2,7 miliardi di risparmi italiani a rischio Turchia
L’attrattiva degli alti rendimenti delle obbligazioni della Mezzaluna ha sedotto migliaia di persone che adesso tremano
Decine di migliaia di risparmiatori italiani sono vittime dell’annuncio di nuovi pesanti dazi Usa su acciaio e alluminio turchi, che ha scatenato la fuga dei capitali da Ankara facendone crollare la valuta. Sono gli investitori che, abbagliati dagli alti tassi d’interesse offerti, hanno acquistato obbligazioni in lire turche. Molti di loro, magari ancora inconsapevoli, stanno perdendo gran parte della somma versata inizialmente.
IN ITALIA sono quotati 56 bond del valore complessivo di 18,46 miliardi di lire turche: al cambio attuale valgono 2,67 miliardi di euro. Ma questa somma cala di pari passo con la svalutazione della moneta di Ankara che nelle ultime sedute è stata parossistica, sprofondando anche del 20 per cento rispetto all’euro in una sola giornata. Secondo la banca dati Skipper Informatica, 43 di queste obbligazioni sono state emesse da istituzioni finanziarie sovranazionali, otto sono bond bancari, quattro di emittenti pubblici tedeschi e c’è un titolo di Stato turco. Il più vecchio, un bond Bei, ha quasi 10 anni e scadrà il 17 ottobre: quando fu emesso per un euro bastavano 2,03 lire turche, mentre venerdì scorso ne servivano 6,93 con una svalutazione superiore al 70 per cento.
Il fenomeno era maggiore qualche anno fa. Tra il 2005 e il 2016 sui mercati finanziari italiani hanno circolato ben 144 obbligazioni per un totale di 234,9 miliardi di lire turche che, al cambio attuale, sono pari a 33,9 miliardi di euro. La popolarità di questi bond era dovuta al loro rendimento nominale: le cedole erano spesso anche a doppia cifra. Il record lo raggiunse il bond biennale Bei scaduto il 20 marzo 2009 che pagava un tasso annuo lordo del 18,5 per cento. Se si considera che all’epoca i rendimenti medi dei bond italiani erano del 4,67 per cento e che alle cedole dei titoli sovranazionali, come quelli Bei, il Fisco applica l’imposta agevolata del 12,5 per cento, la stessa usata per i BoT e i titoli di Stato, e non il 26 per cento che grava invece sui bond bancari e corporate, si nota il richiamo (apparente) dell’investimento.
Dietro quei rendimenti nominali c’era (e c’è) però in ag- guato il rischio di cambio: se si compra qualcosa in una moneta diversa dall’euro può accadere che, al momento di rivenderla o di essere rimborsati, quella moneta si sia svalutata e che quindi il ricavo o rimborso in euro sia più basso del prezzo iniziale. Nel caso dei bond, il rischio è mitigato (ma non azzerato) solo dalle cedole incassate nel tempo. Per esempio, chi il 17 ottobre 2008 all’emissione avesse comprato per 10mila lire turche (all’epoca erano 4.921 euro, con un cambio a 2,0321) il bond decennale Bei e lo avesse venduto venerdì scorso, 10 agosto, quando il cambio era crollato a 6,9309, avrebbe recuperato solo 2.010 euro. Ma grazie alle cedole incassate per 4.434 euro avrebbe avuto comunque un saldo attivo di 1.523 euro, pari a un rendimento reale netto annuo in euro del 2,79 per cento: ben inferiore a quello nominale del 14,95 per cento in lire turche.
STA ANDANDO peggio a migliaia di risparmiatori che hanno comprato i bond in lire turche emessi, ad esempio, da Banca Imi ( gruppo Intesa Sanpaolo). Chi avesse comprato all’emissione il bond Imi a tasso nominale 7,48 per cen- to, o l’obbligazione biennale Collezione Tasso Fisso Opera VI o la Collezione Tasso Fisso Opera VII (entrambi con cedole nominali lorde annue dell ’11 percento) e, magari preso dal panico per il crollo della valuta di Ankara, le avesse rivendute venerdì scorso avrebbe avuto pesanti perdite con rendimenti annui netti pari rispettivamente a -8,5, -19,4 e -34,1 per cento. Né vale, come per i bond in euro, attendere il rimborso a prezzo pie- no: perché nessuno sa se da qui alle scadenze, previste rispettivamente ai prossimi 30 settembre, 13 marzo e 25 settembre 2019 la lira turca sarà tornata a recuperare o se si sarà ulteriormente indebolita sull’euro.
VIE D’USCITA comunque esistono. “I risparmiatori possono chiedere di verificare se alla sottoscrizione dei bond l’intermediario ha rispettato il loro profilo di rischio. Se ciò non fosse avvenuto, il contratto di sottoscrizione non sarebbe valido e si potrebbe chiedere il rimborso del danno o della somma originariamente investita”, spiega Alessandro Pedone, consulente finanziario indipendente e responsabile tutela del risparmio dell’Associazione degli utenti consu- matori (Aduc). “Nel merito, l’Arbitro per le controversie finanziarie della Consob consente di controllare se sono state rispettate le regole, senza tempi biblici per ottenere risposta e senza pesanti costi per la gestione della pratica”, conclude Pedone.
56 emissioni I titoli di Stato e i bond bancari in lire turche quotati in Italia Li hanno anche piccoli risparmiatori