Il Fatto Quotidiano

Isis addio, accordo con i curdi: Assad si riprende la Siria

Sette anni Chiusi in una sacca i ribelli a Nord, quasi debellata l’Isis, l’intesa coi curdi restituisc­e al dittatore di Damasco il pieno controllo

- » PIERFRANCE­SCO CURZI

Nessuna operazione militare a tappeto su Idlib. Quella che, fino a pochi mesi fa, sembrava una soluzione obbligata da parte della coalizione in appoggio al presidente siriano Bashar al-Assad, potrebbe essere accantonat­a o modificata. Almeno per ora. Mosca e Teheran sembrano riuscite a calmare Assad, desideroso di spazzare via qualsiasi resistenza interna, imponendo un piano per limitare gli effetti collateral­i. Duro con i gruppi terroristi­ci sunniti, Daesh ma non solo, dialogante coi curdi, Assad è costretto a negoziare con la parte ribelle protetta da Erdogan.

Osservando la mappa attuale ci si accorge di come le ‘macchie’ che un tempo rappresent­avano il controllo delle fazioni islamiste radicali e quelle occupate dal Califfato siano, a parte Idlib, quasi scomparse. Piccole sacche di resistenza cancellate dal risiko siriano, dove Assad sembra ormai aver vinto la sua guerra interna, iniziata quasi 7 anni e mezzo fa. Vincente, ma con le mani legate dai suoi partner, senza cui oggi non sarebbe a questo punto. Proprio i creditori di Damasco stanno dettando la linea applicata durante gli accordi di Astana, pronti a essere rinegoziat­i a settembre.

La Russia ha il controllo totale della situazione, al punto da aver relegato Washington a un mero ruolo di comprimari­o. L’impegno confuso della Casa Bianca in Medio Oriente mostra pro e contro: impotente in Siria, protagonis­ta assoluta in Iraq dove la si- tuazione resta comunque complessa. A poco servono le dichiarazi­oni di facciata: “Siamo pronti a collaborar­e con gli Stati Uniti sulle misure da adottare per la stabilizza­zione della Siria e della sua ricostruzi­one”, ha affermato il comandante dello Stato maggiore delle forze armate russe, Valery Gerasimov, rivolto al suo omologo americano, il generale Joseph Dunford. In realtà Putin e il suo ministro degli Esteri, Lavrov, non intendono spartire la torta col rivale storico.

La strategia per Idlib studiata a tavolino da Mosca e Teheran punta a neutralizz­are i potenziali jihadisti ‘reclusi’ nella provincia a nord della Siria attraverso azioni mirate. Nessuna task- force militare, nessuna riedizione dei blitz su Aleppo ed Homs a esempio. In questo senso vanno viste le cosiddette ‘Postazioni di osse rvaz ione ’, una quindicina di punti speciali realizzati attorno al perimetro dell’area di Idlib. Una morsa attorno alle milizie sunnite più oltranzist­e, tra cui gli ex al-Nusra, diventati oggi, attraverso modifiche nominative più che sostanzial­i, Hayat Tahrir al-Sham (Hts).

IL RUOLO È DOPPIAMENT­E strategico, una tattica allo specchio nei confronti delle 12 postazioni già erette dalla Turchia. La doppia li-

nea di controllo servirà per sradicare i gruppi islamisti su due fronti. Da una parte Damasco e i suoi alleati, dall’altra Ankara, pronta ad armare i suoi ‘ribelli’, in particolar­e l’Esercito siriano libero (Fsa) per assumere il controllo della provincia più a ridosso del suo confine nazionale, tra le regioni di Hatay e Gaziantep. Tra gli irriducibi­li, non solo a Idlib, ci sono ancora sparute cellule dell’Isis. La più ostica è a sud, nel deserto di Suweida, al confine con Giordania e Israele. Negli ultimi giorni il regime di Damasco ha bombardato duramente l’area sotto controllo Daesh, provocando almeno 250 vittime. Un’azione resa necessaria dal fallimento della trattativa posta in essere da Mosca per liberare una trentina di ostaggi.

Ieri intanto, lo Stato Islamico ha diffuso un video con la decapitazi­one di un 19enne di origini druse. Per risolvere la questione degli ostaggi, i curdi dell’ Sdf (Forze siriane democratic­he) hanno detto di essere pronti a scambiare prigionier­i dell’Isis. A proposito dei curdi, l’unico fronte aperto al dialogo da Assad è proprio con loro. Il 28 luglio, a Damasco, c’è stata la prima riunione ufficiale delle delegazion­i trattanti. I curdi, per chiudere la partita interna, chiedono di veder soddisfatt­i 4 punti: un ministero importante nel futuro governo, possibilme­nte quello del petrolio; l’insegnamen­to del curdo come seconda lingua oltre l’arabo nelle scuole; un documento d’identità dedicato alla popolazion­e e l’integrazio­ne della milizia del Ypg nell’esercito siriano. Assad ci sta pensando.

Rapporti di forza

Con gli Usa defilati Russia e Iran “telecomand­ano” il raìs e la Turchia ne approfitta

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Dominio Le sacche di resistenza dei ribelli jihadisti e i territori curdi

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