Fra annunci e realtà tutti i dazi di Trump in guerra col mondo
Il presidente Usa e la politica delle minacce Nonostante i faccia a faccia clima teso con Kim e Putin E anche il fronte interno gli riserva più di un dispiacere
La politica estera di Donald Trump sta tutta, da mesi, in questa prece: “Dacci oggi le nostre sanzioni quotidiane, o i nostri dazi”. Dovunque ti giri, un nemico lo trovi. Placati i bollori con la Corea del Nord, il magnate presidente ha cominciato a prendersela a destra e a manca: sanzioni all’Iran, nuovo ed eterno ‘arci-nemico’ della destra americana; alla Russia, subito dopo essersi guardato negli occhi con Vladimir Putin; alla Turchia che è un alleato della Nato. In più dazi alla Cina per miliardi di dollari, all’Ue, e persino ai vicini Canada e Messico.
Pesano anche i flop in politica interna: la riforma fiscale (troppo) favorevole alle aziende e ai super- ricchi e (troppo) poco alla classe media; la riforma dell’immigrazione che non va in porto; il Russiagate che va avanti e che non può più essere liquidato come una ‘caccia alle streghe’; l’avvicinamento al voto di midterm del 6 novembre che rischia di togliere ai repubblicani il controllo del Congresso; il clima dentro la Casa Bianca, dove è bega continua e il capo dello staff John Kelly resta solo nel ruolo di capro espiatorio. Per convincere l’elettorato che l’America resta sempre ‘first’, Trump continua a battere pugni sul tavolo, e a inviare tweet. Ma non sempre all’annuncio segue un’azione oppure c’è parecchia distanza tra le misure annunciate e quelle attuate. Ma, si sa, nell’America di Trump - e non solo -, ciò che conta è dirle le cose, non farle. Vediamo la situazione sui vari fronti.
IRAN. Qui alle parole seguono i fatti: l’abbandono dell’accordo del 2015 sul nucleare, confermato invece dagli altri contraenti, Russia e Cina, Gran Bretagna, Francia, Germania e l’Ue tutta; la reintroduzione delle sanzioni alle aziende che fanno affari con Teheran; e, in autunno, l’estensione delle sanzioni alle aziende di altri Paesi, dunque pure alle europee. Seguono dichiarazioni contrastanti: “Colpiremo l’Iran con le sanzioni più pesanti mai comminate”, disse il Segretario di Stato Mike Pompeo, che sta alla diplomazia come Trump sta alla politica. “Sono pronto a incontrare il presidente Rohani in ogni momento”, dixit Trump, ricevendo in cambio segnali di fumo. Mosca, Pechino e Bruxelles difendono l’intesa, ma pare causa persa.
COREA DEL NORD. Le sanzioni ci sono esattamente come c’erano prima del 12 giugno, giorno dell’incontro a Singapore Miliardi di dollari sono le importazioni nel 2017 dalla Cina, primo fornitore Pende un aumento dei dazi su 200 miliardi di import Miliardi le esportazioni Usa in Cina (tra cui gas naturale e semi di soia) sulle quali Pechino studia un rialzo dei dazi La nuova aliquota dei dazi sulle importazioni d’acciaio turco (20% sull’alluminio) annunciata venerdì. La lira è crollata tra Trump e il leader nord-coreano Kim Jong-un. Da allora, del resto, non è successo nulla di tangibile sul fronte ‘denuclearizzazione della penisola coreana’. Il vertice che voleva essere storico si conferma vuoto di sostanza: non ci sono impegni precisi, né un calendario delle cose da fare. Infatti nessuno fa nulla. Avanti di questo passo, Kim tornerà a essere nei tweet di Trump rocket-man e palla di lardo.
RU SS IA. P reo ccu pa to dalle reazioni nell’Unione all’incontro con Putin a Helsinki - c’è chi ne chiede l’imputazione per alto tradimento -, Trump ha dato un giro di vite ai rapporti con Mosca: posposto al 2019 un nuovo summit, che pareva imminente; rinnovate le sanzioni per i fatti del 2014 - la guerra in Ucraina e l’annessione della Crimea -, inasprite quelle per il nebuloso affare Skripal, ammesse le ingerenze russe nelle elezioni 2016. Colpa di Obama, ovviamente.
TURCHIA. È il fronte più recente, innescato dalle vicissitudini del pastore Brunson, missionario evangelico sospettato di combutta con i golpisti del 2016. Qui le sanzioni sono per ora poca cosa, ma l’escalation verbale tra Trump ed Erdogan - un altro che non vi va giù sottile - lascia presagire apocalissi diplomatiche e persino stravolgimenti di alleanze.
I numeri
DAZI, CINA E UE. Qui tra parole e fatti c’è, per fortuna, meno sintonia, almeno finora. Fatti salvi acciaio e allumini - con il coinvolgimento pure di Canada, Messico e altri Paesi, e un primo set di misure anti-cinesi, con il corollario delle altrui
Chiodo fisso Iran Teheran all’angolo e presto penali anche a tutti gli altri Paesi che commerciano lì
Contro l’Europa
Già attive le restrizioni per alluminio e acciaio Per ora congelati gli altri ‘pacchetti’
contro- misure -, sono stati preparati pacchetti di provvedimenti impressionanti, sempre però subordinandone l’entrata in vigore all’esito di negoziati in corso.
Con l’Ue, si era giunti quasi sull’orlo del baratro, ma un incontro di Trump con Juncker rimise in moto la trattativa. Con la Cina, è tutto uno stop and go. Il problema è che i dazi piacciono ad alcuni dei fans di Trump, ma le contromisure ne danneggiano altri e magari di più.