“Non sono Gerry Scotti: la tv non mi interessa”
Dalle Bollicine – leggasi “casa discografica di Vasco Rossi”– al buen retiro in Svizzera, dove insegna canto e composizione e scrive musical per i ragazzini ticinesi: Simone Tomassini – per gli amici (e non) solo Simone – risponde al telefono dal mare, dove si trova coi figli e famiglia al completo. “Facciamo tutto in famiglia. Il mio manager è anche mio cognato”.
Sempre per la famiglia Simone è sceso dal palco nel 2008, salvo poi risalirci in sordina, o almeno non più sotto i riflettori dello showbiz. Essere disarcionato dalla giostra, però, dice, non gli è pesato: “È stata anche una mia scelta perché, a un certo punto della carriera, ho avuto gravi problemi personali: ho perso mio padre e mio nonno nel giro di un mese, perciò ho preferito dedicare la mia attenzione ad altro, dando priorità alla famiglia. Purtroppo quando scendi dal carrozzone mediatico nessuno ti cerca più, soprattutto se sei in difficoltà: è la dura legge del rock and roll, non ti guarda in faccia nessuno. Ma non sento la necessità di dover per forza apparire, non soffro che le mie canzoni passino poco in radio o mi si veda meno in televisione”.
IL DEBUTTO è nientemeno che al Festival di Sanremo nel 2004 con È stato tanto tempo fa, etichetta Bollicine, appunto, e manager Enrico Rovelli, che lo porta anche al Festivalbar con Il mondo che non c’è. Quell’estate Simone ha la ventura pure di aprire i concerti del Blasco, con cui scrive Giorni, titolo poi del suo primo album. Ora, a quasi quindici anni di distanza, ha “rimesso i piedi per terra. Oggi è tutta una rincorsa al successo facile: spari un colpo ed è finita. Una volta non era così: io ho avuto l’onore di collaborare con grandi artisti, come Vasco, magari giocandoci insieme a calcio nella Nazionale cantanti. Mi ricordo un bellissimo corso che tenne Dalla a Bolo- gna, raccontando del suo primo discografico: ‘Lucio’, gli disse il manager. ‘Proviamoci: ti faccio un contratto di sei dischi e vediamo cosa succede’. La cosa ci fece molto ridere perché sei dischi significa 12 anni: 12 anni di contratto e tentativi! Oggi il massimo è un singolo: se funziona, bene, sennò sei già spacciato dopo due mesi”.
Di album Simone ne ha firmati sei, dal 2004 al 2016: in quegli anni, oltre a incidere e fare concerti in tutta Italia, compare spesso in tv, come in Music Farm, uno dei primi talent; pubblica un Dvd e un libro; è scelto da Jerry Calà per la colonna sonora diVita Smeralda; è ospite (non più apripista) sul palco di Vasco; gioca con la Nazionale italiana cantanti; è promotore di campagne ed eventi benefici; conosce e diventa amico di Paolo Meneguzzi, ancora oggi suo prezioso alleato e sodale. “A fine maggio siamo usciti con il singolo Estate Rock & Roll e stiamo lanciando il musical The Superstars sulla vita dei più grandi musicisti di sempre, da Lennon a Dylan a tutti gli artisti che gravitavano intorno alla Factory di Andy Warhol. In Svizzera lo abbiamo appena allestito con un gruppo di quaranta ragazzini e in futuro io e Paolo vorremmo intensificare la collaborazione con giovani emergenti per sostenerli nei primi passi della carriera”.
SIMONE si è sempre dedicato all’insegnamento e alla formazione: “Si può vivere e sopravvivere con la musica anche senza essere un personaggio famoso: così era per me prima di Sanremo, e della fama, e così è adesso. Da tanti an- ni ormai insegno canto e composizione: sempre con Meneguzzi ho fondato la Pop Music School in Svizzera – abbiamo 250 allievi –; inoltre ho una scuola più piccola in Italia, Simone Lab, un laboratorio per cantautori, una ventina circa, con cui scrivo e che cerco poi di proporre alle case discografiche. E se poi vogliono provare i vari talent – da X Factor ad
Amici e The Voi
ce – va bene, però prima devono prepararsi ser i a m e n t e con me per non essere subito scartati: è questo il problema di oggi. La loro formazione mi sta molto a cuore: in tv vedo grandissimo talento, ma scarsissima preparazione, e infatti i più spariscono nel giro di pochi mesi. Non tutto dipende dalle logiche spietate del business: questi giovani artisti, spesso, non hanno abbastanza carne al fuoco, non hanno nulla dietro e poca tecnica, e così la discografia si gira in fretta da un’altra parte. Ora, ad esempio, va di moda la trap: sembra proprio che le canzoni d’amore siano vecchie”.
Di cambiare vita non ha mai pensato? “L’ho pensato nel 2008, quando ho passato sei mesi a New York, frequentando artisti di strada italia- ni... Adesso ci penso meno: finché la musica mi darà gioia e la possibilità di mangiare – che sia con una canzone mia o una cover di Vasco – farò sempre questo per tutta la vita. Non ho mai avuto un piano B, o comunque il mio piano B è sempre legato alla musica: alla peggio, andrò a suonare sulle navi”.
Quanto all’etichetta di “meteora”, non si è mai sentito tale: “Ci sono persone che si sono conosciute con le mie canzoni, si sono sposate, hanno avuto fig l i : p e r me è questo il successo. Quindi non puoi essere una meteora se nascono amori, figli, cose meravigliose... Capisco i colleghi che, una volta scemata la fama, sono caduti in depressione o sono andati in analisi, ma proprio per questo io ho ‘vinto’. Si può anche convivere con gli insuccessi. Non tutte le ciambelle escono con il buco. A me capita a volte, quando vado al supermercato, che la gente mi fermi e mi chieda: ‘Ma non canti più?’. No, non è che non canto più. ‘ Eh, ma non vai più in televisione?’. Sì, ma non sono Gerry Scotti! Io esisto, e suono, anche se sono fuori dal piccolo schermo”.
Il passato è una terra straniera Capisco i colleghi che, scemata la fama, sono caduti in depressione Ma con gli insuccessi bisogna convivere: per questo io ‘ho vinto’
ALTRI MESTIERI
Non ho mai avuto un piano B, o comunque è legato all’arte: alla peggio, andrò a suonare sulle navi