I Paesi Ue devono importare sempre di più: a parole dicono di voler ridurre il legame con Mosca, ma lo rafforzano
Uno Stato non è completamente sovrano se è non ha la certezza di fornire ai propri cittadini e al proprio sistema industriale tutta l’energia di cui ha bisogno. Una lezione che aveva capito molto bene Winston Churchill quando era capo dell’Ammiragliato di sua maestà. Per rendere più veloci le proprie navi decise di sostituire il carbone con il gasolio ma vi era un problema. L’Inghilterra disponeva del primo ma non del secondo (all’epoca!). Fu così che il governo britannico assunse il controllo dell’Anglo Persian Oil Company - poi divenuta BP- che aveva concessioni in Iran.
L’Europa oggi ha tre problemi. Il primo è che deve ridurre il più possibile emissioni di anidride carbonica. Il gas produce molte meno di emissioni del carbone e del petrolio, la strada di un sempre maggiore utilizzo del metano sembra debba essere quella da p er co rr er e.
Il secondo problema è che l’Europa produce sempre meno gas e dunque si trova costretta ad importarne sempre di più. L’Inghilterra, storicamente un esportatore di gas, nel pieno dell’ inverno glaciale di quest’anno si è trovata costretta ad importare gas dalla Russia. L’ Ambasciatore russo a Londra ha twittato sprezzante in quei giorni: “Sentite freddo? Vi stiamo mandando un aiutino”.
Il terzo problema è che la decisione da dove far arrivare il gas e attraverso quali Paesi ha delle implicazioni geopolitiche non di poco conto. E gli Stati Uniti non vedono di buon occhio, tanto per usare un eufemismo, la dipendenza dell’ Europa dalla Russia.
Da dove fare arrivare dunque tutto il gas di cui l’ I- talia e l’Europa hanno bisogno? Dalla Russia? Dal Nord Africa (Algeria, Libia)? Dal Caucaso (Azerbaigian, Turkmenistan)? Dai Paesi del Golfo? Dalla nuova e promettente frontiera che si è aperta grazie alle recenti scoperte in Egitto, Libano, Israele? Oppure dagli Stati Uniti, diventati il maggiore
IL PESO DELLA RUSSIA
produttore al mondo di gas grazie al cosiddetto shale gas, estratto da giacimenti non convenzionali?
L’Italia si trova, per collocazione geografica e tradizione dell’industria energetica ( esplorazione, produzione, trasporto), al centro di questo risiko dei gasdotti e delle rotte di Lng (il gas naturale liquefatto), trasportato da grandi navi.
L’Europa consuma circa 500 miliardi di metri cubi all’anno di gas metano. Ne produce 110 e il resto ci viene dalla Russia (160 miliardi), dalla Norvegia ( 110), dall’ Algeria ( 35 miliardi), Libia (9 miliardi prima del 2011, oggi circa 4), e più o meno 50 miliardi con le navi il Lng nei rigassificatori dis- seminati in Europa.
Il vecchio mondo tranquillo non c’è più
Fino a qualche anno fa il business del gas era una cosa piuttosto noiosa. Tre o quattro produttori mondiali che facevano arrivare il gas attraverso gasdotti che legavano Paesi di produzione, di transito e di arrivo. Poi tutto è cambiato. C’è sempre più bisogno di gas, vi sono nuovi produttori che si sono affacciati nello scenario mondiale: gli Stati Uniti, che prima erano grandi importatori e adesso sono diventati esportatori, i paesi dell’ex Unione Sovietica che prima fornivano gas all’interno della Federazione e che adesso si sono affrancati dalla Russia, i Pae-