LA PARABOLA DI FUNICIELLO
ETERNO ASTRO nascente nel Pd veltroniano-renziano-gentiloniano Antonio Funiciello ha appena esordito con una rubrica su l’Espresso. Amara parabola: sui giornali aveva iniziato da giovane blairiano, ai giornali ritorna nell’ora più buia del riformismo. Funiciello aveva scalato le gerarchie a suon di incarichi, consulenze e ruoli più o meno prestigiosi nei travagliati anni che hanno portato all’ascesa e alla dissoluzione del Pd. Prima portaborse di Morando, poi vicino un po’a tutti quelli importanti nel partito – nell’ordine: Zanda, Giorgio Napolitano, Veltroni, poi persino Epifani (che lo fece responsabile Cultura nella sua breve segreteria) – il nostro era esploso definitivamente all’apogeo del renzismo. Vicino a Matteo nel momento d’oro, molto rapido a ricollocarsi dopo il disastro del referendum, malgrado fosse lui stesso il direttore del comitato BastaunSì. Fu- niciello è stato portavoce di Luca Lotti e poi capo dello staff di Gentiloni. Perfetto prototipo di “Homo Gentilonianus”, secondo la definizione dello stesso Marco Damilano che oggi dirige l’Espresso e gli offre una consolazione, forse magra, dopo i fasti di Palazzo Chigi. Era “l’intellettuale per eccellenza del renzismo” (Lettera 43), ha attraversato tutte le stagioni (e tutti gli uomini) del Pd di governo. È tornato, per ora, a fare il giornalista. Ma sicuramente non finisce qui.