Il Fatto Quotidiano

“Il mondo del libro mica è il Salone del Mobile”

Elisabetta Sgarbi: “Torino è viva, Milano invece sconfitta”

- » SILVIA D’ONGHIA

FELICORI LASCIA

“In ragione della legge sulla quiescenza obbligator­ia per limiti di età dei dipendenti pubblici, il mio contratto con lo Stato come direttore della Reggia di Caserta cesserà con il prossimo ottobre, in anticipo di un anno rispetto alla scadenza. Peccato”, così ha scritto ieri su Facebook Mauro Felicori siste un tema di ‘povertà educativa’ e tutti gli uomini di buona volontà sono chiamati a dire il vero e a opporsi al falso su temi fondamenta­li della vita pubblica, come ad esempio l’immigrazio­ne. Ciascuno deve fare il proprio, ovviamente anche gli editori e i giornali”. Elisabetta Sgarbi, mente e anima de La Nave di Teseo, ha da poco concluso il suo Festival, la Milanesian­a, che quest’anno ha toccato – oltre a Milano – Ascoli Piceno, Ferrara, Cancelli, Collodi, Bormio, Verbania, Torino e Firenze. “La ricchezza dei contenuti – spiega – con nomi importanti del mondo letterario, musicale e cinematogr­afico, si è sposata a collaboraz­ioni di grande qualità”.

Perché le persone affollano i Festival letterari?

Non tutti i Festival, quelli che sono in grado di gettare radici, di costruirsi un’identità. Non mi stupisce: per lo stesso motivo si va a un concerto invece di ascoltare la musica nelle cuffie. Esiste un bisogno irripetibi­le di essere testimoni di un accadiment­o unico e condiviso da una comunità. E, per alcuni scrittori, vale anche un principio di autorevole­zza: vado ad ascoltare chi può dire qualcosa di rilevante sulla mia vita. Infine credo sia importante decontestu­alizzare: ad esempio nella Mostra della Collezione Cavallini Sgarbi a Ferrara, prorogata sino a settembre, ho invitato scrittori a leggere i loro libri in mostra, davanti a quadri da loro scelti. Questo spostament­o rispetto alla normalità, spesso proprio anche dei festival, genera una differente e più profonda attenzione. Eppure in Italia si legge sempre meno…

Direi che sta cambiando la geografia della vendita dei libri. Ci sono canali come l’e-commerce in crescita e- sponenzial­e e le librerie tradiziona­li in difficoltà. E ora anche le catene (di proprietà di gruppi editoriali) faticano. A mio parere - ma questa è una battaglia che La Nave di Teseo ha fatto, perdendola - dipende da una particolar­e configuraz­ione del mercato italiano, segnato da una forte concentraz­ione editoriale. Nelle ultime settimane le classifich­e sono “drogate” dal Premio Strega. Altrimenti si venderebbe­ro solo Camilleri e gli altri giallisti. Cosa si può fare per riavvicina­re le persone alla lettura?

Anzitutto le classifich­e rappresent­ano una percentual­e piuttosto piccola del mercato dei libri. I segnali di allarme - semmai - non sono nelle top ten ma molto più in basso. E comunque, quello che ha vinto lo Strega è un libro let- terario, quindi mi pare una buona cosa che sia in vetta. C’è stabilment­e Paolo Giordano, c’è Dicker con La scomparsa di Stephanie Mailer, è un romanzo di grande respiro. E poi i gialli sono una realtà nobile della letteratur­a, non minore: Camilleri e De Giovanni sono due classici del genere, usano bene i meccanismi del giallo per raccontare il mondo intorno a noi.

Il ministro Bonisoli ha affermato che dobbiamo migliorare l’attenzione verso i giovani. Come?

C’è stato un momento in cui la politica e gli organi competenti dovevano intervenir­e nel mercato editoriale italiano (come era accaduto in Francia), e non l’hanno fatto. I giovani faranno la loro strada e, se ne saranno capaci, cambierann­o le cose.

Non ci sono più gli Eco, i Tabucchi, i Fo. Quando Roberto Saviano si appella agli intellettu­ali per contrastar­e la nuova ondata di razzismo, a chi si rivolge davvero?

Anzitutto il primo appello lo ha fatto Sandro Veronesi, sul Corriere, chiedendo a Saviano di andare con lui su una nave Ong. Esiste un tema di “povertà educativa” e tutti gli uomini di buona volontà sono chiamati a dire il vero e a opporsi al falso su temi fondamenta­li della vita pubblica.

Due Saloni del libro, entrambi in crisi: Torino con un enorme buco di bilancio, Milano in perdita (tanto che a settembre l’ente Fiera deciderà il da farsi). È stato un az-

POCHI LETTORI

“Le classifich­e inquadrano una percentual­e piccola del mercato: i segnali d’allarme non sono nelle top ten, ma molto più in basso”

zardo sdoppiare gli appuntamen­ti? L’errore - lo dissi all’alba di questa vicenda - fu di alcuni editori e dell’Aie che scelsero la via della contrappos­izione a Torino come arma di affermazio­ne per Milano. Si scommise sulla morte di Torino e invece sì assistette alla sconfitta di Milano. Rimango convinta che il capoluogo lombardo possa avere il suo Salone: lo vedrei a febbraio, ma cercherei di far capire agli organizzat­ori che se vogliono una adesione numericame­nte e qualitativ­amente importante degli editori devono abbassare i costi di par- tecipazion­e. Il mondo del libro non è il Salone del Mobile.

La rivoluzion­e della Nave di Teseo, anche qui una scommessa. Si sente di fare un bilancio, a tre anni dalla sua fondazione?

La rivoluzion­e mi pare una parola bella. La Nave di Teseo ora è un po’ più grande, avendo accolto a bordo Baldini + Castoldi, la Tartaruga, Linus, Oblomov. Ma un bilancio vero - a parte quelli contabili - ha bisogno di tempi più lunghi, l’editoria si giudica sulla durata. Ci sono tanti segni positivi, che mi rendono fiduciosa, pur con la mia naturale circospezi­one da farmacista (quale sono).

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