QUATTRO BALLE DI CHI ANCORA DIFENDE IL TAV
Dopo ministri, parlamentari, consiglieri regionali, anche il vice presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, nuova stella di Forza Italia, ha fatto visita ai cantieri preparatori della Nuova linea ferroviaria Torino-Lione, con il codazzo del governatore del Piemonte Chiamparino, del commissario di governo e delle alte sfere di Telt (l’impresa preposta alla costruzione del collegamento ferroviario, se mai si farà). Nonostante i sorrisi compiaciuti, l’atmosfera è stata quella di un raduno d’altri tempi: è un mondo che non c’è più e che cerca di perpetuarsi con minacce e bufale. Ripercorriamone alcune, che si aggiungono a quelle sulle penali da pagare non si sa bene a chi e sulle opportunità di lavoro che ne deriverebbero (come se un analogo o miglior risultato non si raggiungesse con altri investimenti più razionali e produttivi).
PRIMO. “La nuova linea ha una valenza strategica e unirà l’Europa da est a ovest”. Prospettiva da statisti, che il governatore del Piemonte sottolinea evocando un collegamento tra l’Atlantico e il Pacifico (la stazione atlantica è scomparsa nel 2012, con la rinuncia del Portogallo, alla prevista stazione finale di Kiev mancano, per arrivare al Pacifico, oltre 7.000 km…). Prospettiva, comunque, priva di ogni riscontro reale, posto che una linea ferroviaria ad alta capacità/velocità non è prevista in modo compiuto neppure in Lombardia e Veneto, che il tratto sloveno non esiste nemmeno sulla carta, che in Un- gheria e Ucraina nessuno sa che cosa sia il “Corridoio 5”(come inizialmente si chiamava la linea). Quello di cui si parla è il solo collegamento ferroviario Torino-Lione, già coperto da una linea utilizzata per un sesto delle sue potenzialità.
SECONDO. “La nuova linea creerà nuovi orizzonti di traffico”. I traf- fici merci su rotaia attraverso il Frejus (ché di persone non si parla più da vent’anni) sono in caduta libera dal 1997. Da allora si sono ridotti del 71 per cento, mentre nella direzione Itali a-Svizzera hanno continuato a crescere: del 43 per cento nel periodo 1997-2007, quando pure le linee ferroviarie italo svizzere passavano attraverso tunnel ad altitudine e con pendenze analoghi a quelli del Frejus (il tunnel del Lötschberg, lungo 14,6 km ad una altitudine di 1400 metri, e quello del storico del S. Gottardo, lungo 15 km a 1151 metri, in uso fino al 2016). Parallelamente è diminuito (-17,7 per cento) il volume del traffico complessivo (compreso quello su strada) attraverso la frontiera italo-francese. Le ragioni della caduta di traffico sono struttu- rali e non hanno nulla a che vedere con le caratteristiche della linea ferroviaria.
TERZO. “Con il Tav diminuiranno i Tir e l’inquinamento”. Siamo alla variante ecologista che non tiene conto dell’inquinamento prodotto per vent’anni dalla costruzione di una linea impattante come quella progettata, e ignora la strada maestra (perseguita a costo zero e con successo dalla Svizzera): imporre pedaggi significativi per il traffico stradale (proporzionati al tipo di veicolo, al carico e alla distanza) e tariffe agevolate per quello ferroviario.
TORINO-LIONE
Rilevanza strategica, traffico, inquinamento e lavori già avviati: così si può replicare a Tajani e altri sostenitori
QUARTO. “I lavori del tunnel di base sono ormai iniziati e non si può tornare indietro”. Il riferimento è a un presunto inizio sul versante francese (con uno scavo di 5 km). Ma è falso. Lo scavo ripreso in decine di inquadrature e filmati, infatti, è un’opera di carattere geognostico deliberata e finanziata dall’Unione europea per collegare due discenderie. In un incerto futuro questa galleria, in asse con il tracciato previsto per il tunnel di base, potrà forse essere convertita in parte dello stesso, ma spacciarla ora per l’inizio di un’opera che ancora non si sa se sarà costruita è, a dir poco, forzato. Più che gridolini di ammirazione di politici dovrebbe suscitare l’interesse di qualche Procura della Repubblica…