dell’infanzia e, qualora il decreto non fosse approvato in tempo, per il mantenimento dell’autocertificazione come unico vincolo.
PROROGHE. Lo slittamento dell’obbligo al 2019-2020 sarebbe la seconda proroga in due anni: il decreto Lorenzin aveva spostato al 2018 la scadenza per presentare la documentazione ufficiale (10 marzo e 10 luglio) dell’avvenuta immunizzazione. L’ex ministra aveva parlato di una “fase di transizione” necessaria per permettere alla macchina di avviarsi, alle aziende ospedaliere di adeguarsi. Solo dopo ci sarebbero state sanzioni e allontanamenti dagli istituti. Le nuove autocertificazioni, invece, non hanno scadenza.
REATI. Dal punto di vista del ministero, un’autocertificazione non veritiera è comunque a rischio di reato di falso in atto pubblico. I dieci vaccini, infatti, restano obbligatori. Ma c’è il primo nodo è: chi dovrebbe controllare? Sempre la scuola. Tra uffici senza perso- nale e l’assenza della connessione vaccino-iscrizione, è difficile che gli istituti si dedichino a una mansione così impegnativa in aggiunta a quelle tradizionali. Ieri, il periodico Tuttoscuola ha messo in dubbio la validità della misura sostenendo che per legge non sia possibile autocertificare la condizione di salute: “Certamente non è una nota ministeriale a modificare la normativa di settore.”
MODIFICHE. L’idea del governo è di emanare una legge che adegui le vaccinazioni alle necessità locali, sulla base di eventuali problemi nelle coperture vaccinali. Per farlo c’è però bisogno di un monitoraggio puntuale e di un’anagrafe vaccinale che contenga elenchi dei bambini vaccinati, da vaccinare o non vaccinabili. È anche previsto un finanziamento di 2 milioni di euro. I sistemi di monitoraggio locali sono an- cora lacunosi e differenti tra loro, le banche dati non dialogano. Alcuni sostengono che il piano richiederebbe almeno due anni, durante i quali si rischia la riduzione delle coperture (aumentate del 4%).
RICORSI. Intanto, nei giorni scorsi molte Regioni hanno annunciato ricorsi alla Consulta. “La competenza sulla sanità è sia dello Stato che delle Regioni – spiega il costituzionalista Enzo di Salvatore - ma i livelli essenziali delle prestazioni sono invece competenza dello Stato”. In pratica, è lo Stato che stabilisce dove arrivano i livelli essenziali che riguardano i diritti. “L’eventuale conflitto d’attribuzione potrebbe riguardare l’impugnazione di un provvedimento che non sia una Legge (come un decreto ministeriale o un atto amministrativo). Una legge andrebbe invece impugnata entro 60 giorni e la motiva- zione potrebbe essere l’invasione della competenza regionale”. Il coinvolgimento delle Regioni infatti, non è previsto per la stesura delle leggi mentre può essere richiesto nei casi in cui si produce un atto amministrativo. “Funziona così: lo Stato stabilisce i principi e le Regioni fanno il resto. Se però lo Stato dovesse ritenere che ci siano esigenze di carattere unitario da salvaguardare in modo uniforme sul territorio, può entrare anche nel dettaglio e al massimo, poi, prevedere il coinvolgimento delle Regioni tramite un accordo”. A novembre, ad esempio, la Consulta ha respinto i ricorsi presentati dal Veneto perché la scelta dell’obbligo vaccinale “spetta al legislatore nazionale”. Poi però ha specificato: “È una scelta ragionevole per difendere la salute collettiva, prevenendo la diffusione delle malattie”.