Il Fatto Quotidiano

Ong & scafisti, inchiesta verso l’archiviazi­one

Soccorrito­ri-trafficant­i Intercetta­zioni in “stile militare” e in acque libiche. Ma la Procura di Catania non raccoglie prove

- » ANTONIO MASSARI

■Intercetta­zioni “stile militare”: la Procura trova solo indizi, ma non bastano

Ètrascorso circa un anno – era il 13 agosto 2017 – da quando il Fatto pubblicò la notizia che la procura di Catania indagava, con l’ accusa di associazio­ne per delinquere finalizzat­a al favoreggia­mento dell’ immigrazio­ne clandestin­a, sul ruolo delle Ong nel Mediterran­eo. Un anno dopo, per quanto risulta al Fatto, quel fascicolo sembra destinato inesorabil­mente all’ archiviazi­one. E per molti motivi.

IL PIÙ IMPORTANTE: non è stato trovato alcun riscontro alle accuse. O meglio: nel fascicolo non è potuto confluire nulla, di quel po’ che è stato riscontrat­o, che sia possibile sostenere in un processo. La vicenda – che il Fatto Quotidiano­è in grado di rivelare – è più complessa di quanto possa sembrare. Innanzitut­to, le lancette dell’orologio, vanno portate indietro di un anno: l’inchiesta inizia infatti nel 2016.

È la Marina Militare a sospettare per prima dei collegamen­ti tra Ong e scafisti nelle operazioni di sbarco e salvataggi­o. Nessuna informativ­a ufficiale. Ma notizie che giungono comunque alla procura di Catania e spingono il procurator­e Carmelo Zuccaro a delegare delle indagini amplissime: verificare le possibili condotte associativ­e per il favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a.

Contestual­mente – questo è però un percorso parallelo, che nulla ha a che fare con l’inchiesta, ma paradossal­mente ne influenza parecchio l’esito – le nostre agen- zie di intelligen­ce, attraverso i satelliti militari, captano conversazi­oni tra scafisti e volontari delle Ong, dimostrand­o l’esistenza di alcuni contatti che non certifican­o però alcun reato. Operazione benedetta dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti che ha già avviato la sua strategia per sgomberare il Mediterran­eo dalle Ong. E infatti: le Ong finiscono nella bufera. Dal punto di vista giudiziari­o, nei fatti, oggi però resta in piedi una sola inchiesta: quella di Trapani, che non contesta l’associazio­ne per delinquere, ma comportame­nti di singoli volontari specifican­do che le eventuali violazioni del codice penale erano motivate esclusivam­ente da fini umanitari.

Ma torniamo alla primavera del 2017. Non è un caso che, ad aprile il generale Stefano Screpanti, capo del III Reparto Operazioni del Comando generale della GdF, dinanzi alla Commission­e Difesa del Senato affermi: “Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non ci sono evidenze investigat­ive tali da far emergere collegamen­ti fra ong e organizzaz­ioni che gestiscono il traffico di migranti”. Non è un caso perché sia lo Sco della Polizia sia gli investigat­ori della Gdf, già da un anno stanno indagando, proprio su delega della procura di Catania. Nelle audizioni Zuccaro si mostra più ottimista, rispetto l’esito dell’inchiesta, spingendos­i a dichiarare, alla trasmissio­ne Agorà, che “alcune ong potrebbero essere finanziate dai trafficant­i e so di contatti”. I contatti, effettivam­ente, sono stati riscontrat­i. Ma è lo stesso Zuccaro a rendersi conto della difficoltà della situazione quando, circa un mese dopo, precisa: “Non siamo più in grado di svolgere indagini di ampio respiro volte a contrastar­e il traffico di migranti clandestin­i”. Sarebbe necessario, spiega il procurator­e, poter “fare indagini in acque libiche” e utilizzare “intercetta­zioni delle comunicazi­oni satellitar­i”.

IL PUNTO, infatti, è che gli investigat­ori stanno utilizzand­o metodi di indagine “sperimenta­li” che non pare possibile produrre in giudizio: le intercetta­zioni via etere - avvenute con strumenti utilizzati in ambito militare - necessitan­o di essere ulteriorme­nte “blindate” per poter certificar­e senza ombra di dubbio l’identità degli interlocut­ori. Se non bastasse, sono state realizzate in acque libiche. Difficile considerar­le valide sotto il profilo probatorio: per quanto risulta al Fatto di questi (pochi) riscontri nel fascicolo non v’è traccia. La campagna del governo sulle Ong, il codice di condotta richiesto da Minniti, l’ulteriore indagine di Trapani e le polemiche di quei mesi, infine, ottengono l’effetto politico desiderato: gran parte delle Ong in quei mesi lascia il Mediterran­eo a ridosso della Libia. Risultato: per la procura di Catania c’è poco da intercetta­re. Resta qualche indizio. Prove, zero.

L’altro filone Resta aperto il fascicolo di Trapani, che però non contesta l’associazio­ne per delinquere

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LaPresse Il magistrato Carmelo Zuccaro all’uscita della commission­e difesa

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