La fede va purificata sempre, ma si alimenta con il pane di Cristo
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: “Io sono il pane disceso dal cielo”. E dicevano: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: ‘Sono disceso dal cielo’?”. Gesù rispose loro: “Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’u lt im o giorno. Sta scritto nei profeti: e tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Giovanni 6,41-51).
NELLA PRIMA LETTURA della liturgia domenicale incontriamo il profeta Elia che sta vivendo un momento di assoluto smarrimento; gli sembra che quel Dio, “alla cui presenza egli sta”(1Re 17,1), sia indifferente all’idolatria dilagante in Israele. Desolato s’incammi- na nel deserto e sotto una ginestra, sfiduciato, invoca la morte. Lo raggiunge, però, il Signore che lo ristora con pane e acqua per rimetterlo su di una strada nuova, cammino esigente, foriero d’un Incontro imprevedibile. La salita all’Oreb fa tacere le attese di Elia, i suoi fallimenti pastorali, le sue paure, il suo modo di voler bene al Popolo di Dio. Entrare nel silenzio di Dio significa essere purificati nelle aspettative, mutare linguaggio, guardare alla vita e al futuro con lo sguardo di Dio.
I pochi versetti odierni, prosecuzione della lettura continua del discorso sul pane di vita, mettono in luce come i Giudei rimangano prigionieri della loro incredulità, indisponibili a riconoscere nella carne, nei segni e nelle parole di Gesù il compimento della promessa di Dio e la Sua rivelazione.
La Parola fatta carne che venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14) e che giungerà alla morte in Croce, si scontra con la mormorazione del cuore, la resistenza a credere di quanti ritengono di conoscere le scelte di Dio: Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire “Sono disceso dal cielo?”.
Dio è in alto, distante dalla miseria di questo mondo, dalla condizione esistenziale di noi uomini. Invece, è proprio la fragilità della nostra carne da Lui assunta, il suo discendere ( tapeinosis) dal cielo per dimorare tra noi che dimostra che Dio è meno geloso del suo Mistero di quanto invece non sia appassionato della nostra debolezza. Egli cono- sce il Padre e sa di essere suo dono affinché chi crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Il Dono passa attraverso l’umiliazione dell’Incarnazione, il sofferto ed eloquente silenzio della Croce, la sua risurrezione.
L’elementare linguaggio di questa semplice ed essenziale teologia introduce tutti nel Mistero: discesa, vita, carne, pane, cielo, mondo, morte, risurrezione: il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.
AFFINCHÉ LA NOSTRAfede cresca è necessario venir liberati dai pregiudizi su Dio. Come nutro il mio spirito e quali sono i miei pensieri su di Lui? Parole evangeliche e idee buone sono il tessuto e la qualità del nostro conversare quotidiano? La fiducia che le cose possono cambiare e il nostro impegno per questo, la bellezza, il bene, la verità sono le luci della nostra anima? Ha la Parola di Dio il compito liberarci da precomprensioni asfittiche e pregiudizi deleteri? Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato (…). Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. La fede va purificata continuamente, ma si alimenta con il banchetto proposto da Gesù e si sviluppa con la convivialità fraterna. *Amministratore Apostolico di Camerino – San Severino Marche
CONTRO I PREGIUDIZI Entrare nel silenzio di Dio significa mutare linguaggio, guardare alla vita e al futuro attraverso il suo stesso sguardo