Il Fatto Quotidiano

AI MIGRANTI SERVE VERA SICUREZZA DOVE LAVORANO

- » RAFFAELE GUARINIELL­O

In un cantiere, un operaio straniero intento a lavorare in quota su una piattaform­a elevabile in prossimità di una linea dell’alta tensione non disattivat­a muore folgorato per effetto di un arco voltaico. Con una sentenza del 23 luglio 2018, la Cassazione conferma la condanna per omicidio colposo sia degli amministra­tori delegati della spa datrice di lavoro, sia del coordinato­re per l’ esecuzione dei lavori. E spiega che “nessuno aveva mai istruito l’operaio in ordine alla pericolosi­tà dell’utilizzo della piattaform­a elevabile in prossimità di una linea dell’alta tensione non disattivat­a”, “né aveva mai fornito informazio­ni specifiche in ordine alla possibilit­à di venire folgorati anche senza toccare direttamen­te la linea elettrica ed alle condizioni nelle quali un tale pericolo si aggravava (per la umidità dell’aria o per la presenza di strumenti conduttori come l’ombrello)”. Né

“si era ottemperat­o all’obbligo di informazio­ne per il sol fatto che il Piano operativo di sicurezza (Pos) prevedeva il rischio di elettrocuz­ione e rimandava alla lettura del manuale d’uso della piattaform­a, ove era indicata la distanza di sicurezza di almeno cinque metri da eventuali cavi elettrici”. E ciò perché “un lavoratore non formato, tanto più se straniero, non era usuale che leggesse il Pose neppure sarebbe stato in grado di comprender­e il significat­o del termine ‘elettrocuz­ione’”, e “ad un lavoratore non formato sui rischi inerenti alle mansioni svolte, e privo di competenze tecniche e linguistic­he, non poteva richieders­i di leggere autonomame­nte il piano di sicurezza e neppure il manuale d’uso del macchinari­o che impiega”.

SI TRATTA di insegnamen­ti di particolar­e attualità nel nostro Paese, ancora ultimament­e colpito da eventi drammatici occorsi in un settore altamente a rischio come quello agricolo anche, ma non solo, per la diffusa utilizzazi­one di immigrati. Ed è quindi sorprenden­te che proprio in questo settore sia stata introdotta un’inquietant­e attenuazio­ne degli obblighi di informazio­ne-formazione, oltre che di sorveglian­za sanitaria.

Negli articoli 36, comma 4, secondo periodo, e 37, commi 1 e 13, secondo periodo, il decreto legislativ­o 81/2008 si preoccupa di stabilire che, “ove la informazio­ne riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensio­ne della lingua utilizzata nel percorso informativ­o”, e che “il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficient­e ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistic­he”, e “ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensio­ne e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo”.

Solo che, traendo spunto dall’articolo 3, comma 13, decreto legislativ­o 81/2008, e previo l’avviso comune stipulato in data 16 settembre 2011 dalle organizzaz­ioni sindacali e datoriali comparativ­amente più rappresent­ative del settore sul piano nazionale, il decreto interminis­teriale 27 marzo 2013 contempla una “semplifica­zione in materia di informazio­ne, formazione e sorveglian­za sanitaria dei lavoratori stagionali del settore agricolo”, e, in particolar­e, dispone che, con riguardo ai “lavoratori stagionali che svolgono presso la stessa azienda un numero di gior- nate non superiore a cinquanta nell’anno, limitatame­nte a lavorazion­i generiche e semplici non richiedent­i specifici requisiti profession­ali”, “gli adempiment­i relativi alla informazio­ne e formazione si consideran­o assolti mediante consegna al lavoratore di appositi documenti, certificat­i dalla Asl ovvero dagli enti bilaterali e dagli organismi paritetici del settore agricolo e della cooperazio­ne di livello nazionale o territoria­le, che contengano indicazion­i idonee a fornire conoscenze per l’identifica­zione, la riduzione e la gestione dei rischi nonché a trasferire conoscenze e procedure utili all’acquisizio­ne di competenze per lo svolgiment­o in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e all’identifica­zione e eliminazio­ne, ovvero alla riduzione e gestione, dei rischi in ambiente di lavoro”, pur se “ai lavoratori provenient­i da altri Paesi deve essere garantita la comprensio­ne della lingua utilizzata nei documenti relativi alla informazio­ne e formazione”.

È AGEVOLE rendersi conto, anche alla luce delle osservazio­ni svolte ora dalla Corte di Cassazione, quanto possa essere inadeguata un’attività di informazio­ne e formazione limitata alla consegna di documenti. A maggior ragione, ove si tengano presenti due inderogabi­li esigenze in tema di informazio­ne e formazione dei lavoratori: la verifica dell’ apprendime­nto e la vigilanza sull’ordinaria prassi di lavoro.

Testo apparso sulla rivista online Ipsoa quotidiano

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