“Una talpa vendeva informazioni all’avvocato Amara”
IL VERBALE Gli imputati sapevano già tutto Il legale Giuseppe Calafiore ai pm: “Arrivavano notizie dell’indagine direttamente dalla Guardia di Finanza”
L’avvocato Piero Amara fu piuttosto chiaro e sintetico: “Compare, game over”. E il suo sodale, Giuseppe Calafiore, capì all’istante: stavano per arrestarli. C’era una talpa nella Guardia di Finanza che avvertiva gli indagati in tempo reale. E in questo modo danneggiava le indagini che, invece, proprio i finanzieri stavano portando avanti efficacemente da anni. E così, quando arriva il segnale del “game over”, Calafiore decide di riposarsi un po’ da lla “tensione eccessiva” e prendersi una settimana di svago a Dubai.
“CI ERAVAMOraccordati di vederci all’aeroporto e poi gli dissi: ‘Guarda, casomai torniamo, cioé non è che se ci arrestiamo stiamo a Dubai, io non ho bisogno di f u g g i re ’, quindi non sono mai fuggito in vita mia, non inizio a 38 anni...”. Amara decide di però di restare in Italia.
Giuseppe Calafiore è un avvocato di 39 anni, imputato con il legale dell’Eni Piero Amara, a Messina di associazione per delinquere dedite alla frode fiscale, reati contro la pubblica amministrazione e corruzione in atti giudiziari. È il 6 febbraio, quando un’operazione congiunta delle procure di Roma e Messina portano la Guarda di Finanza a effettuare 15 arresti. Calafiore però in quel momento è a Dubai. Ad avvertirlo – racconta al pubblico ministero di Messina Antonella Fradà – è stato proprio l’avvocato Amara. E la pm gil chiede: “Amara, queste informazioni, come le aveva?”. La risposta di Calafiore è lapidaria: “Dalla Guardia di finanza”. Poi aggiunge: “Ambienti romani, dottoressa. Amara mi ha fatto anche vedere le vostre c.n.r”. Ovvero: le comunicazioni delle notizie di reato. il tutto, continua l’imputato, avveniva “d urante le indagini”.“Era stato informato anche delle perquisizioni che furono effettuate nel 2017?”, chiede la pm. “Assolutamente sì”, è la risposta. La fonte? “Sempre Amara”.
LA GIP Maria Militello chiede ulteriori precisazioni. “Lei - chiede all’imputato Calafiore - ha fatto riferimento alla conoscenza di queste cnr. Ne avete discusso, le avete guardate? Lei le ha viste materialmente o Amara le ha detto il contenuto?”. Anche in questo caso la risposta è lapidaria e sconcertante: “No”, risponde Calafiore, “io le ho viste le Cnr”. Ma com’è possibile che informazioni così riservate, che riguardavano le indagini sugli imputati, finissero nelle mani degli stessi indagati, proprio nelle ore in cui ben due procure e decine di investigatori si occupavano di loro? “Per avere queste informazioni privilegiate”, continua la gip, “Amara ha pagato?”. “Ha pagato”, conferma Calafiore, “non so quanto, ma ha pagato”. Quel che non sa, spiega Calafiore, è il nome del finanziere infedele che ha fatto da talpa con Amara. “Gliel’ho chiesto - dice Calafiore - ma non mi ha detto il nominativo. Mi ha detto ‘Guardia di Finanza, persone mie’, niente altro”. L’unica fatto certo, secondo Calafiore, è che Amara abbia pagato: “Che ha pagato, ha pagato. Ma ha pagato anche perché a me ha chiesto i soldi, quindi glieli ho dovuti dare. (...) Mi ha detto: ‘Dammi la tua parte perché se no io queste informazioni non ce le ho’ e io ho pagato. Gli avrò dato dieci, quindicimila euro sicuro (...) era il 2016/2017 (...) mi pare in un paio di volte (...) in denaro contante (...) Dottoressa, guardi, io avevo paura cioè lei capisce, io mi leggo una Cnr, dico qua... ‘O tu dammi, mi devi aiutare perché questo comunque per me è un costo’ e io... dieci, quindicimila euro, non ricordo dove li ho presi i soldi, avevo una disponibilità, può essere anche prelievi dal mio conto personale... di Cnr ne ho letta più di una. Sicuramente tre. Due o tre sicure”.
Calafiore e Amara usavano le loro accortezze: “Aveva (Amara, ndr) una pen drive e poi ci vedevamo, la inserivamo in un computer comprato ad hoc e poi il computer veniva buttato. Ogni Cnr compravamo un computer che veniva buttato nel Tevere”.
IL PREZZO DELLE NOTIZIE
Sì ha pagato, anche perché mi ha chiesto soldi, glieli ho dovuti dare. Mi ha detto: ‘Dammi la tua parte se no io le informazioni non ce le ho’
ORA SONO IN CORSO le indagini delle procure di Roma e Messina per individuare il finanziere infedele che, secondo il racconto di Calafiore, vendeva, per decine di migliaia di euro, informazioni riservate agli indagati. Quel che è certo - stando alla deposizione dell’imputato - è che Amara non soltanto era in grado di influenzare e, addirittura, guidare alcune indagini, attraverso pm corrotti e compiacenti, ma riusciva persino a monitorare le inchieste che lo vedevano indagato.
Un sistema costruito negli anni sul quale, sia la procura di Messina, sia quella di Roma, sono riusciti a far luce. Un sistema - Amara è indagato anche per una serie di sentenze aggiustate al Consiglio di Stato - che ancora non sappiamo dove e come sia riuscito ad attecchire.
LE SOFFIATE SULLE NOTIZIE DI REATO
Avevamo una pen drive la inserivamo in un computer comprato ad hoc e poi lo buttavamo Ogni volta ne compravamo uno e poi finiva nel Tevere