Il Fatto Quotidiano

“Di notte posso sentire i sussurri della storia”

- FERRUCCI

La raccomanda­zione di chi lo segue non lascia incertezze: “Per favore, non gli chieda della storia del sex symbol, tutto quel chiacchier­iccio in rete proprio non lo sopporta. Non lo tollera. Lui è un uomo di scienza, ama parlare della sua vita profession­ale. Molto”.

Con Alberto Angela qualunque (altro) argomento è una sorta di la per intonare la storia dell’universo mondo; quando risponde si ha la sensazione di tornare bambini, all’epoca in cui il maestro delle elementari era l’indiscusso depositari­o di ogni verità, l’unico in grado di rispondere alla fase bulimica dei “perché” (Gianni Rodari insegna), senza deludere le attese. In questi giorni sta girando le puntate della prossima stagione di

Ulisse. “Scusi il ritardo, ma abbiamo girato tutta la notte, e fino all’alba. Bellissimo. In quelle ore scatta una magia strana, dal silenzio generale si possono quasi ascol- tare i sussurri della storia”. Stanco? “Un po’ sì, ma sono altri i mestieri usuranti. E poi non possiamo girare di giorno quando i siti archeologi­ci o i musei sono inevitabil­mente impegnati con i visitatori abituali”.

Si trova a tu per tu con la Storia.

Questo è il bello, e per questo non parlo di stanchezza: quando i musei sono chiusi possiamo aprire le vetrine, “rompere” i normali divieti, magari girare tra i resti del Partenone o stare di fronte alla Gioconda senza quella perenne calca.

Tipo Ben Stiller e la “Notte al Museo”.

Quella è l’immagine internazio­nale, noi abbiamo iniziato prima, e a volte i direttori delle strutture ci hanno letteralme­nte consegnato le chiavi; poi la mattina, insieme alla troupe, ci ritroviamo al bar per cappuccino e cornetto.

A luglio le hanno assegnato il Premio Qualitel.

E vanno ringraziat­i gli spettatori.

Quello sempre.

No, davvero. In nessun’altra television­e straniera c’è un programma di divulgazio­ne in prima serata; è una magia che mi stupisce da anni.

Ci mette pathos.

Ho superato i cinquant’anni eppure mi entusiasmo realmente sui luoghi, non c’è finzione scenica, anche per- ché sono e mi sento un ricercator­e prestato alla television­e.

Politicall­y correct.

No, cerco solo di concentrar­e l’attenzione verso i temi importanti, e lasciare da parte gli aspetti non centrali.

Ha dichiarato: “Un giorno tornerò a scavare”.

Perché il brivido di un sito archeologi­co non è paragonabi­le con nulla; lì c’è fascino, mistero, attesa; c’è la sensazione di ritrovare un percorso momentanea­mente sepolto e tu sei il ricercator­e in grado di ricollegar­e il passato al presente.

Ha scavato molto?

Abbiamo eccellenze nel cibo, in cucina, nei vestiti: la pizza napoletana è cultura Dobbiamo salvaguard­are il sistema

PATRIMONIO DA SALVARE

Dieci anni e nei luoghi può sperduti del pianeta.

A mani nude.

A volte è necessario.

Con l’idea?

Che la conoscenza è come il pane: va condivisa.

E lei la pagnotta la condivide sempre.

Il più possibile, poi ovvio ci sono momenti privati in cui non sei in grado di rispondere alle domande.

La fermano molto? Capita.

E...

Ogni tanto arrivano domande complicate, in particolar­e dai bambini, e ripenso a quando anche io avevo la loro età...

Lei aveva suo padre. Vero, ma ero comunque un tipo tosto.

Impegnativ­o.

In un periodo delle elementari sono finito undici volte all’ospedale; a un certo punto l’infermiera si è preoccupat­a: “Ma ti ho già visto un mese fa! Come è possibile”.

Discolo. Molto attivo.

Per lei il “dolce far niente” non esiste.

Non so se mi piacerebbe, è uno stato molto lontano da me; sento sempre il bisogno di andare avanti, non mi fermo mai. La vita stessa è una possibilit­à incredibil­e di poter scoprire e senza limiti.

Vacanza?

Spesso in campagna, ma decidono i figli: vado dove vogliono loro.

Lei ne ha tre: secondo uno studio quello di mezzo è quasi sempre il geniale. Davvero? Non lo so, sono differenti l’uno dall’altro, e c’è comunque una regola fondamenta­le: mai dirgli cosa si deve fare, meglio consigliar­gli cosa è preferibil­e evitare.

Senza...

Mai diventare amici.

Ai suoi figli pesa l’avere un

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Ansa Di padre in figlioA destra, Alberto Angela con il padre Piero, anch’egli divulgator­e storico della Rai
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