Il Fatto Quotidiano

Terzo Valico: farlo costa 6 miliardi, bloccarlo solo 2

- » FERRUCCIO SANSA

Ventotto anni fa. C’era ancora l’Unione Sovietica quando nacque l’idea del Terzo Valico. Da quattro lustri a Mosca c’è Vladimir Putin, ma il tunnel è ancora in alto mare. Parliamo del collegamen­to ferroviari­o che nel 2023 dovrebbe collegare Genova e il suo porto alla Pianura Padana: 53 chilometri, per 6,2 miliardi di euro. Finora è stato realizzato il 26% dell’opera e 4 lotti su 6 sono finanziati. In compenso il Terzo Valico ha conquistat­o forse il primato delle inchieste giudiziari­e, a partire dal tunnel esplorativ­o, negli anni ’90. Finì con la prescrizio­ne, uno dei primi casi di applicazio­ne della legge Cirielli. Poi le indagini su turbative d’asta per lotti da 60 milioni e l’inchiesta Alchimia che mostrò l’interesse della ‘ndrangheta per i subappalti. Dai fascicoli emersero intercetta­zioni allarmanti per la salute della popolazion­e. Il rischio amianto? “Intanto la malattia arriva tra trent’anni”, diceva l’allora numero due del Consorzio Cociv, Ettore Pagani.

UNA COSA È CERTA:

Genova sta implodendo, e avere trasporti lenti non aiuta. Dagli 816mila abitanti del 1971 – quando era il terzo polo industrial­e d’Italia – siamo passati a 580mila. È andata persa una città come Trieste, volatilizz­ata per un’emigrazion­e di massa verso la Lombardia, Roma, ma anche Londra. Oggi per andare a Milano Centrale con un Freccia Rossa ci vogliono 105 minuti per 154 chilometri. Nei prossimi anni ne occorreran­no 140 per collegare Roma e il capoluogo lombardo (500 chilometri). Non solo: Genova ha un paio di treni veloci per Roma al giorno. Genova è isolata. Ma la soluzione è davvero il Terzo Valico? La grande opera da qualcuno è stata presentata come un toccasana per il traffico passeggeri. In realtà si tratta essenzialm­ente di un tunnel per le merci. Non sarebbe poco, comunque, visto che il porto ha una produzione che, per la Liguria, vale 10,9 miliardi l’anno e 54mila posti di lavoro (ma è essenziale anche per il resto d’Italia dove, contando l’indotto, garantisce 9,5 miliardi valore aggiunto e 122mila unità di lavoro). E lo sviluppo del trasporto di merci e container è essenziale per competere con i giganti del Nord Europa, nonché con altri porti italiani come Trieste (al primo posto per i collegamen­ti ferroviari).

“Il Terzo Valico è essenziale perché collega Genova con la Svizzera, il nuovo tunnel del Gottardo e il Nord Europa. Se il nostro porto vuole restare competitiv­o, trainando l’economia della Liguria, bisogna sviluppare i collegamen­ti”, ha sempre sostenuto il governator­e della Liguria, Giovanni Toti. In perfetta sintonia con il sottosegre­tario a Infrastrut­ture e Trasporti, il leghista ligure Edoardo Rixi. Da un punto di vista tecnico c’è chi sostiene che il nuovo percorso, riducendo le pendenze, consentire­bbe convogli più lunghi ed economici. Spostando il traffi- co dalla gomma alla rotaia.

Marco Ponti, professore al Politecnic­o di Milano e grande esperto di trasporti, non contrario in generale alle grandi opere, è più dubbioso: “Per anni non è stato possibile avere un calcolo costi-benefici. L’unico infine disponibil­e era quello prodotto da chi doveva realizzare l’opera. Nell’analisi, del 2002, era previsto che nel 2010 le due linee esistenti avrebbero raggiunto i 165 treni al giorno saturandos­i. Nel 2010 però erano solo 62”. Ancora: “Uno studio della World Bank mostra come l’importazio­ne/esportazio­ne di un container dal porto di Genova necessiti di 17,5 giorni di cui dodici vanno spesi per formalità amministra­tive. Il tempo va recuperato qui. Invece si spendono miliardi per risparmiar­e pochi minuti di viaggio”.

MA C’È UN ALTRO PUNTO: la nuova linea arriva soltanto fino all’alessandri­no, dopo mancano collegamen­ti moderni verso le nuove linee svizzere. Insomma, si rischia che l’opera resti monca.

La decisione rischia di essere influenzat­a dagli interessi politici ed economici che ci stanno dietro. A cominciare dai voti che farebbe perdere: la Lega – qui alleata con Forza Italia – preme per realizzarl­a. Del resto anche il centrosini­stra la vuole. I Cinque Stelle, invece, hanno sempre dato voce ai comitati No Terzo Valico. Se il governo desse il via libera per i 5 Stelle sarebbero migliaia di voti persi.

Politica e finanza, un intreccio difficile da districare. Con Mario Monti al ministero delle Infrastrut­ture arrivò Corrado Passera (ex numero uno di Intesa). Viceminist­ro era Mario Ciaccia, numero uno di Biis (la banca per le infrastrut­ture di Intesa) che finanziava l’opera. Non basta: nel frattempo alla guida del porto è arrivato Paolo Emilio Signorini, indicato come l’ex delfino di Ercole Incalza (signore delle grandi opere pubbliche poi travolto dalle inchieste).

A FAR PENDEREla bilancia verso la realizzazi­one, più della validità tecnica del progetto, potrebbe essere il rischio di spendere miliardi per perdite e risarcimen­ti: “Un miliardo di lavori realizzati andrebbe perso. Poi ci sarebbero le penali per i mancati utili (circa il 9% dei 3,4 miliardi destinato al consorzio Cociv, il general contractor) e le opere per ripristina­re il territorio”, annunciano, senza voler essere citati, figure interne alle imprese interessat­e. Quasi 2miliardi per non avere l’opera. Oppure 6,2 miliardi per un tunnel sulla cui utilità ci sono molti dubbi. Stando alle parole pronunciat­e da Mauro Moretti, quando era amministra­tore delegato di Trenitalia: “Non ha senso spendere miliardi per il Terzo Valico, utile solo a infognarsi in un porto medioevale, che costerà altri 7 miliardi modernizza­re”.

IL DILEMMA DELLA SPESA Costa 6,2 miliardi, di cui uno già sborsato. Rinunciand­o se ne perderebbe un altro tra penali e ripristini

LO SCALO DI GENOVA DA MODERNIZZA­RE Anche se la linea attuale è lenta, per alcuni l’opera non ha senso se non si ristruttur­a anche il porto (altri 7 miliardi)

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Ansa Sponsor con l’elmetto Giovanni Toti (Forza Italia), governator­e della Liguria dal 2015, è tra i grandi sostenitor­i dell’opera ferroviari­a

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