AI MIGRANTI SERVE VERA SICUREZZA DOVE LAVORANO
In un cantiere, un operaio straniero intento a lavorare in quota su una piattaforma elevabile in prossimità di una linea dell’alta tensione non disattivata muore folgorato per effetto di un arco voltaico. Con una sentenza del 23 luglio 2018, la Cassazione conferma la condanna per omicidio colposo sia degli amministratori delegati della spa datrice di lavoro, sia del coordinatore per l’ esecuzione dei lavori. E spiega che “nessuno aveva mai istruito l’operaio in ordine alla pericolosità dell’utilizzo della piattaforma elevabile in prossimità di una linea dell’alta tensione non disattivata”, “né aveva mai fornito informazioni specifiche in ordine alla possibilità di venire folgorati anche senza toccare direttamente la linea elettrica ed alle condizioni nelle quali un tale pericolo si aggravava (per la umidità dell’aria o per la presenza di strumenti conduttori come l’ombrello)”. Né
“si era ottemperato all’obbligo di informazione per il sol fatto che il Piano operativo di sicurezza (Pos) prevedeva il rischio di elettrocuzione e rimandava alla lettura del manuale d’uso della piattaforma, ove era indicata la distanza di sicurezza di almeno cinque metri da eventuali cavi elettrici”. E ciò perché “un lavoratore non formato, tanto più se straniero, non era usuale che leggesse il Pose neppure sarebbe stato in grado di comprendere il significato del termine ‘elettrocuzione’”, e “ad un lavoratore non formato sui rischi inerenti alle mansioni svolte, e privo di competenze tecniche e linguistiche, non poteva richiedersi di leggere autonomamente il piano di sicurezza e neppure il manuale d’uso del macchinario che impiega”.
SI TRATTA di insegnamenti di particolare attualità nel nostro Paese, ancora ultimamente colpito da eventi drammatici occorsi in un settore altamente a rischio come quello agricolo anche, ma non solo, per la diffusa utilizzazione di immigrati. Ed è quindi sorprendente che proprio in questo settore sia stata introdotta un’inquietante attenuazione degli obblighi di informazione-formazione, oltre che di sorveglianza sanitaria.
Negli articoli 36, comma 4, secondo periodo, e 37, commi 1 e 13, secondo periodo, il decreto legislativo 81/2008 si preoccupa di stabilire che, “ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo”, e che “il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche”, e “ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo”.
Solo che, traendo spunto dall’articolo 3, comma 13, decreto legislativo 81/2008, e previo l’avviso comune stipulato in data 16 settembre 2011 dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative del settore sul piano nazionale, il decreto interministeriale 27 marzo 2013 contempla una “semplificazione in materia di informazione, formazione e sorveglianza sanitaria dei lavoratori stagionali del settore agricolo”, e, in particolare, dispone che, con riguardo ai “lavoratori stagionali che svolgono presso la stessa azienda un numero di gior- nate non superiore a cinquanta nell’anno, limitatamente a lavorazioni generiche e semplici non richiedenti specifici requisiti professionali”, “gli adempimenti relativi alla informazione e formazione si considerano assolti mediante consegna al lavoratore di appositi documenti, certificati dalla Asl ovvero dagli enti bilaterali e dagli organismi paritetici del settore agricolo e della cooperazione di livello nazionale o territoriale, che contengano indicazioni idonee a fornire conoscenze per l’identificazione, la riduzione e la gestione dei rischi nonché a trasferire conoscenze e procedure utili all’acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e all’identificazione e eliminazione, ovvero alla riduzione e gestione, dei rischi in ambiente di lavoro”, pur se “ai lavoratori provenienti da altri Paesi deve essere garantita la comprensione della lingua utilizzata nei documenti relativi alla informazione e formazione”.
È AGEVOLE rendersi conto, anche alla luce delle osservazioni svolte ora dalla Corte di Cassazione, quanto possa essere inadeguata un’attività di informazione e formazione limitata alla consegna di documenti. A maggior ragione, ove si tengano presenti due inderogabili esigenze in tema di informazione e formazione dei lavoratori: la verifica dell’ apprendimento e la vigilanza sull’ordinaria prassi di lavoro.
Testo apparso sulla rivista online Ipsoa quotidiano