Il Fatto Quotidiano

VINCERE MILIONI A TUA INSAPUTA

SCHEDINE DIMENTICAT­E Il tesoretto dei soldi mai incassati dagli italiani

- » MASSIMO FILIPPONI

La

dea bendata è passata di fretta e ha posto lo sguardo su di te. Proprio nel momento in cui eri intento ad acquistare una schedina precompila­ta del Superenalo­tto in quella tabaccheri­a decadente dove le slot machine e il vecchio gestore fanno a gara a chi frega più soldi. Proprio in quell’attimo, quando afferri quel semplice tagliando (i numeri nemmeno li guardi, tanto quella lampada al neon di luce ne ha fatta sempre poca), un essere superiore decide che è arrivata la gloria. Ebbene quei sei numeri improbabil­i (ma quan- do mai usciranno insieme il 49 e il 50, e il 56 poi... ), quelle cifre bizzarre raggruppat­e dal cervello artificial­e di un computer già datato, proprio quella è la sequenza regina del sabato sera.

Quel sabato di metà maggio del 2018 così irreale da determinar­e solo eventi assurdi, circostanz­e impensabil­i.

Il Sassuolo (“salvo”) che va a battere l’Inter (“alla disperata ricerca di punti per la Champions”) a San Siro; l’inedita coppia Salvini- Di Maio in una stanza e intorno a un tavolo a scrivere gli articoli del contratto di governo; tu che vinci al Superenalo­tto. Sì, dannato testone, hai capito bene. Tu hai vinto 51mila euro! Perché quei numeri che hai giocato sono usciti. U-sci-ti. Chiaro?

UN VINCITORE a Milano, uno a Trieste e uno a Tuglie (provincia di Lecce). Da quel giorno i tre cavalieri del sabato sera più pazzo dell’anno cavalcano insieme da Nord a Sud, carichi del loro peso speciale, un extra size di 153mila euro. Da tre mesi cavalcano senza fatica, senza paura e senza macchia. E soprattutt­o senza sapere di aver vinto 51mila euro. I tre papà della sestina vincente (ma potrebbero essere anche tre mamme o forse ragazze/i madri/padri) finora non hanno incassato il premio. Non intendono riconoscer­e la loro creatura? Non vogliono prendersi le proprie responsabi­lità? Ignorare la vincita è pratica costante per quanto incomprens­ibile.

Dal 2010 al 2016 – e parliamo solo di Lotto e altre lotterie – non sono mai stati incassati premi per 353 milioni. “Una signora cifra”, direbbe Verdone. Più o meno la somma che la Regione Lazio ha stanziato per tre anni di “ediliza agevolata” e la Sardegna ha messo da parte per interventi nei territori finalizzat­i a evitare lo “spopolamen­to”. Come fa lo Stato ad arrivare ad accumulare 353 milioni di vincite non riscosse in sei anni? Chiaro, a colpi di 51mila euro dimenticat­i volta per volta. Siamo di fronte alla forma di distrazion­e più bieca e infame. Ché poi, se te ne ricordi quando ormai è troppo tardi – e oggi già lo è – non passerà giorno senza che maledica te stesso: il fantasma della dea bendata rifiutata come fosse una megera qualunque ti accompagne­rà nelle notti insonni. Non avrai più scampo, il rimorso crescerà con il passare del tempo e come un tarlo penetrerà nei pensieri monopolizz­ando i ricordi.

Esiste una solo rimedio. Ma non è sicuro al 100%... Chiamiamol­o metodo omeopatico. La cura consiste nell’andarsi a leggere la storia del “po vero” Virginio Salmoiragh­i che il 4 ottobre 2003 ebbe la sfortuna di vincere 160 milioni (e rotti) al Su- perenalott­o. Molti investimen­ti sbagliati, tanti acquisti affrettati e una popolarità improvvisa impossibil­e da gestire. Nella zona di Legnano dove viveva il siur Virginio, tutti hanno saputo della vincita e lui non ce l’ha fatta a continuare la vita di onesto operaio. Come si fa a far finta di niente con 160 milioni piovuti come manna dal cielo? Dopo 7 anni i soldi erano già (quasi) finiti. Aveva toccato il cielo con un dito e poi si è ritrovato a terra: “Voglio che la mia esperienza sia d’esempio al prossimo vincitore del Superenalo­tto – dichiarava affranto – Prima avevo una vita normale. Ora ho i cani in giardino, vivo circondato di telecamere, mi bruciano l’auto... Non bisogna dire nulla a nessuno, neanche ad amici e parenti più fidati. E però sono sempre lì, ogni sabato davanti alla ricevitori­a. Non si sa mai”.

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