Gli investimenti, Tria e i vincoli svincolati come se fosse Antani
Giovanni Tria, com’è noto, fa il lavoro più difficile d’Italia: il ministro dell’Economia. In considerazione di questo fardello noi abbiamo per l’economista di Tor Vergata una simpatia non disgiunta da quella che definiremmo pietas. Ora, concesso al nostro ciò che gli spetta, va anche detto che la supercazzola – per quanto assai praticata anche dai suoi predecessori - non rientra tra la prerogative ministeriali. Lo diciamo dopo aver letto due cose. Una è la dichiarazione di Tria alla stampa dopo il crollo di Genova: “Si conferma l’assoluta necessità di un grande piano di investimenti pubblici in infrastrutture, che parta dallo sblocco degli investimenti e degli interventi di manutenzione che hanno già finanziamenti a disposizione. In ogni caso, com’è stato più volte chiarito, gli investimenti pubblici in infrastrutture sono una priorità del governo per i quali non ci saranno vincoli di bilancio”. Insomma, niente vincoli per gli investimenti. Poi, però, abbiamo letto i chiarimenti delle altrettanto ufficiali “fonti del Tesoro”:“Tria dice che non c’è il problema dei vincoli di bilancio perché le risorse per investimenti sono già nel bilancio e incluse nei tendenziali”, cioè bisogna usare i soldi già stanziati e fermi per qualche motivo. Riassumendo, per gli investimenti non ci saranno vincoli visto che staranno nei vincoli: d’altra parte, come spiegò a suo tempo l’evangelista Giovanni, in principio era il vincolo e il vincolo era svincolato presso dio, laddove sbirigudi il saldo denaturato come se fosse Antani. D’altronde, “è stato più volte chiarito”.