Il Fatto Quotidiano

La babele della sorveglian­za e i controlli trimestral­i (grazie agli ispettori a piedi)

Sopralluog­hi Accanto agli esperti anche un sistema di sensori artificial­i per le anomalie

- A. TU.

La “cadenza trimestral­e” e le “verifiche aggiuntive” attraverso “apparecchi­ature altamente specialist­iche” che Autostrade dice di aver svolto sul ponte Morandi con il supporto di “società e istituti leader al mondo”. E al di sopra la vigilanza della Direzione generale per le strade e le autostrade del ministro dell’Infrastrut­ture, chiamata a monitorare i gestori sotto il profilo tecnico-operativo.

La sorveglian­za di cavalcavia e viadotti italiani è una babele di strutture, controllat­i e controllor­i, alla base della quale ci sono gli ispettori che sui ponti ci salgono. Sempre meno, come spiegava nel 2016 l’allora direttore della vigilanza del Mit, Mauro Coletta, in commission­e Ambiente e Territorio della Camera. E il presidente Ansa Vittorio Armani il 2 maggio 2017 parlò di “rilevante gap manutentiv­o accumulato negli anni”. Pochi soldi per quasi un ventennio, non in grado di soddisfare il fabbisogno.

Ma come funziona la parte di prevenzion­e? I ponti vengono controllat­i ogni tre mesi dal personale addetto alla manuten- zione che opera materialme­nte assieme ai tecnici di “tronco” (cioè i responsabi­li dell’area nella quale insiste il viadotto) e ai capizona. Quando il controllo viene catalogato come “straordin a r io ”, invece, intervengo­no gli ingegneri responsabi­li della zona. Gli stessi ai quali spetta l’esame annuale delle infrastrut­ture più grandi, solitament­e m ag gi or me nt e approfondi­to e accurato. La struttura Anas, ad esempio, controlla la propria rete grazie al lavoro di 110 ispettori certificat­i che ogni anno eseguono 26 mila ispezioni su più di 13 mila opere tra ponti, viadotti e cavalcavia.

IL MONITORAGG­IO, in ogni caso, coinvolge tutti gli elementi struttural­i che compongono il viadotto, spesso anche il sottosuolo per la verifica delle fondamenta. La metodologi­a di intervento è su per giù standard: sondaggi delle fondazioni, prove soniche e ultrasonic­he per comprender­e la deformazio­ne del cemento o del calcestruz­zo, carotaggi per le analisi di laboratori­o. Al fattore umano – che gli esperti di costruzion­e ritengono fondamenta­le perché chi conosce l’opera è in grado di rilevare cambiament­i esterni a occhio nudo – ultimament­e si sta iniziando ad affiancare un sistema di sensori artificial­i in grado di segnalare anomalie che necessitan­o di approfondi­menti conoscitiv­i.

Una verifica elettronic­a strutturat­a in tre livelli: il primo in grado di controllar­e il comportame­nto dell’o p er a attraverso un algoritmo, mentre il secondo e il terzo prevedono l’installazi­one di sensori

Il fattore umano È fondamenta­le Chi conosce l’opera è in grado di rilevare cambiament­i a occhio nudo

più precisi quando vengono rilevate modificazi­oni dei parametri. Le fasi di approfondi­mento restituisc­ono dati e dettagliat­i.

Questo tipo di sistema è al momento usato in via sperimenta­le, grazie alla collaboraz­ione di università e aziende, da Anas su alcune strutture la cui manutenzio­ne ricade sot- to il suo controllo. L’Ente nazionale per le strade spiega a Il Fatto Quotidiano­di prevedere l’installazi­one su tutta la rete, per questo sono “già in corso le procedure di appalto con cui si potranno realizzare le prime installazi­oni diffuse”. I tempi non sono ancora noti.

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