Il cuore nero dell’Africa cerca un nuovo dittatore
Kabila di padre in figlio, ma dopo 21 anni si cambia. Il voto il 23 dicembre
Joseph Kabila ha deciso: non sarà lui a correre per le elezioni presidenziali del 23 dicembre. Il signore del Congo, autoproclamatosi presidente nel 2001 dopo l’assassinio del padre, Laurent-Désiré Kabila, poi eletto nel 2006 e nel 2011, cede alle pressioni internazionali e soprattutto a quelle della Chiesa cattolica congolese. Terminato il mandato quasi due anni fa, obbligato dalla Costituzione a non presentarsi per la terza volta, Joseph Kabilaha tergiversato a lungo, con il rischio di portare al collasso un Paese sempre sull’orlo del baratro a causa di conflitti mai sopiti e crisi umanitarie - l’ultima è la nuova esplosione del virus Ebola che ha causato più di 30 morti nella regione del Nord Kivu. Mercoledì, allo scadere del termine della presentazione per le candidature, un portavoce del governo ha indicato nel ministro dell’I nt er no Emmnauel Ramazani Shadary, fedele con un profilo da tecnocrate, il designato alla sfida elettorale.
Per la Repubblica democratica del Congo è la fine di un’era, cominciata con il governo di Kabila senior nel 1997, passato da guerrigliero oppositore al regno di Mobutu Sese Seko ad autoproclamato presidente. Combattente il padre - che a metà degli anni 60 era perfino stato incoronato leader dal Che, incrociato in occasione di una breve spedizione cubana in Tanzania - combatten-
Parola di missionario Per il comboniano Giulio Albanese “in questo Paese paradiso e inferno sono una cosa sola”
te il figlio, che assume un ruolo militare di rilievo prima alla guida dei ribelli poi come comandante delle forze governative nelle due guerre del Congo (tra il 1996 e il 2003). Molti i dubbi nella sua biografia. Nato nel 1971 in un villaggio del Katanga, studia in Tanzania e viene addestrato militarmente in Cina: c’è chi sostiene che sia in realtà figlio adottivo di Laurent e chi mette anche in dubbio la nazionalità congolese. L’omicidio del padre (per mano di una guardia del corpo) apre a Joseph la strada del potere. Secondo molti è proprio lui il mandante dell’assassinio.
TRA I PRETENDENTI AL TRONO dei Kabila, si fa avanti l’antico rivale Jean-Pierre Bemba. Rientrato trionfalmente a Kinshasa pochi giorni fa dal Belgio dopo un esilio decennale, l’ex signore della guerra era stato condannato dalla Corte Penale Internazionale nel 2002. L’allora vicepresidente del Congo fu ritenuto responsabile, secondo l’Aja, di orribili violenze sui civili commesse dalla sua milizia privata composta da 1500 uomini, dispiegata nella vicina Repubblica Centrafricana per sventare un presunto golpe. Ma il verdetto è stato ribaltato in appello lo scorso 8 giugno. Allo sconcerto delle organizzazioni umanitarie si aggiunge quello di testimoni sopravvissuti a quei crimini, che non potranno mai dimenticare.
Rimane invece fuori dalla competizione Moise Katumbi, ex governatore della regione meridionale del Katanga, al quale la polizia ha impedito di valicare il confine dallo Zambia poche ore prima della scadenza dei termini per la candidatura. Ricchissimo e potente uomo d’affari prima che politico, per sfuggire a un mandato d’arresto che pende su di lui da due anni - giudicato dall’interessato “frutto di una manovra politico-giudiziaria” -, ha scelto l’esilio. Tra gli altri candidati, 26 in tutto, anche l’ex presidente dell’assemblea nazionale Vital Kamerhe e Félix Tshisekedi, leader del maggior partito di opposizione.
“Paradiso e inferno sono una cosa sola in Congo”, spiega padre Giulio Albanese, colombiano e direttore della rivista Popoli e Missioni. “Le risorse che potrebbero far ricca la popolazione di questo Paese ci sono - ricorda Albanese -, ma lo scenario è segnato da corruzione diffusa della classe dirigente ed enormi interessi stranieri: americani, europei, adesso anche cinesi. Se ci sono i corrotti in Congo, la colpa è anche di chi corrompe da fuori”. Grande quanto tutta l’Europa occidentale, con una popolazione di 82 milioni di persone, l’ex possedimento privato di re Leopoldo II del Belgio è una gigantesca miniera che sforna non solo oro, diamanti e rame, ma anche il preziosissimo coltan - una lega naturale utilizzata per componenti elettroniche. “Uganda e Ruanda hanno da tempo le loro mire sulle risorse del Paese e approfitterebbero volentieri della divisione del Congo, se la situazione dovesse precipitare”. E l’Europa un tempo colonialista, che fa oggi? “Le ingerenze di alcuni governi europei sul Congo restano davvero troppo forti”, risponde il missionario. Il futuro del “cuore di tenebra” dell’Africa rimane tutto da scrivere.