Il Fatto Quotidiano

Fra annunci e realtà tutti i dazi di Trump in guerra col mondo

Il presidente Usa e la politica delle minacce Nonostante i faccia a faccia clima teso con Kim e Putin E anche il fronte interno gli riserva più di un dispiacere

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

La politica estera di Donald Trump sta tutta, da mesi, in questa prece: “Dacci oggi le nostre sanzioni quotidiane, o i nostri dazi”. Dovunque ti giri, un nemico lo trovi. Placati i bollori con la Corea del Nord, il magnate presidente ha cominciato a prendersel­a a destra e a manca: sanzioni all’Iran, nuovo ed eterno ‘arci-nemico’ della destra americana; alla Russia, subito dopo essersi guardato negli occhi con Vladimir Putin; alla Turchia che è un alleato della Nato. In più dazi alla Cina per miliardi di dollari, all’Ue, e persino ai vicini Canada e Messico.

Pesano anche i flop in politica interna: la riforma fiscale (troppo) favorevole alle aziende e ai super- ricchi e (troppo) poco alla classe media; la riforma dell’immigrazio­ne che non va in porto; il Russiagate che va avanti e che non può più essere liquidato come una ‘caccia alle streghe’; l’avviciname­nto al voto di midterm del 6 novembre che rischia di togliere ai repubblica­ni il controllo del Congresso; il clima dentro la Casa Bianca, dove è bega continua e il capo dello staff John Kelly resta solo nel ruolo di capro espiatorio. Per convincere l’elettorato che l’America resta sempre ‘first’, Trump continua a battere pugni sul tavolo, e a inviare tweet. Ma non sempre all’annuncio segue un’azione oppure c’è parecchia distanza tra le misure annunciate e quelle attuate. Ma, si sa, nell’America di Trump - e non solo -, ciò che conta è dirle le cose, non farle. Vediamo la situazione sui vari fronti.

IRAN. Qui alle parole seguono i fatti: l’abbandono dell’accordo del 2015 sul nucleare, confermato invece dagli altri contraenti, Russia e Cina, Gran Bretagna, Francia, Germania e l’Ue tutta; la reintroduz­ione delle sanzioni alle aziende che fanno affari con Teheran; e, in autunno, l’estensione delle sanzioni alle aziende di altri Paesi, dunque pure alle europee. Seguono dichiarazi­oni contrastan­ti: “Colpiremo l’Iran con le sanzioni più pesanti mai comminate”, disse il Segretario di Stato Mike Pompeo, che sta alla diplomazia come Trump sta alla politica. “Sono pronto a incontrare il presidente Rohani in ogni momento”, dixit Trump, ricevendo in cambio segnali di fumo. Mosca, Pechino e Bruxelles difendono l’intesa, ma pare causa persa.

COREA DEL NORD. Le sanzioni ci sono esattament­e come c’erano prima del 12 giugno, giorno dell’incontro a Singapore Miliardi di dollari sono le importazio­ni nel 2017 dalla Cina, primo fornitore Pende un aumento dei dazi su 200 miliardi di import Miliardi le esportazio­ni Usa in Cina (tra cui gas naturale e semi di soia) sulle quali Pechino studia un rialzo dei dazi La nuova aliquota dei dazi sulle importazio­ni d’acciaio turco (20% sull’alluminio) annunciata venerdì. La lira è crollata tra Trump e il leader nord-coreano Kim Jong-un. Da allora, del resto, non è successo nulla di tangibile sul fronte ‘denucleari­zzazione della penisola coreana’. Il vertice che voleva essere storico si conferma vuoto di sostanza: non ci sono impegni precisi, né un calendario delle cose da fare. Infatti nessuno fa nulla. Avanti di questo passo, Kim tornerà a essere nei tweet di Trump rocket-man e palla di lardo.

RU SS IA. P reo ccu pa to dalle reazioni nell’Unione all’incontro con Putin a Helsinki - c’è chi ne chiede l’imputazion­e per alto tradimento -, Trump ha dato un giro di vite ai rapporti con Mosca: posposto al 2019 un nuovo summit, che pareva imminente; rinnovate le sanzioni per i fatti del 2014 - la guerra in Ucraina e l’annessione della Crimea -, inasprite quelle per il nebuloso affare Skripal, ammesse le ingerenze russe nelle elezioni 2016. Colpa di Obama, ovviamente.

TURCHIA. È il fronte più recente, innescato dalle vicissitud­ini del pastore Brunson, missionari­o evangelico sospettato di combutta con i golpisti del 2016. Qui le sanzioni sono per ora poca cosa, ma l’escalation verbale tra Trump ed Erdogan - un altro che non vi va giù sottile - lascia presagire apocalissi diplomatic­he e persino stravolgim­enti di alleanze.

I numeri

DAZI, CINA E UE. Qui tra parole e fatti c’è, per fortuna, meno sintonia, almeno finora. Fatti salvi acciaio e allumini - con il coinvolgim­ento pure di Canada, Messico e altri Paesi, e un primo set di misure anti-cinesi, con il corollario delle altrui

Chiodo fisso Iran Teheran all’angolo e presto penali anche a tutti gli altri Paesi che commercian­o lì

Contro l’Europa

Già attive le restrizion­i per alluminio e acciaio Per ora congelati gli altri ‘pacchetti’

contro- misure -, sono stati preparati pacchetti di provvedime­nti impression­anti, sempre però subordinan­done l’entrata in vigore all’esito di negoziati in corso.

Con l’Ue, si era giunti quasi sull’orlo del baratro, ma un incontro di Trump con Juncker rimise in moto la trattativa. Con la Cina, è tutto uno stop and go. Il problema è che i dazi piacciono ad alcuni dei fans di Trump, ma le contromisu­re ne danneggian­o altri e magari di più.

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 ?? Ansa ?? Al G20 di Amburgo Donald Trump durante la prima sessione (luglio 2017) con Angela Merkel, Xi Jinping e Theresa May
Ansa Al G20 di Amburgo Donald Trump durante la prima sessione (luglio 2017) con Angela Merkel, Xi Jinping e Theresa May

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