QUASI QUASI MI LAUREO IN FERRAGNI
Primo esperimento all’Università di Madrid
Li hanno snobbati per anni, mentre i fondi statali all’Università scemavano e i loro ricavi – quelli degli influencer – crescevano esponenzialmente. A un certo punto, però, complici forse madri disperate di ragazzine che avevano mollato le facoltà di Medicina o Psicologia per puntare a fare le youtuber o le instagrammer di successo– d’altronde si guadagna per esporsi, what else? –, hanno capito che il fenomeno sarebbe scappato loro di mano. E che tanto valeva cercare di richiamare le aspiranti Ferragni nazionali sotto il cappello dell’Accademia. Così, per la prima volta, un ’ Università pubblica, la spagnola Universidad Autó- noma di Madrid (Uam), ha deciso di lanciare, organizzato dalla facoltà di Psicologìa y la Escuela de Intelligencia Econòmica della stessa università, il corso di laurea “Intelligence Influencers: Fashion and Beauty ” per diventare influencer professionali.
Giuseppe Conte, uscendo dall’ufficio di Sergio Mattarella al Quirinale come premier incaricato, ebbe modo di promettere: “Sarò l’avvocato difensore del popolo italiano”. Un espediente retorico dell’allora (e un po’ anche oggi) sconosciuto capo del governo che in questi due giorni ha guadagnato in letteralità: Conte infatti, che di mestiere faceva l’avvocato e il professore di diritto privato, sta studiando personalmente la concessione con cui lo Stato ha dato in gestione oltre duemila chilometri di autostrade pubbliche alla società Autostrade per l’Italia, controllata da Atlantia, società quotata il cui azionista di maggioranza è la holding Edizione della famiglia Benetton.
L’avvocato-premier dovrà capire come arrivare alla revoca dell’accordo con Autostrade: la procedura di contestazione finalizzata alla revoca, spiegano fonti di Palazzo Chigi, sarà comunque avviata, anche se - come prevede la concessione - la controparte ha modo di presentare i suoi argomenti.
L’ESITO FINALE, se non si riuscisse a estromettere Autostrade dalla concessione, potrebbe anche essere strappare la più alta penale possibile e una integrazione più vantaggiosa della concessione (è previsto nello stesso articolo che disciplina la revoca). D’altra parte c’è un dato decisamente ineludibile in questa vicenda: il ponte dell’autostrada di Genova era sotto il controllo di Autostrade e ora è a terra dopo aver trascinato con sé decine di persone (anche i loro risarcimenti saranno a carico di Benetton e soci).
Quasi scontato, alla luce di questo semplice fatto, che Atlantia ieri sia crollata in Borsa, aiutata certo dalle intenzioni bellicose del governo: a fine giornata la società controllata dai Benetton aveva bruciato a Piazza Affari il 22% del suo valore di Borsa, che in soldi fa circa 4 miliardi. La cosa non è, ovviamente, piaciuta ad Atlantia, che ha rilasciato una dichiara- zione in cui, tra le altre cose, si intravvede una minaccia all’esecutivo: l’annuncio dell’intenzione di revocare la concessione “è stato effettuato in carenza di qualsiasi previa contestazione specifica alla concessionaria ed in assenza di accertamenti circa le effettive cause dell’accaduto”; “le modalità di tale annuncio possono determinare riflessi per gli azionisti e gli obbligazionisti”. Come dire: il governo sta turbando il mercato e noi avremo “riguardo anche alla tutela di azionisti e obbligazionisti”.
Tanto più - spiega la società che ben conosce le condizioni di favore del suo “contratto” con lo Stato - che gli annunci sulla revoca non tengono conto di un fatto: nel caso spetterebbe “comunque alla concessionaria il riconoscimento del valore residuo della concessione, dedotte le eventuali penali”. Una cifra miliardaria vista la proroga ventennale re- galata ad Atlantia nel 2015, ma che andrebbe - concessione alla mano - discussa in tribunale e controbilanciata dalle penali sicuramente richieste dallo Stato.
IL PROBLEMA del governo, però, non è certo la battaglia in tribunale con Atlantia, ma lo stato delle infrastrutture in Italia: “I ponti ‘scaduti’ e da revisionare sono circa diecimila. Gli elementi principali alla base del rischio crollo, secondo i dati, sono i volumi di traffico e l’età dei manufatti. Quando quest’ultima è superiore a 50 anni e le strutture sono ancora interessate da grossi volumi di traffico, si accende un campanello d’al larme ”, ha detto all’Ansail direttore dell’Istituto per le Tecnologie della Costruzione del Cnr, Antonio Occhiuzzi.
Si parte da qui, dunque. Il primo passo, secondo Palazzo Chigi, è cambiare il sistema delle ispezioni e creare una banca dati centralizzata tra i ministeri di Infrastrutture, Agricoltura e Ambiente per incrociare i dati sulle manutenzioni (l’ultima e la prossima da fare): va, insomma, fatto un elenco completo delle criticità da mettere in ordine di priorità, dall’allarme rosso in giù.
Cosa cambierà
Un nuovo sistema di ispezioni, una banca dati centralizzata delle opere a rischio Avvieremo la procedura di revoca della concessione e questo al netto delle verifiche in sede penale
GIUSEPPE CONTE L’annuncio sulla revoca arriva senza nessuna contestazione: questo può determinare riflessi per gli azionisti
LA NOTA DI ATLANTIA