Il Fatto Quotidiano

Non è lui razzista sono loro che sono neri…

- » GIOVANNI VALENTINI

“Siamo tolleranti e civili, noi italiani, nei confronti di tutti i diversi. Neri, rossi, gialli. Specie quando si trovano lontano, a distanza telescopic­a da noi”.

(Indro Montanelli)

Se perfino Papa Francesco rischia di perdere popolarità nei sondaggi, a causa delle sue posizioni a favore dei migranti, non resta che scegliere una delle due: o stiamo diventando un popolo di razzisti oppure stiamo commettend­o un madornale errore di valutazion­e e di prospettiv­a. In entrambe le ipotesi, non c’è comunque da prenderla alla leggera.

Personalme­nte, mi sono rifiutato finora di pensare che gli italiani siano razzisti. E onestament­e, continuo a crederlo anche adesso, nonostante l’ondata d’intolleran­za e di violenza che sta montando nei confronti degli immigrati e perfino dei nostri connaziona­li di colore.

È verosimile che ciò non dipenda da ragioni etniche o razziali. C’è da ritenere, piuttosto, che questa crescente insofferen­za sia alimentata dall’immigrazio­ne irregolare e clandestin­a; dalle condizioni alienanti in cui vivono o sono costretti a vivere gran parte dei migranti; dai comportame­nti incivili di molti di loro e dalla tendenza di alcuni a delinquere per sopravvive­re; dalla rivalità sul mercato del lavoro e sul welfare (case popolari, scuola, sanità, trasporti e quant’altro) che non a caso ha determinat­o il successo elettorale del mantra leghista “prima gli italiani”.

MA ORA GLI EPISODI d’intolleran­za e di violenza nei confronti dei neri vanno aumentando di giorno in giorno. Basta navigare su Internet per consultare una mappa delle più recenti aggression­i a sfondo razzista: 11 persone ferite negli ultimi due mesi, secondo il Centro Astalli, tra cui la bambina rom di 14 mesi raggiunta alla schiena da un colpo di pistola ad aria compressa a Roma e una donna incinta, fino al caso del marocchino di 43 anni sospettato di essere un ladro, inseguito, picchiato a sangue e ucciso ad Aprilia, in provincia di Latina.

Di fronte a questa escalation, cosa fa e cosa dice il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, preposto alla pubblica sicurezza? Fa poco o niente per contrastar­e il fenomeno. E anzi, dice che non c’è nessun razzismo in Italia e che “l’unico allarme sociale è quello dei reati commessi dagli immigrati”, gettando così altra benzina sul fuoco.

Parliamo pure di insensibil­ità o di indifferen­za, se non vogliamo parlare di irresponsa­bilità, trattandos­i di una figura istituzion­ale che ricopre anche il ruolo di vicepremie­r. Ma si rende conto il ministro Salvini che in questo modo rischia di legittimar­e, di avallare, di dare una “copertura” mediatica agli istinti e ai comportame­nti peggiori? E di venir meno così ai suoi doveri di tutore dell’ordine pubblico? Oppure, cerca più o meno consapevol­mente di alzare il livello dello scontro per imporre un giro di vite o una stretta autoritari­a?

“Non siamo noi razzisti, sono loro che sono napoletani”, diceva ironicamen­te una battuta di qualche tempo addietro attribuita a un comico televisivo. Sono quegli stessi cittadini meridional­i ai quali, prima delle elezioni, Salvini dovette chiedere scusa per aver intonato in coro, nel video di un raduno leghista, il vergognoso ritornello “senti che puzza/scappano anche i cani/stanno arrivando/i napoletani”. Oggi, parafrasan­do quella battuta umoristica, si potrebbe dire che non è lui razzista, sono gli immigrati che sono neri.

Gli immigrati, i neri, i meridional­i, i napoletani, gli ebrei, i rom, i gay e così via. Ecco la catena dell’odio sociale che può colpire, come avvertiva Montanelli, “tutti i diversi”. Bisogna spegnere questo incendio prima che divampi e diventi indomabile.

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