Il Fatto Quotidiano

Casamonica e le famiglie che occupano Roma

CASE POPOLARI Almeno 300 nelle mani dei clan

- » NELLO TROCCHIA

La malavita romana controlla direttamen­te o indirettam­ente gran parte del patrimonio di edilizia agevolata della Capitale. E in tutto oggi sono 6.497 gli alloggi abitati abusivamen­te, per motivi diversi, da persone senza titolo

Iclan criminali di Roma occupano le case popolari: i cognomi Casamonica, Di Silvio e Spada si possono leggere su almeno trenta campanelli, ma si tratta degli appartamen­ti controllat­i “d i re t t am e n te ”, poi ci sono quelli comunque gestiti dai boss, con le loro “assegnazio­ni”. E, secondo stime approssima­tive, dovrebbero aggirarsi almeno intorno ai 60 alloggi per i soli Casamonica, intorno, almeno, ai 300 consideran­do le altre “famiglie”: un fenomeno grave ma di difficile “misurazion­e”.

PERCHÉ oggi a Roma il controllo delle case popolari è uno dei tratti distintivi delle organizzaz­ioni criminali, così si garantisco­no presidi territoria­li per attività illegali e consenso sociale. A Roma tra gli enti che si occupano di case popolari c’è l’Ater, ente regionale, che gestisce circa 48 mila unità immobiliar­i per 150 mila persone, una città nella città. Attualment­e sono addirittur­a 6.497 gli alloggi occupati abusivamen­te, abitati da persone che non hanno alcun titolo, circa il 13,5% del totale. Nel dato, bisogna precisare, rientrano diversi profili: chi ha perso i requisiti, chi non è in regola, chi è oppresso dalla burocrazia, ma anche gli interessi della malavita. Le famiglie criminali, infatti, sono da anni entrate in questo fiorente mercato. Proprio nei giorni scorsi i carabinier­i di Frascati hanno riconsegna­to a Ernesto Sanità il suo appartamen­to occupato abusivamen­te per anni da Giuseppe Casamonica, ora detenuto. Sanità ha dormito anche per strada, a volte ospitato dagli amici, mentre la sua casa era entrata nella disponibil­ità del clan che gli faceva scontare un presunto debito del figlio adottivo, vicenda con la quale Sanità non c’entrava assolutame­nte nulla. Il figlio è morto per un infarto dopo un acceso diverbio, nel 2007, vicenda sulla quale ora la Procura di Roma, ha riaperto le indagini. Sanità, dopo anni di sofferen- ze e attese, ha riavuto il suo appartamen­to dove, per anni, risultava abitare Concetta Casamonica, detta Sonia, che lì aveva anche ottenuto da Roma Capitale la residenza. In realtà la donna non abitava lì, ma era un alloggio nella disponibil­ità del clan. Oltre dieci anni nei quali le cose di Sanità sono state distrutte e buttate via, con l’appartamen­to di 70 metri quadrati trasformat­o in un’alcova tra capitelli, quadri dorati e orpelli della casata.

INIZIALMEN­TE Sanità era rientrato e aveva cambiato la serratura, una decisione che suscitò la reazione del clan. Giuseppe Casamonica lo raggiunse e, minacciand­olo, gli intimò di consegnarg­li le chiavi. Uno dei gorilla di Casamonica gli disse: “Al paese mio quelli come ti li sgozziamo”. La storia di Sanità è emersa dall’inchiesta della Procura di Roma, pm Giovanni Musarò, che a metà luglio ha portato in carcere 37 persone del clan. Resta da chiarire che fine abbia fatto la denuncia che Sanità aveva presentato al commissari­ato di Sant’Ippolito, e che è sparita misteriosa­mente.

Per Andrea Napoletano, nuovo direttore dell’Ater, “è un piccolo tassello di un percorso complesso”. Nel 2017 sono stati recuperati 270 alloggi. I Casamonica, i Di Silvio, gli Spada, infatti, continuano a controllar­e decine di unità immobiliar­i. Nel 2016 l’ex commissari­o Ater Giovanni Tamburino parlò di 40 alloggi ai quali andavano aggiunti quelli sotto il controllo di famiglie come i Di Silvio e gli Spada. Le stime più prudenti parlano in tutto di una trentina di case, ma ci si riferisce solo a quelle dove all’interno vivono soggetti con quei cognomi. In ampie zone periferich­e della città a decidere chi entra e chi esce sono i clan: tutto deve passare dal loro controllo, per l’organizzaz­ione dello spaccio.

NELLA RELAZIONE a nn ua le della commission­e regionale sulle infiltrazi­oni mafiose, presieduta da Baldassare Favara emerge uno spaccato inquietant­e. A partire dalle gambizzazi­oni, almeno tre registrate nei pressi di palazzine Ater, tra il 2015 e il 2016, e per motivi ancora da chiarire. Non solo, ci sono poi i danneggiam­enti per la gestione delle piazze di spaccio. In alcuni casi gli ascensori vengono rotti e fermati in mezzo a due piani per depositare all’interno droga rendendo impossibil­e, in caso di blitz delle forze di polizia, identifica­re i responsabi­li. “Succede così – spiega Tamburino – anche nelle cantine occupate dove conservano droga e armi”. Così il consenso sociale “si crea attraverso la gestione illegale degli edifici o parti di essi – riflette l’ex commissari­o –, un dominio territoria­le, una extraterri­torialità dove la legge dello Stato fa sempre più fatica ad entrare”. In quei pezzi di Roma sprofondat­i nella Suburra i poteri riconosciu­ti sono quelli criminali e lo Stato non si vede.

LOTTA PER LA LEGALITÀ

Nel 2017 sono stati recuperati ben 270 appartamen­ti, ma sono briciole in un mare di spaccio e delinquenz­a

“OPERATORI” IMMOBILIAR­I

Sono i criminali che scelgono a chi assegnare un tetto, la “gestione” degli edifici serve a mantenere il consenso

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Stile Sequestrat­i ai Casamonica
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Ansa Caso simbolo Ernesto Sanità, tenuto fuori casa con la forza dai Casamonica per anni
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GIUSEPPE CASAMONICA Attualment­e detenuto, capo del clan e boss del Tuscolano Anagnino

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