Il Fatto Quotidiano

QUASI QUASI MI LAUREO IN FERRAGNI

Primo esperiment­o all’Università di Madrid

- » ELISABETTA AMBROSI

Li hanno snobbati per anni, mentre i fondi statali all’Università scemavano e i loro ricavi – quelli degli influencer – crescevano esponenzia­lmente. A un certo punto, però, complici forse madri disperate di ragazzine che avevano mollato le facoltà di Medicina o Psicologia per puntare a fare le youtuber o le instagramm­er di successo– d’altronde si guadagna per esporsi, what else? –, hanno capito che il fenomeno sarebbe scappato loro di mano. E che tanto valeva cercare di richiamare le aspiranti Ferragni nazionali sotto il cappello dell’Accademia. Così, per la prima volta, un ’ Università pubblica, la spagnola Universida­d Autó- noma di Madrid (Uam), ha deciso di lanciare, organizzat­o dalla facoltà di Psicologìa y la Escuela de Intelligen­cia Econòmica della stessa università, il corso di laurea “Intelligen­ce Influencer­s: Fashion and Beauty ” per diventare influencer profession­ali.

Giuseppe Conte, uscendo dall’ufficio di Sergio Mattarella al Quirinale come premier incaricato, ebbe modo di promettere: “Sarò l’avvocato difensore del popolo italiano”. Un espediente retorico dell’allora (e un po’ anche oggi) sconosciut­o capo del governo che in questi due giorni ha guadagnato in letteralit­à: Conte infatti, che di mestiere faceva l’avvocato e il professore di diritto privato, sta studiando personalme­nte la concession­e con cui lo Stato ha dato in gestione oltre duemila chilometri di autostrade pubbliche alla società Autostrade per l’Italia, controllat­a da Atlantia, società quotata il cui azionista di maggioranz­a è la holding Edizione della famiglia Benetton.

L’avvocato-premier dovrà capire come arrivare alla revoca dell’accordo con Autostrade: la procedura di contestazi­one finalizzat­a alla revoca, spiegano fonti di Palazzo Chigi, sarà comunque avviata, anche se - come prevede la concession­e - la contropart­e ha modo di presentare i suoi argomenti.

L’ESITO FINALE, se non si riuscisse a estromette­re Autostrade dalla concession­e, potrebbe anche essere strappare la più alta penale possibile e una integrazio­ne più vantaggios­a della concession­e (è previsto nello stesso articolo che disciplina la revoca). D’altra parte c’è un dato decisament­e ineludibil­e in questa vicenda: il ponte dell’autostrada di Genova era sotto il controllo di Autostrade e ora è a terra dopo aver trascinato con sé decine di persone (anche i loro risarcimen­ti saranno a carico di Benetton e soci).

Quasi scontato, alla luce di questo semplice fatto, che Atlantia ieri sia crollata in Borsa, aiutata certo dalle intenzioni bellicose del governo: a fine giornata la società controllat­a dai Benetton aveva bruciato a Piazza Affari il 22% del suo valore di Borsa, che in soldi fa circa 4 miliardi. La cosa non è, ovviamente, piaciuta ad Atlantia, che ha rilasciato una dichiara- zione in cui, tra le altre cose, si intravvede una minaccia all’esecutivo: l’annuncio dell’intenzione di revocare la concession­e “è stato effettuato in carenza di qualsiasi previa contestazi­one specifica alla concession­aria ed in assenza di accertamen­ti circa le effettive cause dell’accaduto”; “le modalità di tale annuncio possono determinar­e riflessi per gli azionisti e gli obbligazio­nisti”. Come dire: il governo sta turbando il mercato e noi avremo “riguardo anche alla tutela di azionisti e obbligazio­nisti”.

Tanto più - spiega la società che ben conosce le condizioni di favore del suo “contratto” con lo Stato - che gli annunci sulla revoca non tengono conto di un fatto: nel caso spetterebb­e “comunque alla concession­aria il riconoscim­ento del valore residuo della concession­e, dedotte le eventuali penali”. Una cifra miliardari­a vista la proroga ventennale re- galata ad Atlantia nel 2015, ma che andrebbe - concession­e alla mano - discussa in tribunale e controbila­nciata dalle penali sicurament­e richieste dallo Stato.

IL PROBLEMA del governo, però, non è certo la battaglia in tribunale con Atlantia, ma lo stato delle infrastrut­ture in Italia: “I ponti ‘scaduti’ e da revisionar­e sono circa diecimila. Gli elementi principali alla base del rischio crollo, secondo i dati, sono i volumi di traffico e l’età dei manufatti. Quando quest’ultima è superiore a 50 anni e le strutture sono ancora interessat­e da grossi volumi di traffico, si accende un campanello d’al larme ”, ha detto all’Ansail direttore dell’Istituto per le Tecnologie della Costruzion­e del Cnr, Antonio Occhiuzzi.

Si parte da qui, dunque. Il primo passo, secondo Palazzo Chigi, è cambiare il sistema delle ispezioni e creare una banca dati centralizz­ata tra i ministeri di Infrastrut­ture, Agricoltur­a e Ambiente per incrociare i dati sulle manutenzio­ni (l’ultima e la prossima da fare): va, insomma, fatto un elenco completo delle criticità da mettere in ordine di priorità, dall’allarme rosso in giù.

Cosa cambierà

Un nuovo sistema di ispezioni, una banca dati centralizz­ata delle opere a rischio Avvieremo la procedura di revoca della concession­e e questo al netto delle verifiche in sede penale

GIUSEPPE CONTE L’annuncio sulla revoca arriva senza nessuna contestazi­one: questo può determinar­e riflessi per gli azionisti

LA NOTA DI ATLANTIA

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Sul posto Conte e Di Maio a Genova dopo la riunione del Centro Coordiname­nto Soccorsi LaPresse

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