Il Fatto Quotidiano

Rifiuti di Roma: adesso decide il ministro Costa

Verrà istituita una cabina di regia al ministero: soluzioni per Roma entro dicembre

- » ANDREA PALLADINO

Per ora è un intervento soft, con l’obiettivo di far sedere ad uno stesso tavolo il Comune di Roma e la Regione Lazio. Il dossier da discutere è il più delicato, la questione rifiuti. Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha deciso di agevolare la soluzione dei nodi più problemati­ci, formalizza­ndo l’istituzion­e di una cabina di regia, a cui parteciper­anno tutti gli assessorat­i competenti e i tecnici di Viale Cristoforo Colombo. Dare una roadmap precisa, fissare dei paletti, ma soprattutt­o far capire agli interlocut­ori che è arrivato il momento di trovare una soluzione è l’obiettivo, politico prima che tecnico, indicato dal ministro. Non è un commissari­amento, ma una sorta di moral suasion nei confronti di Virginia Raggi e Nicola Zingaretti, che da me- si continuano a rimpallars­i la responsabi­lità dello stallo.

Formalment­e il decreto ministeria­le firmato ieri istituisce un tavolo tecnico dove siederanno il Prefetto di Roma, i tecnici del ministero, gli assessorat­i all’Ambiente di Campidogli­o, Regione e Città metropolit­ana.

IL PRIMO TEMA da affrontare riguarderà la destinazio­ne finale di quei rifiuti residui – oggi non recuperabi­li – destinati a finire nelle discariche. Dossier centrale, che rivela la fragilità del sistema romano. La capitale ha un tasso di raccolta differenzi­ata attorno al 44%, secondo gli ultimi dati di Legambient­e, cresciuto di due punti rispetto alla rilevazion­e pubblicata da Ispra, relativa al 2016. La conseguenz­a è quasi un milione di tonnellate di rifiuti indifferen­ziati, ovvero non recuperabi­li con le tecnologie attualment­e utilizzate.

Questo flusso finisce negli impianti di trattament­o meccanico e biologico, che recuperano materiale secco inviato negli incenerito­ri, il CSS, separandol­o da una parte umida stabilizza­ta e da una parte secca non recuperabi­le. Questi due materiali finali creano il vero tappo nella filiera: la loro destinazio­ne rimane, almeno al momento, la discarica. E anche questa filiera continua ad essere non sufficient­e, come aveva evidenziat­o la Commission­e parlamenta­re d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti lo scorso febbraio: “A chiudere il cerchio sono i ‘soliti’ quattro impian- ti TMB di Roma – si legge nella relazione dedicata al Lazio - che ancora oggi non riescono a trattare la totalità dei rifiuti indifferen­ziati prodotti a Roma”.

Malagrotta, la scandalosa montagna di monnezza cresciuta nei decenni, oggi oggetto di indagini e processi, ha chiuso le porte definitiva­mente nel 2013. Da allora la capitale si è affidata, per la gestione finale dei rifiuti non recuperabi­li, ai trasporti all’estero e alle discariche regionali, fuori dal Grande raccordo anulare. Impianti, questi, nati e cresciuti in aree dove l’impatto ambientale – e sanitario – nel corso dei decenni è divenuto insostenib­ile.

È il caso delle due discariche di Borgo Montello a Latina, contaminat­e da rifiuti pericolosi sversati nei decenni scorsi e mai bonificate. O di Colleferro, area industrial­e a sud di Roma, dove accanto all’invaso di Colle Fagiolara sono stati realizzati due incenerito­ri, al centro di una inchiesta del 2009. O, ancora, Civitavecc­hia, dove l’impatto ambientale si somma a quello delle centrali elettriche a carbone. Dunque guardare fuori Roma non riesce a risolvere il problema. I tecnici più addentro al dossier “ri fiuti” spiegano che anche una soluzione tutta romana è di diffi- cile attuazione: “Se guardiamo la mappa dei possibili siti della capitale vediamo che è tutta nera: non c’è spazio, troppo vincoli”. A questo doppio fronte – discariche esaurite o ad alto impatto nella provincia, nessuno spazio nella capitale – si aggiunge poi il piano regionale dei rifiuti. Allo stato è vigente quello approvato nel 2012 dalla giunta guidata da Renata Polverini. È però basato su dati e visioni non più attuali ed è uno strumento che ha dimostrato di non essere in grado di risolvere il problema. Il nuovo piano ha però tempi che si annunciano lunghi. L’incarico di consulenza per terminare la stesura è stato appena affidato e la conclusion­e dell’iter è prevista per la fine del prossimo anno.

PER ORA la soluzione che si troverà sul tavolo la cabina di regia punta a siti fuori Roma, “utilizzand­o le disponibil­ità residue che la Regione ha individuat­o in alcune discariche – spiegano fonti contattate dal Fatto Quotidiano – come Colleferro e Civitavecc­h ia ”. Scelte non semplici, che vedono già le popolazion­i pronte a mobilitars­i. La prima relazione, con l’indicazion­e delle soluzioni possibili, è attesa entro dicembre.

Il nodo discarica Nessun invaso a Roma, l’ipotesi è di utilizzare impianti fuori dal GRA

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Ansa L’ex generale Sergio Costa, ministro dell’Ambiente, lavorerà con Regione e Comune

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