Non è lui razzista sono loro che sono neri…
“Siamo tolleranti e civili, noi italiani, nei confronti di tutti i diversi. Neri, rossi, gialli. Specie quando si trovano lontano, a distanza telescopica da noi”.
(Indro Montanelli)
Se perfino Papa Francesco rischia di perdere popolarità nei sondaggi, a causa delle sue posizioni a favore dei migranti, non resta che scegliere una delle due: o stiamo diventando un popolo di razzisti oppure stiamo commettendo un madornale errore di valutazione e di prospettiva. In entrambe le ipotesi, non c’è comunque da prenderla alla leggera.
Personalmente, mi sono rifiutato finora di pensare che gli italiani siano razzisti. E onestamente, continuo a crederlo anche adesso, nonostante l’ondata d’intolleranza e di violenza che sta montando nei confronti degli immigrati e perfino dei nostri connazionali di colore.
È verosimile che ciò non dipenda da ragioni etniche o razziali. C’è da ritenere, piuttosto, che questa crescente insofferenza sia alimentata dall’immigrazione irregolare e clandestina; dalle condizioni alienanti in cui vivono o sono costretti a vivere gran parte dei migranti; dai comportamenti incivili di molti di loro e dalla tendenza di alcuni a delinquere per sopravvivere; dalla rivalità sul mercato del lavoro e sul welfare (case popolari, scuola, sanità, trasporti e quant’altro) che non a caso ha determinato il successo elettorale del mantra leghista “prima gli italiani”.
MA ORA GLI EPISODI d’intolleranza e di violenza nei confronti dei neri vanno aumentando di giorno in giorno. Basta navigare su Internet per consultare una mappa delle più recenti aggressioni a sfondo razzista: 11 persone ferite negli ultimi due mesi, secondo il Centro Astalli, tra cui la bambina rom di 14 mesi raggiunta alla schiena da un colpo di pistola ad aria compressa a Roma e una donna incinta, fino al caso del marocchino di 43 anni sospettato di essere un ladro, inseguito, picchiato a sangue e ucciso ad Aprilia, in provincia di Latina.
Di fronte a questa escalation, cosa fa e cosa dice il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, preposto alla pubblica sicurezza? Fa poco o niente per contrastare il fenomeno. E anzi, dice che non c’è nessun razzismo in Italia e che “l’unico allarme sociale è quello dei reati commessi dagli immigrati”, gettando così altra benzina sul fuoco.
Parliamo pure di insensibilità o di indifferenza, se non vogliamo parlare di irresponsabilità, trattandosi di una figura istituzionale che ricopre anche il ruolo di vicepremier. Ma si rende conto il ministro Salvini che in questo modo rischia di legittimare, di avallare, di dare una “copertura” mediatica agli istinti e ai comportamenti peggiori? E di venir meno così ai suoi doveri di tutore dell’ordine pubblico? Oppure, cerca più o meno consapevolmente di alzare il livello dello scontro per imporre un giro di vite o una stretta autoritaria?
“Non siamo noi razzisti, sono loro che sono napoletani”, diceva ironicamente una battuta di qualche tempo addietro attribuita a un comico televisivo. Sono quegli stessi cittadini meridionali ai quali, prima delle elezioni, Salvini dovette chiedere scusa per aver intonato in coro, nel video di un raduno leghista, il vergognoso ritornello “senti che puzza/scappano anche i cani/stanno arrivando/i napoletani”. Oggi, parafrasando quella battuta umoristica, si potrebbe dire che non è lui razzista, sono gli immigrati che sono neri.
Gli immigrati, i neri, i meridionali, i napoletani, gli ebrei, i rom, i gay e così via. Ecco la catena dell’odio sociale che può colpire, come avvertiva Montanelli, “tutti i diversi”. Bisogna spegnere questo incendio prima che divampi e diventi indomabile.